«Dobbiamo rendere grazie a Dio per queste mani, perché ci permettono di creare cose meravigliose. Chissà perché ci ha creato… Secondo me perché si sentiva solo». Così ha sentenziato qualche giorno fa una bambina di quasi otto anni alle prese con un disegno. Qualche giorno prima uno di sei mi aveva detto di aver chiesto a Babbo Natale la pillola dell’immortalità, perché — mi hanno raccontato i suoi genitori — ha una domanda che lo assilla: «Perché nasciamo se poi dobbiamo morire?». Ma avendo saputo che Babbo Natale è immortale ha dedotto che deve conoscere il segreto per non morire, e ha quindi deciso di chiedergli «la pillola dell’immortalità».
Gli ho detto che mi sembrava un’idea grandiosa. Quando ascolto i bambini mi tornano in mente le parole del principe Myškin nell’Idiota di Dostoevskij: «Mi sono sempre stupito della poca comprensione che i grandi hanno dei bambini, perfino i genitori. Non si deve usare il pretesto dell’età per nascondere la verità ai bambini… Che errore! Se ne rendono subito conto quando i genitori li considerano troppo piccoli, e credono che non capiscano nulla quando, invece, capiscono tutto. I grandi non sanno che un bambino, anche nelle situazioni più intricate e difficili, è in grado di dare consigli preziosi». Ispirato dai due bambini ho inventato una storia che ho scritto per loro e per tutti i bambini a cui arriverà…
La pillola dell’immortalità non è una pillola bella e fatta come le altre, non sta nelle scatole come le aspirine. È una pillola che Babbo Natale non ha né può dare perché lui l’immortalità l’ha ricevuta, e non ne conosce il segreto: è un regalo che Dio gli ha fatto. Babbo Natale, quando era bambino, aveva una passione: inventare cose per far felici gli altri, come la volta che fissò delle candele sui rami di un abete davanti alla sua casa nella notte di Natale per festeggiare con tutti i bambini del villaggio o quando legò il suo slittino a una renna per portare a casa un amico che si era fatto male a una caviglia giocando nella neve… E una sera aveva detto questa preghiera: «Caro Dio, grazie per le mani che mi hai dato, con queste mani vorrei fare sempre cose meravigliose, come quelle che fai tu: la neve, le stelle, gli amici… Amen». E Dio, quando qualcosa giunge alle sue orecchie la fa, e il desiderio di chi vuol far felici gli altri lo raggiunge sempre, perché da solo non può arrivare a tutti e così presta le sue qualità a quelli che gliele chiedono.
Per questo ha concesso a quel bambino il dono dell’immortalità dicendogli nel cuore: «Ti do mani come le mie, e quando ti crescerà una barba lunga e bianca come quella che disegnano a me, allora potrai decidere se smettere di invecchiare: basta che non te la togli più». Quel bambino si dimenticò di quelle parole così strane, credendo di averle sognate come capita a molti ma, dopo tanti anni, quando gli crebbe una folta barba bianca, si ricordò delle parole di Dio e non se la tolse più: smise di invecchiare e diventò Babbo Natale.
Continuò a fare quello che aveva fatto per tutta la vita e gli era sempre piaciuto: inventare sorprese per far felici gli altri con le sue mani… che ora erano però mani di Dio, veloci, instancabili, generose. Ed è così che è diventato immortale, almeno fino a che ha quella barba… Ma non conosce il segreto dell’immortalità, però… Però? C’è una ricetta per fare la pillola che tu desideri… Quale? Dimmi una cosa che ti dà tantissima gioia e che vuoi non finisca mai. I baci di mamma. Bene! Allora un ingrediente della pillola deve essere un po’ di mamma. Un capello? Perfetto. Poi devi procurarti una bella scatola spaziosa dove mettere tutti gli ingredienti che troverai, mi raccomando la regola è «un po’ di ciò che dà tantissima gioia e non vuoi finisca mai». E allora un pezzetto della maglia del mio giocatore preferito, un mattoncino Lego, la pagina di una storia letta da papà, un biscotto al cioccolato, il pallone da calcio…
Vanno bene? Benissimo! Ma non bastano... Come? Di queste cose ce ne sono sempre da scoprire, quindi ci vorrà tempo per trovare tutti gli ingredienti. Quanto? Una vita intera: dovrai continuare a metterli nella scatola, ma non ne dovrai dimenticare neanche uno, altrimenti non funzionerà. E come si fa a trovarli tutti? Ci vuole tutta la vita e tutta la gioia che puoi. Ma tu che cosa ci hai messo fino a ora? Un capello di mia moglie, tre gocce d’acqua di mare, un pezzo di pongo, la pagina di un fumetto, la videocassetta di un cartone, il dvd di un film, un 45 e un 33 giri, tre foglie di un bosco (una per ogni stagione, e in inverno non c’era), una foto della mia famiglia, nonni e nipoti inclusi, un puffo della mia collezione, una conchiglia di una certa spiaggia, una pagina di ognuno dei miei libri preferiti, i colori di un certo quadro, la foto di tutte le classi che ho avuto fino ad oggi, la penna e il taccuino su cui scrivo ciò che mi colpisce, un pezzetto della poltrona dove leggo e uno del mio primo pallone da calcio, la ricetta di un piatto, una foto di ciascuno dei miei amici, l’etichetta di un certo vino, le parole di una preghiera, una dozzina di lacrime di gioia e molte altre cose.
E quando sai che hai finito? Che ce li hai messi tutti gli ingredienti? Questa è la parte difficile e paurosa: l’ultimo ingrediente lo trovi quando arriva lei, la Morte, che ci trova sempre, anche se cerchiamo di sfuggirle. Quando arriverà tu però non dovrai scappare, ma prendere la tua scatola che ti darà il coraggio di cui avrai bisogno. Aprila davanti a lei che si fermerà perché ha paura delle sorprese: prendi in mano gli ingredienti che ci hai messo dentro per tutta la vita, uno a uno, e racconta alla Morte che cosa contiene ciascuno… Ti scenderanno grosse lacrime, lasciale cadere tutte ma dentro un bicchiere. Poi chiudi la scatola con una carta da regalo e mettici su il tuo nome. E poi? Mancherà solo un ingrediente: l’ultimo. Quale? L’ultimo respiro, quello che la Morte ruba a tutti quelli che vuole prendere: se lo afferra lei è finita.
Tu invece dalle il bicchiere di lacrime e dille: «Ti stavo aspettando: prendi ciò che spetta a te, e io ciò che spetta a me». E soffia il tuo ultimo respiro sulla scatola. Lei che è sempre assetata, berrà le tue lacrime, ma le troverà così amare da strozzarsi e non riuscirà ad afferrare il tuo ultimo respiro, lasciandoti il regalo che hai confezionato con su scritto il tuo nome. Quello sarà il tuo regalo di compleanno. Di compleanno? Sì, perché il giorno in cui arriva la Morte è il nostro secondo compleanno. Sicuro? Sicuro. Con le forze che ti restano apri il tuo regalo e dentro ci troverai la pillola dell’immortalità. E come? Tutti gli ingredienti e il tuo ultimo respiro erano la ricetta! Scioglila in bocca e sentirai un gusto che nella tua vita hai sentito solo in piccole dosi e per breve tempo, perché era immerso in tanti altri sapori, spesso cattivi, amari, tristi. E di che sa? È infinite volte più gustoso di quello che ti piace di più, ed è il sapore che ha una vita intera, il gusto che ha tutto l’amore che hai ricevuto, dato e creato, ed è così buono che non potrai trattenerti dal gridare: «O mio Dio!». Quello sarà il tuo ultimo respiro e quelle parole saranno talmente vere che arriveranno alle orecchie di Dio come era successo a Babbo Natale da bambino. E un desiderio che arriva alle orecchie di Dio si compie. E quindi Dio sarà tuo, come quando lui era un bambino tra le braccia di sua madre. E non morirai più.
Fonte: Alessandro D’Avenia | Corriere.it