
Non finite, vi prego, la Sagrada Familia
— 3 Aprile 2015 — pubblicato da Redazione. —«Non una cattedrale incompiuta per per ragioni tecniche, ma un cantiere a cielo aperto come è il percorso per chi crede, ogni giorno»
Eccolo, lo vedo, l’uomo che cammina in mezzo alla sua vita fino all’attimo fugace che non tocca con la mano, se non in poco più di un attimo, in mezzo al bagliore della fine, quando l’occhio gli si chiude.
Eccola, la vedo ancora oggi in mezzo agli occhi e alla città la maestosa opera dell’uomo ancora senza fine, come quello che è il quotidiano percorso che ogni giorno ognuno fa nella sua vita, attraversando una strada piena di fatica e intrisa di speranza.
Non portatela a compimento ve ne prego, perché oggi più nessuno innalza torri dedicate al Signore, e sapere che ancora in questo tempo ci sono uomini aggrappati in mezzo al vuoto, come siamo noi appesi in mezzo alle incertezze ed aggrappati alla speranza, è per me un simbolo dal valore unico. Uomini ancora oggi pronti ad incidere con le loro stesse mani nudi blocchi di pietra per costruire. “Cristo in voi, speranza della gloria” diceva l’Apostolo Paolo, nella vita un percorso senza fine.
E non si tratta del timore di sorpassare l’opera di Dio, a quello ci ha pensato già Guadì, quando ha fatto le sue torri più basse di un metro rispetto al Montjuïc, il monte sacro degli Ebrei.
Non portate a compimento la Sagrada Familia, perché oggi più nessuno intraprende opere grandiose dedicate al Signore. La magnificenza di questa ecclesiae mater è un messaggio che va aldilà di quella che è la indiscutibile bellezza di questa mastodontica opera e risiede nel lavoro, continuo e perpetuo di un percorso senza termine. Un riconoscimento ed una dedica d’amore che non deve avere fine.
Il percorso che ogni donna ed ogni uomo fanno fino all’ultimo giorno della loro vita. Il segnale per occhi stanchi, in mezzo alla ricerca. Il segno che quando si cade e si rimane con le ginocchia piantate a contatto della dura terra ci si può risollevare, alzando dritto lo sguardo al cielo e trovare ancora oggi qualcuno che lavora, ancora oggi ed ogni giorno, instancabilmente, alla costruzione di qualcosa che profuma di santità e di cemento e che brucia dentro al cuore, ben più forte del fumo di qualunque incenso.
Vedo l’uomo che cammina in mezzo alla speranza, vedo i blocchi di pietra e vedo il vincolo, il legame con l’Altissimo costruito con la malta ed il cemento.
Vorrei essere lassù e partecipare a costruire, manovale umile ed umano, un’opera così grande a ringraziare. È questa la prima cosa che ho pensato quando ho visto per la prima volta la Sagrada Familia, non ho mai creduto fosse un peccato vederla incompiuta ed ho desiderato, in cuor mio, che mai finisse.
Perché è questo il più grande progetto, una cattedrale come il libro aperto da cui leggere la Fede raccontata ancora oggi, ogni giorno, attraverso il lavoro senza fine di quegli uomini. Non una cattedrale incompiuta per questione di soldi ed offerte, non una cattedrale non finita per ragioni tecniche, come quella di Beauvais, ma un cantiere a cielo aperto come è il percorso per chi crede, ogni giorno, in mezzo ai dubbi, agli inciampi e alle cadute. Un posto per sapere che la Fede è una ricerca senza fine, ed ancora oggi si lavora ad impastare con le mani sporche di sudore e di fatica per poter costruire, e ringraziare, disponendo blocchi e impalcature sopra cui arrampicarsi fino quasi a toccare il cielo, fino alla propria fine.
Mantenendo la certezza che continuerà sempre la costruzione e la ricerca, per chiunque venga dopo di noi. Certi che dopo di noi ci sarà chi vede un pezzo aggiunto, un disegno o un simbolo che non abbiamo fatto in tempo ad osservare, come è giusto sia, perché dopo di noi la vita va avanti e continua, facendola camminare nella certezza che mai e poi mai, mai e poi mai, tutto questo impegnativo costruire di una cattedrale della Fede avrà mai fine.
Questo io credo, che il valore della Sagrada Familia risieda proprio nel perpetuo cammino della Fede per tutti gli uomini a venire, come qualcosa che non avrà mai fine.
Fonte: Tempi.it
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