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«Ridiamo senso alla scelta di avere un figlio, rendiamola appetibile»

Non ha dubbi il sociologo della Cattolica Alessandro Rosina intervenuto a un convegno sulla denatalità. «Non è più una convenzione tra i giovani fare figli, ecco perché la società li deve sostenere semplificandogli la vita. Il desiderio c’è, assecondiamolo». Tra gli interventi anche il cardinale Gianfranco Ravasi e Giuliano Amato presidente della Corte dei Gentili che ha organizzato l’evento

È un’esperienza di “culle piene, asili e seminari colmi di bambini e ragazzi” quella del cardinale Gianfranco Ravasi presidente emerito del Pontificio Consiglio per la Cultura. E ha deciso di condividerla aprendo il convegno organizzato dal Cortile dei Gentili a Palazzo Borromeo nella sede dell’ambasciata d’Italia presso la Santa Sede a Roma dedicato a Denatalità e cultura della generatività contro l’inverno demografico. Essì che «lo scrittore George Bernard Shaw» cita il cardinale Ravasi «scriveva che la vita è una fiamma che via via si consuma ma che riprende fuoco ogni volta che nasce un bambino. Permettendo alla vita di continuare a fiammeggiare». Ecco allora che si rivolge alla Bibbia «Lampada per i passi del cammino della propria vita e di quella anche dei non credenti. Sapete qual è la parola che risuona di più nell’Antico Testamento dopo Dio? 6200 volte Dio, 5000 circa ben che vuol dire figlio e che è di grande suggestione perché basata su una radice che vuol dire costruire. Sono i figli che tengono idealmente l’architettura della nostra esistenza».

Eppure il documento del Cortile dei Gentili ci racconta tutt’altro. «Abbiamo il tasso di nascita più basso dal 1961» afferma la professoressa Emma Fattorini, della consulta scientifica del Cortile dei Gentili. « Tra sessant’anni la previsione è di passare da 60 a 39 milioni di persone. Per invertire la rotta ogni donna dovrebbe fare 2,1 figlio di media. Ma non c’è una risposta solo e univoca al crollo delle nascite». Che fare allora? «L’Europa ha scelto due strade: una più emergenziale “remunerando” la procreazione con uno stile tipico dell’Ungheria e dei paesi slavi; e, due, legata a interventi più strutturali, come in Francia e in Germania, valorizzando un welfare di cura. L’Italia si colloca a metà strada. Col governo Draghi e il Family act più in linea con la versione strutturale». Cosa serve? «Incrementare l’impiego femminile perché il secondo stipendio porta il secondo figlio con incentivi ad hoc delle aziende. Aumentare i servizi, in primis i nidi, che devono essere gratuiti e luoghi di crescita. Servono congedi parentali per i padri come investimento per accudire il figlio in primissima età. È fondamentale l’assegno unico che accorpa una serie di interventi, è strutturale e valorizza il figlio come bene della società. Un aiuto, tra l’altro, che inizia dal settimo mese di gravidanza. Infine, va ripensata la cura. Va favorita la corresponsabilità di entrambi genitori perché sia sempre meno peso rispetto alle cose che contano davvero. Cura come realizzazione di senso, non spia di una crescente fatica nelle relazioni. Procreare non deve essere più vissuto come una mortificazione».

Propositivo e speranzoso anche Giuliano Amato, presidente della Fondazione Cortile dei Gentili «non vi scoraggiate! Sembra peggio di come finirà per essere». Amato è convinto che «nei prossimi anni fronteggiare il cambiamento climatico diventerà un’emergenza sempre più percepita in ragione delle condizioni climatiche sempre più difficili e, pur nella sventura, diventerà una sferza salutare per risospingere verso l’assunzione di responsabilità tutti. La sostenibilità ambientale diventerà una specie di faro verso l’assunzione di responsabilità, darsi un ruolo perché sennò rischio di “finire” anch’io. Più si avanti più quel rischio finale sarà avvertito come proprio e non delle future generazioni». Amato che, dall’alto dei suoi 84 anni, ha messo in campo anche la sua vita personale per dare fiducia davanti a previsioni catastrofiche: «io e mia moglie la scelta dei figli l’abbiamo agganciata alla creatività. Abbiamo oltre 70 anni di vita comune, ci siamo conosciuti in quarta ginnasio e in quinta eravamo già coppia. Ci siamo sposati giovani convinti di bastare a noi stessi. Ci piaceva di più andare in giro, incontrare gli altri. Dopo cinque anni ci pareva che quella vita fosse vuota “che senso ha stare insieme senza avere figli, senza portare la creatività che abbiamo dentro su creature che portino in loro qualcosa di noi?”. Abbiamo attrezzato la stanza dei bambini tappezzandola di piccoli di tutte le etnie e colori perché capissero che siamo un’unica famiglia. Ecco perché è mia personale convinzione che se c’è qualcosa di creativo non risiede solo nel disegnare una casa, un software o un abito ma nel figlio che ha in sé una traccia di noi». E ha concluso con una provocazione: «serve un grande sforzo culturale di tutti senza colore politico perché torniamo a lanciare noi stessi nel futuro attraverso i figli soprattutto se abbiamo a cuore il futuro dell’umanità in questo mondo. Anche perché, senza figli e nipoti, che fine faremo noi vecchi?».

Fonte: Chiara Pelizzoni | FamigliaCristiana.it

 

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