Francis Prevost è diventato papa Leone XIV con un mandato preciso: l’unità della Chiesa. E’ considerato un moderato. Anche per questo è stato eletto
Un moderato, una persona equilibrata, con una solida spiritualità dettata dalla sua formazione agostiniana, che si richiama a Leone XIII, papa della dottrina sociale ma anche conosciuto per le sue posizioni molto decise dal punto di vista teologico. Francis Prevost, però, il cardinale americano eletto papa nel conclave, è stato indicato dagli altri cardinali con un mandato preciso: quello dell’unità.
Così, spiega Massimo Introvigne, sociologo fondatore del Cesnur e del sito Bitter Winter, il suo pontificato probabilmente sarà contrassegnato da questo indirizzo: niente fughe a destra o a sinistra, niente contrapposizioni. Anche la rapidità della sua elezione depone per questo messaggio: unità prima di tutto. Il suo nome probabilmente si è imposto all’attenzione dei cardinali nelle congregazioni, dove ognuno ha tenuto il suo discorso: lì la sua personalità ha colpito gli elettori, raccogliendo consensi al di là di presunti fronti progressisti o conservatori.
L’elezione di Francis Prevost la dobbiamo considerare una sorpresa?
Non ho mai creduto a quelli che davano per scontata la candidatura di Parolin. C’era anche la possibilità, appunto, che uscisse fuori qualcuno come Prevost. Il suo nome, bene o male, era nella rosa di quelli che circolavano, non fra i primi due o fra i primi cinque, ma comunque uno dei cardinali che era stato preso in considerazione. Evidentemente, nelle discussioni delle congregazioni si è rivelato molto persuasivo.
Il suo incarico come prefetto del Dicastero dei vescovi gli ha permesso di farsi conoscere?
Era conosciuto, ma meno di Parolin. Tutto sommato, un vescovo conosce il prefetto del Dicastero quando lo nomina, non è che interferisca nel governo delle diocesi. Da questo punto di vista poteva essere più conosciuto Tagle, perché si occupava di evangelizzazione.
Com’è possibile che un cardinale entrato in conclave, comunque da candidato di secondo piano, riesca in così breve tempo ad attirare voti?
Il conclave non inizia con l’extra omnes, ma nelle congregazioni. Il fatto che sia stato così rapido vuol dire che già nelle congregazioni Prevost era emerso come uno attorno al quale si era generato un consenso trasversale. Questa uscita così rapida dal conclave indica che davvero non ci sono progressisti e conservatori, destra e sinistra: ha raccolto due terzi dei consensi in tre votazioni.
Cosa si conosce di Prevost, che orientamento gli viene attribuito?
Ha fama di essere un moderato, un uomo equilibrato, che rifugge le posizioni estreme. Abbiamo sentito cosa ha detto: c’è stato un riferimento a Francesco, che ha suscitato il boato della folla, ma nello stesso tempo ha usato la stola d’oro di Pietro e Paolo, che Francesco aveva rifiutato, e c’è stata la benedizione tradizionale in latino. Ha fatto contenti un po’ tutti.
Il nome scelto, Leone XIV, che cosa ci fa capire di quello che potrebbe succedere nel suo pontificato?
Il nome è legato a quello di un papa riformista: Leone XIII, però, è stato il papa della dottrina sociale, ma anche molto fermo sulle posizioni dottrinali e teologiche. Leone XIV, nelle sue prime parole, ha insistito sul richiamo alla pace, ma era abbastanza scontato. Chiunque fosse stato eletto, anche il più conservatore, con quello che succede nel mondo, non poteva che cominciare il suo discorso in questo modo.
Che discorso è stato quello pronunciato subito dopo l’elezione?
Confrontato con quello di Bergoglio quando fu eletto, è un discorso meno sorprendente, più simile a quello che avrebbero potuto dire altri pontefici. Lo conferma il richiamo a Cristo come unico ponte che ci può portare a Dio. Un discorso non tradizionalista, ma tradizionale.
Il richiamo continuo all’unità, invece, ricorda certi pericoli di scisma di cui si parla da tempo nella Chiesa?
Credo che sia il mandato che gli viene dal conclave e dalle congregazioni. Una cosa su cui moltissimi cardinali erano d’accordo è che ci voleva un pontefice che unisse, perché Francesco è stato un pontefice che in parte ha diviso. Non sapremo mai esattamente quanti voti ha preso, ma arrivare ai due terzi in così poco tempo vuol dire che ha unito diverse anime nella Chiesa, che hanno percepito questo cardinale come qualcuno che poteva mettere d’accordo tutti.
Il fatto che sia un agostiniano cosa ci può dire della sua formazione e della sua sensibilità?
Ci può dire che c’è una solida base teologica, come hanno in genere gli agostiniani, forse più profonda di quella del suo predecessore. E che c’è anche uno slancio missionario. L’altro pensiero, più sociologico, che mi viene, è che gli agostiniani non danno fastidio a nessuno: sono un ordine non ridotto ai minimi termini, ma certo molto più piccolo rispetto ad altri che rappresentano un po’ delle corazzate.
Non è la stessa cosa, da questo punto di vista, che eleggere un gesuita oppure, possibilità di cui si parlava, un salesiano. Diciamo che non ci sarà un massiccio arrivo di agostiniani in Curia, perché quelli prominenti sono pochi. Un cardinale come Hollerich, che tra l’altro era su posizioni troppo progressiste, era escluso dai candidati perché non avrebbero potuto fare un papa gesuita dopo un altro gesuita.
È stato vescovo in Perù, ma è statunitense. Il fatto che la scelta sia ricaduta su un americano significa qualcosa?
Anche i miei amici americani mi hanno confermato un’impressione che avevo: nelle ultime elezioni americane, forse perché era un vescovo che non aveva diocesi negli USA, è stato totalmente silente. Non si ricorda che abbia detto una parola. Seguo con molta attenzione chiunque metta voce nella Chiesa sulla Cina, e anche su questo non ricordo che abbia detto qualcosa.
Per quello che sappiamo di lui e della sua elezione, che pontificato ci dobbiamo aspettare allora da Leone XIV?
Per adesso mi aspetto, come con tutti i papi, una luna di miele: sarà l’inizio di un vastissimo consenso. È successo con Francesco e anche con tutti gli altri. Poi verrà il momento delle scelte difficili che, gioco forza, provocheranno delle divisioni. Il consenso il papa lo gestirà con una predicazione di tipo prevalentemente spirituale, ricordando che, in fondo, il compito del pontefice è quello di indicare al mondo, come diceva San Paolo, Gesù Cristo crocifisso. In un conclave così rapido il messaggio che esce dai cardinali è: “Vogliamo l’unità.” Leone XIV l’ha subito ricordato nel suo discorso: il mandato è di unire, pacificare, smussare gli angoli, evitare le contrapposizioni a muso duro, sia a destra sia a sinistra.
Fonte: Paolo Rossetti int. Massimo Introvigne | IISussidiario.net