A Pechino? A Mosca o in Corea del Nord? Oppure nelle corrotte città occidentali?
Il mondo per alcuni giorni, all’inizio di settembre, ha guardato con grande attenzione a quello che accadeva in Cina, prima nella città portuale di Tianjin, dove c’è stata una riunione della Sco, l’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai, e poi nella piazza Tienanmen di Pechino, dove si è svolta la parata militare con cui l’esercito cinese ha voluto mostrare i muscoli al mondo. A parte il fuori onda che ci ha permesso di ascoltare alcuni minuti della pittoresca conversazione fra XI e Putin, nella quale i due presidenti discettavano di trapianti che potrebbero permettere di vivere fino a 150 anni, è indubbio che quanto accaduto in quelle ore sia molto importante e possa avere conseguenze significative per tutti noi comuni mortali.
Intendiamoci: le vicende che hanno a che fare con il potere o i poteri non sono quelle decisive. Noi siamo un po’ troppo abituati a dare loro troppa importanza, quasi che la politica fosse “tutto” o quasi. E’ una deformazione tipicamente italiana, che credo nasca per il grande rilievo e per le conseguenze culturali che ebbe l’opera di Nicolò Machiavelli (1469-1527) nel nostro Paese: è risaputo che un importante uomo politico e intellettuale italiano come Giovanni Spadolini (1925-1994) tenesse sul comodino una copia del Principe di Machiavelli.
Non che la politica o il mutare dei poteri non siano rilevanti e non meritino attenzione, ma più importante è quanto avviene nella società, nel cuore e nel pensiero degli uomini. Quando cambiano i cuori, poi cambiano anche le società e la politica, di conseguenza, deve adeguarsi ai cambiamenti sociali per non perdere il consenso.
Per questo oggi la cosa più importante è l’azione culturale (missionaria direi) per cambiare la mentalità comune, favorire le conversioni a Dio degli uomini e quindi, solo successivamente, aspettarsi conseguenze politiche significative.
Fatta questa premessa, non trascuriamo il quadro generale che si sta delineando nella situazione internazionale.
Quanto avvenuto ai primi giorni di settembre in Cina rappresenta la conferma formale e pubblica di un nuovo polo di Stati alleati soprattutto per opporsi all’Occidente e al supposto dominio occidentale nella politica internazionale. Si tratta di un potere alternativo, guidato dalla Cina con Russia, Corea del Nord, Iran, Bielorussia come principali alleati, l’India come partner temporaneo, in attesa che decida da che parte stare, e altri Stati, in totale 26, tanti quanti erano rappresentati sulla tribuna di piazza Tienanmen, dove si è svolta, appunto, il 3 settembre la parata militare dell’esercito cinese per mostrare al mondo il “nuovo ordine” mondiale, ai quali aggiungere altri Paesi minori (Birmania, Venezuela, Nicaragua), mentre fra gli europei erano presenti il presidente slovacco Fico, l’Ungheria di Orban, rappresentata dal ministro degli esteri, il presidente della Serbia Vucic e, quindi, Massimo D’Alema, non si sa bene a rappresentare cosa. Da segnalare, infine, la “scandalosa” presenza del segretario dell’Onu, Antonio Guterres, che dovrebbe rappresentare tutti gli Stati del mondo, ma che forse ha fatto una scelta di campo.
Ora noi dobbiamo operare e pregare per la pace, come ogni cristiano. E’ un po’ come il “fine vita”: cerchiamo che non venga fatta nessuna legge che legalizzi il suicidio assistito, però quando viene deciso di iniziare l’iter parlamentare cerchiamo di chiedere che venga promulgata la legge meno peggiore possibile, senza che nessuno gridi allo scandalo o attribuisca patenti di ortodossia.
Ora, la guerra contro l’Occidente esiste, le alleanze sono già state fatte, il conflitto ha carattere militare soltanto in Ucraina, ma sappiamo che oggi la guerra è ibrida, commerciale, psicologica e si manifesta in tanti altri modi.
Quando scoppia una guerra bisogna chiedersi chi è il meno peggio tra i contendenti. Come al tempo della Guerra fredda ci chiedevamo chi garantisse maggiore libertà all’opera missionaria della Chiesa, chi permettesse maggiormente alla società di operare liberamente rispetto allo Stato, chi desse ai genitori maggiori possibilità di educare i figli liberi da interferenze dello Stato: l’Occidente o l’Unione sovietica?
E oggi? Questo non significa non vedere il male presente nelle classi dirigenti occidentali, nelle leggi degli Stati occidentali, nell’ideologia woke e nel pensiero dominante nella cultura occidentale. Ma rimangono spazi di libertà per cercare di cambiare questa situazione. Il governo Meloni è un esempio, anche se non va caricato di aspettative irrealistiche. Dall’altra parte che cosa troviamo? I campi di lavoro cinesi, il partito comunista in Cina e Corea del Nord, il fondamentalismo sciita in Iran, la dittatura nazional-ortodossa in Russia, dove chi si oppone viene ucciso o va in esilio. O, peggio, il Venezuela di Maduro o il Nicaragua di Ortega.
Dove preferiremmo vivere? Dove c’è più spazio per testimoniare la fede cattolica, dove è maggiormente garantita la libertà religiosa?
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