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Bambini e pornografia: «Club del sesso a 9 anni sul telefonino». Da qui inizia la prevenzione sugli abusi sessuali.

Lo psicoterapeuta Alberto Pellai  lancia l’allarme, segnalando un fatto successo alle elementari. «Immagini forti, le bambine hanno vomitato. La sessualizzazione precoce ha conseguenze sulla vita adulta: dobbiamo educare i maschi alle relazioni rispettose, il corpo delle donne non è disposizione del loro piacere»

«Per la prima volta mi trovo davanti a una situazione che non so affrontare. Nella nostra scuola ci sono bambini di 9 anni che hanno creato “il club del sesso”. Chi vuole farne parte è obbligato a visionare materiale pornografico, rapporti orali, a tre, con uso di oggetti. Tutto questo è stato scoperto da una mamma: mi viene da dire maledetti i cellulari e maledetti gli adulti incoscienti che glieli comprano sempre prima. Alcune bambine manifestano disagio forte, oggi una ha vomitato per lo schifo provato davanti a quelle immagini, altre piangono».

«Queste sono le parole di una collega che insegna alle elementari, ma sono tante le segnalazioni che mi arrivano da anni, a cadenza quasi settimanale» –  spiega Alberto Pellai, psicoterapeuta dell’età evolutiva – «Spesso ricevo mail con richieste d’aiuto in cui un adulto rivela di sentirsi disorientato di fronte a ciò che ha scoperto esistere nella vita virtuale di uno studente o di un figlio. Il mondo digitale dai nostri figli viene gestito in autonomia. E con quell’autonomia, quando sono giovanissimi e inesperti, i nostri figli possono agire danneggiando loro stessi e gli altri: per esempio, facendo sexting, spinti dal desiderio di esplorare attraverso il proprio corpo o il corpo dell’altro ciò che hanno colto della sessualità. Noi specialisti assistiamo frequentemente a comportamenti sessuali in età precoce, motivati dal fatto che bambini e ragazzi sono molto confusi, molto eccitati, molto esplorativi. Si tratta di comportamenti che simulano ciò che accade in un abuso sessuale, anche se agiti tra soggetti di pari età, molto inesperti. Le conseguenze possono essere gravi, con effetti di traumatizzazione e di sessualizzazione precoce. Immagini spinte e pericolose possono avere forti ripercussioni sull’equilibrio psico-fisico dei bambini».

Dottor Pellai, davanti a questa allarmante situazione i genitori cosa devono fare?
«La prima cosa, la più importante, è che la famiglia smetta di mettere a disposizione in un’età precoce lo smartphone nella logica di aumentare il senso di protezione nei confronti di un figlio, immaginando che quel figlio sia più protetto e sicuro grazie alla geolocalizzazione e alla reperibilità istantanea che lo smartphone offre. Lo ha ribadito negli scorsi giorni anche la Società Italiana di Pediatria nelle sue raccomandazioni sull’uso del digitale: no allo smartphone prima dei 13 anni».

I genitori si sentono più tranquilli con un figlio in casa con il telefonino che in giro esposto ai pericoli della vita reale. 
«Sì, ed è una falsa credenza. La cameretta spesso appare come il luogo più sicuro del mondo, in cui a un figlio non può accadere nulla di avverso. Questo atteggiamento è tipico di quei genitori molto preoccupati dell’incolumità fisica, ma che non si rendono conto che oggi ciò che più necessita di essere tutelato è l’incolumità psicologica. Come racconto nel mio ultimo libro, Esci da quella stanza, scritto con Barbara Tamborini, i rischi per i nostri figli non sono fuori nel mondo, ma dentro alle loro stanze, perché è proprio lì che può accadere di tutto e che tutti i limiti possono essere trasgrediti se il genitore non offre un accompagnamento e una supervisione della vita digitale di un minore, oggi più che mai necessaria».

I pericoli arrivano dal digitale o anche ciò che una famiglia dice, o non dice, ha un peso?

«A casa tutto ciò che ha a che fare con la sessualità resta ancora vincolato al codice del silenzio, rimanendo una questione di “parole non dette”. E questo silenzio aumenta la vulnerabilità dei figli, poiché nessun bambino – se mai si imbatte in situazioni connotate sessualmente che lo fanno sentire disorientato o a disagio – si sente capace di parlarne con un genitore che gli ha imposto il silenzio in questo ambito educativo».

Siamo stati tutti esplorativi, crescendo, rispetto alla sessualità.
«Sì, ma un tempo questa esploratività veniva a contatto con strumenti che offrivano risposte e immagini limitate. Oggi, invece, i bambini, facendo una semplice domanda a un motore di ricerca, si possono trovare con pochi clic a navigare in un sito pornografico. Le ricerche dicono che la metà delle prime incursioni di un minore in un sito pornografico sono il frutto della casualità e di una proposta di navigazione che il bambino riceve dall’online senza averla cercata. La sessualità è disseminata ovunque. Così, mentre la famiglia transenna tutto ciò che ha a che fare con il sesso trattandolo come un tabù, i nostri figli hanno accesso a un mondo virtuale che spalanca la porta a qualsiasi tipo di rappresentazione. Il dialogo tra genitori, educatori e minori oggi è più che mai fondamentale per aiutarli a capire che esiste una differenza enorme tra il sesso mostrato dalla pornografia e fare l’amore».

Quali le ripercussioni a livello fisico e psicologico?
«I bambini che vengono sollecitati sul fronte della sessualità possono diventare portatori di comportamenti di sessualizzazione precoce, poiché tutto ciò che vedono e assorbono non ha modo di essere metabolizzato e integrato in modo adeguato nei loro funzionamenti mentali, ancora immaturi. Sperare che il bambino sappia autolimitarsi quando entra a contatto con la pornografia è impossibile, soprattutto nel passaggio tra infanzia e preadolescenza, momento in cui la ricerca di eccitazione e sensazioni intense è particolarmente acceso. Quando in una classe, o in famiglia, si verificano comportamenti sessualizzati in età precoce è importante che si intervenga subito con azioni di natura educativa e preventiva, aiutando i più piccoli a comprendere il valore dei confini corporei, aspetto che tra l’altro è di importanza fondamentale per la prevenzione degli abusi sessuali sui minori. Inoltre, se un bambino si trova coinvolto in qualcosa che precocizza il suo ingresso nel mondo della sessualità, ne può derivare un trauma: la sua mente, raggiunta e pervasa da immagini ad alto impatto emotivo, può trovarsi in balia di qualcosa che non sa come metabolizzare e risolvere e quindi può produrre sintomi come mal di pancia, mal di testa, vomito».

Come agire?
«Tutti noi professionisti, insegnanti e genitori dovremmo intervenire aiutando i bambini a dare senso a ciò che la mente fa per difendersi da ci che ritiene inadeguato o pericoloso per il proprio equilibrio. Se il tuo cervello ti fa provare disgusto, fino a darti la sensazione di nausea, sta cercando di farti comprendere che la sessualità – che è una delle cose più belle che abbiamo a disposizione nella vita – è entrata nel tuo campo di esperienza dalla porta sbagliata. Se qualcuno ti ha forzato a vedere immagini o se tu stesso ti sei trovato a contatto con esperienze o immagini sessuali che ti hanno provocato disagio, significa che devi imparare a dire no, ad allontanarti da quelle immagini ed esperienze e a chiedere aiuto ad un adulto di riferimento. Perché nessun bambino deve permettere che una cosa bella entri invece nella vita di qualcuno in modo brutto e distorto, procurando dolore e disagio. È bene aiutare il bambino a comprendere che i sintomi che produce il nostro cervello sono difensivi, e alla luce di questa consapevolezza i bambini possono essere aiutati ad autodeterminarsi e a opporsi a quelle esperienze».

Che conseguenze potrebbe avere nel rapporto futuro con le donne? 
«Il corpo femminile diventa un oggetto a disposizione del piacere maschile e l’abitudine sempre più precoce dei figli maschi di imparare norme sociali e attitudini verso la sessualità all’interno della pornografia è qualcosa che contrasta con il messaggio di prevenzione che invece noi abbiniamo a ogni esperienza educativa relativa alla prevenzione della violenza di genere».

Gli ultimi dati Istat lanciano l’allarme: l’aumento della violenza contro le ragazze tra i 16 e i 24 anni, spesso da parte di un ex compagno, dimostra che una parte di giovani maschi rimane ancorata alla cultura del possesso sul corpo femminile.
«È fondamentale educare i nostri figli a relazioni rispettose, rispetto ed empatia devono diventare delle competenze su cui noi genitori dobbiamo puntare, in modo che sia sempre parte integrante della loro vita, anche nei comportamenti sessuali con i loro partner».

Ha senso, oggi, rimettere nella vita dei bambini e delle bambine anche valori come il rispetto per sé stessi e gli altri? 
«Dobbiamo favorire in tutti i modi la “relazionalità vera”, quella con l’amico del cuore, con il ragazzo o la ragazza che ti fa battere il cuore, con il gruppo dei pari con cui sperimenti l’appartenenza a qualcosa che ha caratteristiche totalmente diverse dalla qualità di relazione e dalle esperienze che vivi con mamma e papà e più in generale all’interno dei legami familiari. Purtroppo il mercato molto aggressivo, e una notevole inconsapevolezza di noi genitori, ha sdoganato nella vita dei minori strumenti potentissimi che li hanno allontanati dai compiti evolutivi che da sempre chi cresce deve imparare ad assolvere e li hanno immersi in un modo “adultizzato” dove tutto viene precocizzato e stimolato con modalità non fase-specifiche. L’aggressività con cui le piattaforme digitali entrano nella vita dei nostri figli non è solo un problema educativo, ma un vero e proprio problema di sanità pubblica. E in tutto questo, la mancanza totale di educazione affettiva e sessuale lascia i piccoli esposti a situazioni estreme ed eccitanti che non sanno gestire e che spesso li tengono in ostaggio».

Fonte: Manuela Porta | Corriere.it

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