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La tutela costituzionale dei minori tra diritto e pratica

Giovedì 30 ottobre 2025 presso la sala del Refettorio della Camera dei deputati si è tenuto il convegno “La tutela costituzionale dei minori tra diritto e pratica”, organizzato in collaborazione con le associazioni forensi Unione Italiana Forense e Orgoglio di toga e con il Centro studi Rosario Livatino, per il quale sono intervenute le Avvocate Daniela Bianchini, Margherita Prandi e Chiara Airoma.

Giovedì 30 ottobre 2025 presso la sala del Refettorio della Camera dei deputati si è tenuto il convegno “La tutela costituzionale dei minori tra diritto e pratica”, organizzato in collaborazione con il Centro studi Rosario Livatino e con le associazioni forensi Unione Italiana Forense e Orgoglio di toga. L’evento, introdotto dall’Avv. Elisabetta Rampelli, presidente nazione di UIF, e moderato dall’Avv. Stefano Margiotta, è nato dall’idea di condurre una riflessione di ampio spettro su un tema quanto mai attuale e delicato, quale la tutela dei minori.

Dopo gli indirizzi di saluto dell’Avv. Eleonora Zazza, presidente di Corecom Lazio, e dell’Avv. Giulia De Fusco, presidente del Rotaract Club distretto 2080, il Prof. Giuseppe Chiara, ordinario di diritto costituzionale nell’Università di Catania, ha aperto i lavori, tracciando il perimetro costituzionale della tutela dei minori, a partire da quanto previsto dall’art. 2 della Costituzione, secondo cui – come noto – la Repubblica «riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo» anche al minore, pur collocandolo all’interno di una formazione sociale, la famiglia (art. 29), nell’ambito della quale sono previsti in capo ai genitori specifici diritti potestativi sui figli minori.

Tali diritti potestativi genitoriali trovano tuttavia un limite invalicabile nei diritti all’integrità fisica e alla dignità del minore e si muovono pur sempre in un’orbita finalizzata alla realizzazione dell’interesse del minore stesso; si tratta, in buona sostanza, di diritti che intercettano la sfera di un soggetto terzo (il minore) nell’interesse del soggetto terzo medesimo e che fanno del minore il portatore di un «intangibile valore sovrautilitaristico».

La costituzione del ’48 abbandona le vetuste concezioni paternalistiche tipiche delle costituzioni vetero-liberali, così come ripudia d’altra parte concezioni eccessivamente libertarie, intese a riconoscere al minore un’autodeterminazione assoluta nel momento in cui concretamente risulti capace di discernimento. In questo contesto, la potestà genitoriale rappresenta un munus privato che si esplica all’interno di una relazione stabile e gratuita (quella tra genitori e minore), la quale costituisce l’humus necessario a favorire la crescita personale del minore, nella prospettiva di una sua affermazione nella storia personale e collettiva.

La relazione del Prof. Chiara si è poi concentrata sull’istituto della procreazione medicalmente assistita, evidenziando le contraddizioni insite in un sistema nel quale alcune condotte, pur essendo ritenute illecite dalla normativa italiana, se realizzate all’estero trovano copertura nei loro esiti e piena tutela da parte della giurisprudenza. In tal modo si mette di fatto in crisi il principio di legalità, soprattutto quando gli interventi giurisprudenziali non si limitano a colmare i vuoti lasciati dal legislatore, ma entrano in aperta contraddizione anche con le sintesi politiche trovate dal legislatore medesimo.

Sono quindi intervenute l’Avv. Daniela Bianchini, componente “laico” del Consiglio Superiore della Magistratura, e la Dott.ssa Giovanna Lebboroni, Procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni di Roma. La Cons. Bianchini ha affrontato il tema della tutela dei minori che vivono in ambienti “deviati”, evidenziandone lo stretto legame con il più generale ambito del contrasto alla criminalità organizzata: «tutelare i minori significa, prima di tutto, garantire a ciascun bambino e a ciascun adolescente di crescere in un ambiente nel quale poter sviluppare pienamente le proprie capacità; tutelare i minori significa garantire a tutti i bambini e gli adolescenti gli strumenti per avere un futuro libero e dignitoso».

Nell’intervento si è poi posto l’accento sui contesti sociali dove sono presenti forme di devianza e si è dato conto del fatto che ormai non ci si può limitare a considerare il solo spazio “analogico” (quartieri dove la criminalità  fortemente radicata), ma bisogna considerare anche lo spazio “virtuale”, ricco di contenuti che propongono modelli comportameli e stili di vita mutuati da quelli dei boss mafiosi. Non sono solo la famiglia, la scuola, le parrocchie e le altre formazioni sociali a essere chiamate a intervenire per stroncare queste pericolose rappresentazioni dei boss come eroi, ma anche la magistratura è chiamata a fare la sua parte: «in Umbria, ad esempio, a febbraio/marzo 2025 la Procura, la Procura generale e la Procura minorile di Perugia hanno siglato un protocollo per proteggere i ragazzi del territorio umbro dal proselitismo criminale. L’obiettivo – come ha osservato il Procuratore Generale Dott. Sergio Sottani – è quello di evitare conseguenze gravi dovute a condizioni di disagio, emarginazione, abusi, in cui possono incorrere i minori».

Il Procuratore Lebboroni ha poi affrontato il tema della considerazione dell’interesse del minore nella pratica giudiziaria, che ha sviluppato muovendo anzitutto da una ricostruzione storica della best interest doctrine, per poi trattare il doppio binario di tutela del minore che si trova in situazione di mancanza di cure e protezione nella famiglia di origine, il dovere di ascolto del minore, il diritto del minore a una famiglia di cui alla legge 4 maggio 1983 n. 144.

La seconda sessione dell’evento è stata aperta dall’intervento dell’Avv. Alessio Tranfa del Foro di Roma, e impreziosita dall’articolata riflessione di S.E. Rev.ma Monsignor Antonio Staglianò, il quale ha chiarito che la tutela del minore è una questione antropologica e che per il sapere della fede ogni persona è un soggetto irripetibile, «perché creato a immagine e somiglianza di Dio, quindi dotato di una dignità intrinseca, di una ragione capace di verità, di un’anima destinata all’eternità. Il minore non è un adulto in divenire o un oggetto di proprietà ma un soggetto luminoso, la cui dignità va riconosciuta e protetta, sicché la Costituzione quando tutela i diritti inviolabili dell’uomo, nell’articolo 2, può essere letta come la traduzione secolare di questo principio primo e assoluto».

La giurisprudenza costituzionale è ricerca della legge naturale, «ma se nel metaverso illuministico non c’è nessuna naturalità della legge, non c’è alcun diritto sussistente, che è appunto la persona umana», allora è evidente che «tutto il costrutto culturale del diritto positivo lavora non sulla roccia di una legge naturale ma sulle sabbie mobili di leggi continue», con cui chi legifera pone la norma del momento, traduzione in legge della visione di chi è oggi più forte e per questo «determina, condiziona e orienta» le leggi dello Stato. L’intervento della giurisprudenza deve essere interpretato, allora, «come un tentativo della ragione giuridica di discerne e applicare i principi della legge naturale».

In questo senso, «il best interest del minore non è un principio astratto ma si concretizza nel garantire quelle relazioni primarie con il padre e la madre che sono il luogo naturale dove la sua personalità può germogliare in modo integrale. Separazioni conflittuali e teorie che sminuiscono il valore della dualità genitoriale sono un’oscurazione di questa verità antropologica».

La parte conclusiva dell’evento è stata affidata a due giuriste del Centro studi Rosario Livatino, le Avv. Margherita Prandi e Chiara Airoma. L’Avv. Prandi ha illustrato la complessità di un ruolo – quello del curatore speciale per i minorenni – direttamente connesso all’emergere di una patologia nella famiglia e collegato alla funzione sociale dell’avvocato; proprio per questo l’assunzione di un tale compito impone anzitutto l’utilizzo di un linguaggio appropriato, «appreso dal sapere giuridico, ma tendente alla riduzione del conflitto». È necessario, tuttavia, saper interpretare il ruolo di curatore speciale, tenendo ben presenti le peculiarità che lo distinguono rispetto ai contenuti che più specificamente connotano l’esercizio della professione di avvocato: «siamo passati da un divieto sacrosanto e assoluto di incontrare i minori quando difendiamo gli adulti alla necessità di ascoltarli in qualità di curatori speciali e allora assolviamo anche al compito che la costituzione, articolo 31, impone alla Repubblica, di tutelare l’infanzia e l’adolescenza sopperendo a mancanze dei genitori (articolo 30)».

L’intervento dell’Avv. Airoma si è, infine, concentrato sulla tutela del minore in relazione all’utilizzo delle nuove tecnologie alla diseducazione digitale, muovendo anzitutto dalle problematiche connesse all’uso inappropriato dei dispositivi elettronici, i quali favoriscono uno sviluppo eccessivo della dopamina, un neurotrasmettitore che si ricollega al circuito celebrale della ricompensa e che regola movimento, motivazione, piacere e umore, agendo come messaggero chimico tra le cellule nervose. L’ipersensibilizzazione alla dopamina, conseguente all’uso inappropriato da parte del minore di dispositivi elettronici, in particolare per i videogiochi, determina nell’adulto una maggiore propensione a sviluppare dipendenze di ogni tipo.

La relazione ha poi fatto cenno al fenomeno dell’hikikomori (il termine giapponese che descrive una condizione di estremo isolamento sociale, particolarmente diffusa tra i minori in oriente e che si sta riscontrando con sempre maggior frequenza anche in Europa), per poi concentrarsi sui rischi connessi alla pedopornografia, al cyberbullismo, ad alcuni altri fenomeni diffusi nel mondo giovanile, come le social challenges, e da ultimo anche all’uso improprio e non controllato di chatbot di intelligenza artificiale.

L’Avv. Airoma ha concluso con un richiamo alla legge 29 maggio 2017 n. 71, avente ad oggetto la prevenzione e il contrasto dei fenomeni del bullismo e del cyberbullismo, e a due proposte di legge, la prima riguardante lo sharenting, ossia la condivisione on line da parte dei genitori di foto, video e altre informazioni sui proprio figli, e la seconda concernente i c.d. baby influencerer, fenomeno con il quale si indentifica la condotta dei genitori che usano immagini dei proprio figli per promuovere prodotti o servizi.

Gli atti del convegno saranno pubblicati in un apposito volume.

Fonte: Angelo Salvi | CentroStudiLivatino.org

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