Nel raid, secondo il Patriarcato latino di Gerusalemme, sono morte due persone e rimaste ferite 11, tra cui una donna in gravissime condizioni e in pericolo di vita. Due invece sono gravi, cinque sono in condizioni stabili e tre sono feriti leggeri.Tra questi anche il parroco, padre Gabriel Romanelli. Nella parrocchia attualmente ci sono 500 sfollati cristiani. Il cordoglio del Papa: «Subito il cessate il fuoco». La premier Meloni: «Inaccettabile»
Sono Saad Issa Kostandi Salameh, 60 anni, portinaio della parrocchia di Gaza, e Foumia Issa Latif Ayyad, un’anziana donna, le due vittime dell’attacco israeliano contro la chiesa della Sacra Famiglia nella Striscia. A riferirlo è stata Vatican News. Secondo fonti locali, la donna di 84 anni si trovava nel momento dell’attacco in una tenda della Caritas adibita a centro per il sostegno psicologico a sfollati e popolazione palestinesi.
I feriti sono 11 tra cui una donna in gravissime condizioni e in pericolo di vita. Due invece sono gravi, cinque sono in condizioni stabili e tre sono feriti leggeri. Tra questi c’è il parroco padre Gabriel Romanelli, ferito lievemente a una gamba e prontamente soccorso nel locale ospedale Al-Ahli di Gaza City.
Le reazioni di sdegno per il raid sono arrivate da tutto il mondo. Papa Leone XIV ha rinnovato il suo appello per «un immediato cessate il fuoco» nella Striscia di Gaza ed espresso la «profonda speranza» di «dialogo, riconciliazione e pace durevole nella regione», come ha scritto in un telegramma a firma del cardinale segretario di Stato, Pietro Parolin. E proprio a padre Romanelli si rivolge il Pontefice nel telegramma, in cui si dice «profondamente rattristato» per questo assalto alla parrocchia, che dall’inizio della guerra ha dato rifugio ad oltre 500 persone in fuga. Papa Leone, affidando le anime dei defunti «all’amorevole misericordia di Dio Onnipotente», assicura la sua «vicinanza spirituale» all’intera comunità e la preghiera «per la consolazione di coloro che sono nel lutto e per la guarigione dei feriti».
Ai media vaticani è intervenuto anche il Patriarca latino di Gerusalemme, il cardinale Pierbattista Pizzaballa: «Noi cerchiamo sempre di raggiungere Gaza in tutti i modi possibili, direttamente e indirettamente. Adesso è presto per parlare di tutto questo, bisogna capire cosa sia accaduto, cosa si deve fare, soprattutto per proteggere la nostra gente, naturalmente cercare di verificare che queste cose non accadono più e poi si vedrà come proseguire, ma certamente non li lasceremo mai soli», ha detto, «i negoziati dicono sempre che sono a buon punto ma lo dicono da tanto tempo, è tempo di concludere questa guerra che non ha mai avuto senso ma adesso ancora di meno, il cessate il fuoco è il minimo, il primo passo per porre termine a questa situazione drammatica, gravissima, vorrei aggiungere che noi abbiamo avuto due morti come cristiani, ma i morti a Gaza sono decine ogni giorno. Pizzaballa ha detto di aver «sentito padre Romanelli tornato dall’ospedale ma la preoccupazione più che altro è per gli altri feriti perché gli ospedali com’è noto non sono in grado di dare molte cure perché manca di tutto».
Dura condanna dell’attacco è stata espressa dalla Cei: «Apprendiamo con sgomento dell’inaccettabile attacco alla chiesa della Sacra Famiglia di Gaza. Esprimiamo vicinanza alla comunità della parrocchia colpita, con un particolare pensiero a coloro che soffrono e ai feriti, tra i quali padre Gabriel Romanelli», hanno scritto i vescovi italiani in una nota, «nel condannare fermamente le violenze che continuano a seminare distruzione e morte tra la popolazione della Striscia, duramente provata da mesi di guerra, rivolgiamo un appello alle parti coinvolte e alla comunità internazionale affinché tacciano le armi e si avvii un negoziato, unica strada possibile per giungere alla pace».
L’esplosione di giovedì mattina, ha raccontato al Sir, Anton Asfar, direttore di Caritas Jerusalem, «è avvenuta vicino alla croce sul tetto della chiesa, con schegge e detriti caduti sul cortile. Padre Gabriel Romanelli è rimasto ferito ad una gamba in modo lieve. Attualmente è in ospedale per le cure del caso. Le persone all’interno del compound parrocchiale sono terrorizzate e sono rintanate nelle loro camere, ricavate da aule scolastiche. Nel momento dello scoppio, alcune persone si trovavano all’esterno dell’edificio principale, tra cui due donne anziane sedute all’interno della nostra tenda di supporto psicosociale Caritas, entrambe gravemente ferite».
La scorsa settimana, ha ricordato il direttore della Caritas, «padre Romanelli aveva esortato la gente a rimanere nelle proprie stanze, poiché gli intensi bombardamenti e le operazioni militari nelle vicinanze avevano reso la zona sempre più pericolosa».
Significative le parole di un operatore di Caritas Jerusalem riportate da Asfar: «Se padre Gabriel non ci avesse chiesto di rimanere in casa, oggi ci sarebbe stato un massacro di almeno 50, 60 morti». Sul Sir, anche l’appello della Caritas: «Invitiamo tutte le parti a rispettare e proteggere i luoghi di culto e gli alloggi umanitari. Colpire o mettere in pericolo i civili in cerca di rifugio costituisce una grave violazione del diritto internazionale umanitario e una diretta violazione della dignità umana».
Fonte: FamigliaCristiana.it