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Tutti gli occhi sulla Flotilla. Gaza passa in secondo piano
— 30 Settembre 2025— pubblicato da Redazione. —
Gli attivisti si dividono e molti abbandonano la missione umanitaria. Alcuni estremisti cercano lo scontro con Israele e riemergono i dubbi sui membri del direttivo accusati di essere vicini ad Hamas
«Tutti gli occhi su Gaza»: così recita lo slogan dipinto sulla chiglia di una delle 47 imbarcazioni della Global Sumud Flotilla, che si trova ormai a pochi giorni di navigazione dalle acque palestinesi occupate da Israele. Ma, per una strana quanto rivelatrice eterogenesi dei fini, da giorni non è della Striscia che tutti parlano; non sono i bisogni o lo strazio dei palestinesi a campeggiare sulle prime pagine di tutti i giornali. Non c’è più spazio sui media per Gaza, perché attivisti, governi e trasmissioni televisive sono troppo impegnati a evitare che la banda degli «irresponsabili» finisca nei guai.
«Non bisogna cercare il massacro»
Da quando è salpata da diversi porti del Mediterraneo, la Flotilla si è assottigliata. Soprattutto dopo l’ultimo scalo a Cipro, l’ultimo utile prima di arrivare a Gaza, molti attivisti, tra i quali almeno una decina di italiani, hanno deciso di restare a terra e di interrompere il viaggio.
«Sono sbarcato perché non ero più allineato alle idee del comitato direttivo. (…) Prima di partire ci era stato chiaramente detto che l’obiettivo non era quello di entrare nelle acque territoriali di Gaza. “Rompere l’assedio” era uno slogan, la linea rossa era di non entrare nelle acque controllate da Israele. (…) Le missioni umanitarie vanno fatte con raziocinio, senza andarsi a cercare il massacro, e con un po’ di disponibilità a trattare diplomaticamente. (…) Io non ero venuto a martirizzarmi senza razionalità».
Vescovi-attivisti e veri pastori
Celesti non è l’unico a pensarla in questo modo tra gli attivisti della Flotilla, più divisi che mai. Ed è incredibile che, mentre tutte le istituzioni italiane cercano il dialogo e il compromesso, dal ministro della Difesa Crosetto al presidente Mattarella, alcuni esponenti ecclesiastici come l’arcivescovo di Genova, monsignor Marco Tasca, invitino gli attivisti a infilarsi in un teatro di guerra, con il rischio di finire uccisi durante il tentativo di forzare il blocco navale israeliano. «Io mi sento diviso», ha sottolineato l’arcivescovo a Repubblica, «è faticoso decidere cosa fare. Ma nel mio cuore io direi: andiamo avanti».
In realtà, non c’è nulla di «faticoso», a meno che non si sia più abituati a utilizzare la ragione. Il governo italiano, insieme alla Chiesa cattolica e al Patriarcato di Gerusalemme, aveva trovato una soluzione: consegnare gli aiuti umanitari al cardinale Pierbattista Pizzaballa perché li consegnasse alla popolazione di Gaza.
Ma la Flotilla ha rifiutato, probabilmente perché alcuni membri del “comitato direttivo” citato da Celesti non hanno come primo obiettivo aiutare i palestinesi di Gaza, ma creare un pericoloso incidente diplomatico con Israele. Il rischio è altissimo, se si considera che a bordo non ci sono soltanto cacciatori di selfie come Greta Thunberg, ma anche parlamentari dell’opposizione ed europarlamentari italiani, oltre all’ex sindaco di Barcellona, Ada Colau.
I membri sospetti della Flotilla
Ma chi può essere così cinico da mettere a rischio la vita di centinaia di attivisti non tanto per gettare una cattiva luce su Israele, il governo di Netanyahu ci riesce già benissimo da solo e non ha bisogno di aiuto, ma per obbligare alcuni paesi europei a rompere i rapporti con Tel Aviv?
Le prove non ci sono, ma su alcuni membri dal curriculum sospetto e chiacchierato del comitato direttivo della Flotilla ricade un legittimo dubbio.
Le foto con chi inneggia al 7 ottobre
In un rapporto ben documentato il ministero israeliano della Diaspora ha evidenziato i collegamenti tra alcune figure apicali della Flotilla e Hamas. A destare i principali sospetti è Muhammad Nadir al-Nuri, cittadino malese nato nel 1987 in Scozia, fondatore e ad dell’associazione Cinta Gaza Malaysia, che ha finanziato ad esempio la costruzione a Gaza di un edificio per l’Ufficio per lo sviluppo sociale, istituzione che opera sotto il controllo di Hamas.
All’inaugurazione, Al-Nuri è stato fotografato insieme a Ghazi Hamad, un alto funzionario dell’ufficio politico di Hamas, che ha più volte invocato la «distruzione di Israele» e «la ripetizione del [massacro del] 7 ottobre, altre due o tre volte».
I legami con i Fratelli Musulmani
Un altro membro del comitato direttivo della Flotilla che è difficile definire un semplice e innocuo attivista è Said Abu Keshk, palestinese residente a Barcellona, legato a Yahia Sarri, importante esponente religioso dei Fratelli Musulmani in Algeria, direttamente legato ad Hamas.
Nel 2022 e ancora nel gennaio 2024 Sarri ha incontrato in pubblico diverse figure di Hamas, come Basem Naim, alto funzionario del gruppo terroristico, a capo del dipartimento per le Relazioni internazionali.
Legato a Sarri è anche un altro membro del comitato direttivo della Flotilla, Marouan Ben Guettaia, del quale sono documentati gli incontri con funzionari di Hamas come Youssef Hamdan.
Tutti al funerale di Nasrallah
Non lasciano indifferenti neanche le simpatie di Wael Nawar, anche lui nel comitato direttive della Flotilla, che nel febbraio 2025 ha partecipato ai funerali del leader di Hezbollah, il terrorista Hassan Nasrallah, in Libano.
In quell’occasione, ha incontrato e si è fatto fotografare insieme a Ihsan Attaya, alto funzionario della Jihad islamica palestinese.
La Flotilla a caccia di pubblicità
Difficile che persone con simili frequentazioni possano essere “dialoganti” e accettare la mediazione proposta dall’Italia. Così come è difficile che possano farlo personaggi che si trovano a bordo della Flotilla come Ana Alcalde, che durante la trasmissione En Boca de Todos, della Tv Cuatro, ha rilasciato dichiarazioni incredibili, negando le violenze sessuali dei terroristi di Hamas compiute il 7 ottobre: «È una bufala, l’hanno smentito. Le stesse ragazze che sono state rapite si sono fatte avanti dicendo di essere state trattate bene. In realtà, una di loro ha detto di essersi sentita brutta perché non le avevano fatto niente, perché non l’avevano toccata».
Sono dichiarazioni deliranti di questo tenore che attirano l’attenzione internazionale sulla Flotilla, distogliendola dalla condizione dei palestinesi a Gaza. E anche quelle del deputato Pd Scotto fanno specie: «All’alt delle autorità israeliane ci fermeremo, non vogliamo forzare blocchi». E allora perché tre giorni fa hanno rifiutato la mediazione italiana dichiarando: «Il nostro obiettivo è forzare il blocco?».
Forse perché tutti gli occhi, invece che su Gaza, restassero ben fissi sulla Flotilla e sui loro componenti a caccia di pubblicità.
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