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Due destre sulla politica estera

La guerra in Ucraina mette in risalto un’antica divisione fra chi crede nella rinascita dell’Occidente e chi lo vuole distruggere

 

C’è un’antica divisione nel mondo di destra sulla politica internazionale che risale alla Guerra fredda, in realtà al fascismo, e che oggi divide, per esempio nella maggioranza governativa, la posizione filo-occidentale della premier Giorgia Meloni, del suo partito e di Forza Italia dalle posizioni di Matteo Salvini e della Lega (o di una parte), spesso in sintonia con la propaganda russa e certamente ostili all’aiuto militare e morale all’Ucraina.

A questo proposito bisogna dire che l’opinione pubblica è spaccata in tutto l’Occidente, dove fiorisce e ottiene seguaci un’astuta propaganda russa, direttamente sostenuta da realtà filorusse e infiltrata intelligentemente nei mezzi di comunicazione, secondo un’antica abilità sperimentata dai servizi sovietici durante l’epoca della Guerra fredda, efficacemente descritta nel romanzo Il Montaggio dello scrittore Vladimir Volkoff (1932-2005).

Il tema non è nuovo: l’Occidente è intrinsecamente malvagio, secondo questa propaganda, non può essere corretto, ma soltanto disintegrato da una forza esterna, finalmente purificatrice, che operi in nome dei valori tradizionali contro il decadentismo occidentale. Questa narrazione, che vede in Putin uno dei punti di riferimento, una sorta di uomo provvidenziale per risanare l’Occidente dai suoi mali, in primis dal liberalismo, è ovviamente più facile da condividere negli ambienti di quella destra tradizionalista e nazionalista che vede nell’ideologia liberale il male assoluto e nelle democrazie occidentali dei regimi deboli e corrotti. Questa stessa destra apprezza del fascismo soprattutto il superamento del sistema democratico, considerato un ostacolo al progresso della nazione con le sue divisioni interne fra partiti diversi e, dunque, vede nei regimi dispotici un modo per superare questa debolezza intrinseca nel sistema occidentale. Anche molti cattolici rimangono affascinati dall’esaltazione dei “principi non negoziabili” da parte della classe politica russa, nonostante la stessa Russia rimanga uno dei Paesi maggiormente afflitti dal dramma del divorzio e dell’aborto.

Esistono così due destre, che riflettono due visioni del mondo diverse e, soprattutto, due modi di azione culturale e politica profondamente differenti, e non da oggi.

La destra radicale o rivoluzionaria, che dir si voglia, odia talmente tanto il sistema liberaldemocratico occidentale da essere disposta a qualsiasi alleanza pur di distruggerlo. Così avvenne alla fine dell’Ottocento, quando alcuni cattolici italiani avrebbero voluto l’alleanza con i socialisti contro i liberali moderati di Giovanni Giolitti al governo d’Italia, mentre la Santa Sede scelse la strada opposta, favorendo la realizzazione del Patto Gentiloni fra cattolici e liberali moderati in occasione delle elezioni politiche del 1913. Prima della Seconda guerra mondiale, chi aveva questa mentalità vide con favore l’alleanza rosso-bruna, il cosiddetto Patto Hitler-Stalin, che resse dal 1939 al 1941. Negli anni della Guerra fredda sorsero gruppi che esaltavano questa terza posizione, “né Usa né Urss”, poco numerosi, ma comunque in grado di influenzare diversi giovani militanti, che inneggiavano al fascismo di sinistra, al socialismo tricolore, alla sinistra nazionale.

Oggi questa mentalità è presente e operante soprattutto per quanto riguarda la guerra russo-ucraina. La base ideologica è l’odio contro l’Occidente, in particolare contro l’America, e il rifiuto della Magna Europa, cioè dell’alleanza fra l’Europa continentale e “l’Europa fuori dall’Europa”, cioè i continenti evangelizzati dalle missioni europee nel Settecento e nell’Ottocento. Si tratta di un odio ideologico, che non vuole la conversione del malato (l’Occidente), ma la sua eliminazione. Soprattutto, manca in questo ambiente la giusta valutazione dei principi cristiani di cui la Rivoluzione francese si è appropriata (libertà, uguaglianza e fraternità) stravolgendone il significato, ma che rimangono valori cristiani, introdotti nella storia dal Signore Gesù in culture che non li avevano mai conosciuti. Non apprezzando la libertà, questi ambienti prediligono e favoriscono quelle forze e quei sistemi autoritari che disprezzano la libertà e la democrazia, particolarmente diffusi in Oriente oltre che in Russia.

Questo atteggiamento ideologico è rimasto nelle fila di piccolissime minoranze fino allo scoppio della guerra fra Russia e Ucraina, dopo l’invasione del febbraio 2022. Da allora, inevitabilmente la guerra è diventata una realtà di fronte alla quale era necessario prendere posizione, anche perché la guerra “vera” era circoscritta lungo la linea del fronte nel Donbas, ma la guerra cosiddetta ibrida dilagava in tutto l’Occidente. Che cosa sia la guerra ibrida lo possiamo sapere leggendo il non paper del ministro della Difesa Guido Crosetto, che scrive la prefazione di un documento pubblicato a cura del Ministero della Difesa intitolato Il contrasto alla guerra ibrida: una strategia attiva. Il documento ci fa capire come la guerra sia cominciata, e da tempo, e di fronte a essa ci si debba schierare, prendendo atto che ci sono forze politiche, sostenute dall’asse dei Paesi antioccidentali (Cina, Russia, Iran, Corea del Nord e i loro alleati), che appunto praticano la guerra ibrida contro l’Italia e contro l’Occidente in generale. Che cosa poi sia la guerra ibrida lo spiega lo stesso documento: ciò che erode «la resilienza democratica», minaccia «la fiducia dei cittadini nelle istituzioni», divide la società, influenza le opinioni pubbliche con false informazioni (cfr. p. 8).

Oggi è abbastanza facile verificare gli effetti della propaganda russa nel modo di esprimersi di diverse persone, anche bene intenzionate (non sempre). «La guerra finirebbe subito se smettessimo di dare le armi agli ucraini», mi diceva una signora, senza valutare che le armi servono a un esercito che difende da quattro anni un popolo aggredito. La pace è certamente un bene da perseguire, ma non può mai prescindere dalla giustizia e dalla verità. Si potranno sacrificare interessi legittimi, come parti di un territorio, per esempio, ma non si dovrà mai negare il diritto di un popolo di difendere la propria patria da chi la aggredisce con la violenza. E, soprattutto, si dovrà continuamente denunciare il modo di concepire le relazioni internazionali da parte dei paesi che usano la prepotenza contro i diritti dei paesi più deboli, come è il caso della Federazione russa nei confronti dell’Ucraina, e di chi, come il Presidente Usa Donald Trump, in questo caso sembra privilegiare il business e l’interesse dell’America rispetto alla giustizia e alla protezione dei più deboli. Soprattutto in questa circostanza, in cui viene messo in discussione un principio fondamentale per una corretta relazione fra gli Stati, l’Occidente dovrebbe fare valere i suoi valori, in particolare il diritto internazionale, lo jus gentium.

Fonte: Marco Invernizzi | AlleanzaCattolica.org

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