Che cosa accadrà dopo che i giovani conservatori americani hanno scelto di pregare e amare i loro nemici a fronte dell’assassinio del loro leader?
Si è detto e scritto molto, in questi ultimi giorni, a proposito dell’assassinio di Charlie Kirk. Abbiamo già affrontato il tema dell’odio, che continua il non serviam nella storia rifiutando l’ordine divino, uccidendo per puro odio, come Caino con Abele. Lo abbiamo fatto ascoltando commossi l’orazione funebre della vedova di Kirk, che ha dichiarato davanti al mondo di perdonare il giovane assassino di suo marito perché così avrebbero fatto Cristo e Charlie. Un discorso poderoso, che porta l’amore a un livello estremo e ci interroga tutti. Quanti di noi sarebbero capaci di esprimere un amore così grande: «io amo mio marito con tutto il cuore, amo il padre dei miei figli immensamente ma amo Dio ancora di più e ho presenti le sue parole che mi chiedono di perdonare anche i nemici. Non solo l’amore di Dio, ma anche quello del movimento che mio marito aveva fondato e che mi accingo (almeno così sembra) a continuare a dirigere, quel Turning Point USA, che non deve rispondere all’odio con l’odio».
Così, in sostanza, ha detto Erika Kirk. Il discorso è poderoso perché, se verrà rispettato, immetterà nella storia americana una presenza pubblica, giovanile, numerosa (850 sedi già operative prima dell’assassinio e migliaia di richieste da college e università di tenere quegli incontri con gli studenti che Charlie era solito organizzare) di un movimento che riporta il cristianesimo al centro del dibattito pubblico. Ci rendiamo conto di che cosa potrebbe voler dire? Dopo mezzo secolo almeno di laicismo dominante, dopo che la fede cristiana è stata espulsa dalla cultura e dalla politica, soprattutto giovanile, un grande movimento, già presente sulla scena dei campus universitari, che sembra avere dato un contributo importante nella seconda elezione alla presidenza di Donald Trump, di fronte all’omicidio del suo fondatore afferma con decisione di rifiutare ogni forma di vendetta a di volere operare politicamente per la gloria di Cristo. Non so se e come avverrà tutto questo, non so neppure se il movimento di Kirk rimarrà confinato negli Stati Uniti o influenzerà il resto del mondo occidentale, sento però la forza immensa di un tale messaggio.
L’inizio è stato promettente: decine di migliaia di giovani abbracciati in preghiera, nessun atto di violenza, l’amore contro l’odio. Una enorme differenza rispetto alle proteste per l’omicidio, da parte di alcuni poliziotti, di George Floyd nel 2020, che causarono reazioni estremamente violente.
Che dire dunque? Turning Point USA non è un movimento giovanile qualsiasi, ma è decisamente e pubblicamente un movimento conservatore. Esso si oppone alla cultura woke dominante negli Usa, ma soprattutto non si vergogna di esprimere pubblicamente la propria fede in Cristo, Figlio di Dio e Signore della storia, e di fare ciò nelle scuole e nelle università, dove Charlie Kirk era solito recarsi organizzando eventi in cui invitava tutti gli studenti, anche e soprattutto quelli che non la pensavano come lui, a porgli domande, anche critiche, di qualsiasi tipo.
Se questo movimento non fosse destinato a rientrare nell’anonimato, se durerà nel tempo, anche soltanto come espressione di qualcosa di più grande, di un conservatorismo finalmente capace di incontrare i giovani, di convincerli, di entusiasmarli, allora forse siamo di fronte non a un episodio, ma a una svolta della storia. Il cristianesimo non è una ideologia, così come il conservatorismo: se “diventasse” cultura, se cioè influenzasse la vita pubblica di una nazione, allora questo significherebbe la conversione di molti giovani, la centralità dei principi cristiani nella vita pubblica come valori incarnati nella vita delle comunità, il cambiamento del costume.
E così, ancora una volta, l’America sorprenderebbe noi europei, eredi di un anti-americanismo ideologico, di sinistra soprattutto, ma a volte proveniente da destra e, spesso, anche dal mondo cattolico. E a sorprenderci anche questa volta sarebbe l’America conservatrice, non tanto quella di Trump (che non ha particolarmente apprezzato il perdono come gesto politicamente rilevante di Erika Kirk verso gli assassini del marito), ma l’America dei giovani conservatori, che non hanno vergogna di dirsi pubblicamente cristiani. I nostri vescovi, i dirigenti delle associazioni e dei movimenti cattolici e di destra, farebbero bene a “guardare” e a “informarsi” su che cosa sta accadendo in America.