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‘infanzia rubata: mezzo miliardo di bambini costretti a vivere in zone di guerra

Ci sono i campi di riabilitazione, gli abusi, le violenze, la propaganda che ti svuota il cervello. È la vita di migliaia di bambini e giovani ucraini che vivevano nei territori occupati e sono finiti in Russia. In quattro erano ieri a Roma per raccontare le loro storie e provare a ottenere sostegno dall’Italia e dal Vaticano per far tornare in Ucraina le migliaia di bambini che ancora sono in Russia.

È uno dei tanti orrori che i bambini subiscono durante i conflitti. Un punto cieco su cui far luce oggi, durante la Giornata Internazionale per i Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza. I minori che si trovano in zone di guerra hanno raggiunto la cifra record di 520 milioni secondo l’ultimo rapporto di Save the Children. Le violazioni nei loro confronti sono aumentate del 30%: oltre metà di esse sono avvenute nel Territorio palestinese occupato, Repubblica Democratica del Congo, Nigeria e Somalia. L’aumento delle violazioni contro i bambini avviene in un contesto di conflitti senza precedenti: dal 2010 il numero di minori che vivono in zone di guerra è aumentato del 60%, mentre le gravi violazioni accertate sono cresciute del 373%. Ciò dimostra che i conflitti non solo sono più frequenti, ma anche molto più letali e brutali per i bambini. In media, ogni giorno 78 bambini nelle zone di conflitto subiscono gravi violazioni, l’equivalente di più di sette squadre di calcio, oltre a essere esposti ad attacchi contro scuole e ospedali e al blocco degli aiuti umanitari da parte di gruppi e forze armate.

Veronika Vlasova oggi ha 16 anni, è cresciuta a Kharkiv. Dopo l’invasione russa è stata separata dalla madre. A occuparsi di lei c’era soltanto la zia. Hanno obbedito all’ordine di evacuazione e sono andate a vivere a Lipetsk, oltre 400 chilometri a Sud di Mosca. Per Veronika è iniziata una vita da scarto della società. «A scuola avevo dovuto imparare a memoria l’inno nazionale russo e ogni mattina dovevo cantarlo e fare l’alzabandiera. Ogni settimana avevamo delle conversazioni in cui ci veniva detto che la Crimea era tornata a essere russa per volere del popolo. A un certo punto, ci è stato ordinato di scrivere delle lettere ai soldati russi al fronte per augurargli la vittoria. I miei rapporti con i compagni? Mi consideravano uno scarto, una seconda scelta, mi insultavano e gli insegnanti li lasciavano fare». Nel frattempo, c’erano gli interrogatori, le visite ginecologiche, gli esami psichiatrici ma anche i tentativi di fuga bloccati dai russi, l’isolamento e il campo di riabilitazione. «Sono luoghi dove si esercita un controllo totale sulle persone», spiega. Dopo oltre un anno, alla fine, gli sforzi della madre sono riusciti a riportare Veronika in Ucraina da lei. Ora vivono insieme a Kiev.

Anche Mark Razvozov, 14 anni, è rimasto senza madre. «Vivevamo nel Donetsk. Nel 2021 l’hanno arrestata con la falsa accusa di essere una spia – racconta -. Io sono stato dato in affido a una sua amica». Ed è finito anche lui nella macchina della propaganda russa che agiva anche nei territori occupati dell’Ucraina. «Mi hanno portato in Russia per un centro estivo dove ci avviavano alla vita militare. E poi sono stato lì anche un mese dopo l’evacuazione ordinata dai russi. Mi hanno fatto il lavaggio del cervello, ero piccolo e ho iniziato a credere anche io alla loro propaganda».

Dopo oltre un anno la mamma è stata liberata durante uno scambio di prigionieri. È riuscita a far tornare il figlio grazie a un lungo viaggio attraverso la Russia e l’Europa. Quando si sono ritrovati a Kiev per la prima volta Mark ha sentito l’allarme che segnalava un attacco. Non sapeva che cosa fosse. «Siamo scesi nel rifugio e mia mamma mi ha raccontato tutto. Ho capito soltanto allora chi stava davvero bombardando chi e da che parte dovevo stare».

Veronika e Mark fanno parte di una delegazione guidata dalla vice premier Irina Vereshchuk. Venerdì porteranno a papa Leone XIV una lettera scritta dal presidente Zelenski con la richiesta al Vaticano di formalizzare il proprio ruolo nel facilitare i negoziati per il ritorno dei bambini e dei civili ucraini portati via dalla Russia durante la guerra dando quindi una veste ufficiale alle trattative avviate dal cardinale Matteo Zuppi a svolgere questo ruolo per conto di papa Francesco. Una richiesta analoga è stata inviata anche a Giorgia Meloni. «Che oltre a essere una importante leader, è anche una madre», ricorda Vershchuk.

Fonte: Flavia Amabile | LaStampa.it

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