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Dopo i casi di Washington e di Brasilia. La democrazia, le istituzioni e il diritto di resistenza

Quando e perché sono immorali le violenze contro le istituzioni e quando, invece, è legittimo il ricorso alla resistenza

La democrazia non stabilisce cosa è vero e cosa è falso, buono o cattivo. Questa è una delle differenze fondamentali fra una cultura di sinistra, che nasce con la Rivoluzione francese, e una cultura che crede nell’esistenza di principi fondamentali legati alla natura dell’uomo, che sono veri e buoni anche se non fossero riconosciuti come tali dalla maggioranza di una popolazione.

Tuttavia questo non porta a negare che le decisioni della maggioranza, anche se sbagliate, vadano rispettate. Rispettare non significa negare la verità delle cose, ma prendere atto che così non la pensa la maggior parte della popolazione e quindi darsi da fare per convincerla dell’errore, invece che esercitare una forma di violenza contro di essa. Questa è una posizione cristiana e, se vogliamo richiamarci alla storia, dalla Rivoluzione del 1789 in poi questa è anche la posizione della destra.

I tentativi, dunque, di attribuire a posizioni riconducibili a un cattolicesimo di destra le aggressioni contro le istituzioni di Washington e di Brasilia sono prive di fondamento. Quali che siano le posizioni politiche di chi le ha compiute e supponendo pure la buona fede, esse sono state sbagliate e immorali, cioè contrarie al bene comune. Questo perché la morale naturale e cristiana chiede di rispettare le autorità e le istituzioni, anche quando sbagliano oppure commettono delle ingiustizie. Il caso tipico sono le leggi contro i principi del diritto naturale circa la vita e la famiglia, oppure la libertà di educazione: sono e rimangono ingiuste, vanno denunciate e si deve cercare di convincere la popolazione della loro iniquità, ma non sarebbe giustificato l’attacco alle istituzioni che le hanno emanate. Nel caso specifico che ha indotto alle violente proteste in USA e in Brasile, se ci sono stati dei brogli elettorali bisogna essere in grado di dimostrarlo, altrimenti si introduce un precedente che rischia di rendere legittima qualunque forma di protesta, anche violenta.

Bene ha fatto, quindi, il governo italiano a condannare le proteste violente avvenute in Brasile. Ma sarebbe importante rileggere tutta la storia europea alla luce di questo principio, che privilegia le istituzioni e i loro diritti. Per esempio, ci si potrebbe chiedere quali ragioni legali avesse Napoleone nell’invadere gli Stati italiani nel 1796, oppure con quale autorità l’esercito piemontese nel 1859/60 attaccò gli altri regni della Penisola e, nel 1870, lo Stato della Chiesa, oppure, ancora, a quali principi di legalità fecero appello i partiti comunisti che, nel 1948, conquistarono con dei colpi di Stato le nazioni dell’Europa orientale. Le insorgenze antinapoleoniche, la resistenza degli italiani del Sud dopo il 1860 e quella dell’esercito pontificio nel 1870, le rivolte di Berlino (1953), Budapest (1956) e Praga (1968) erano tutte legittime, perché rappresentarono l’ultimo disperato tentativo di difendere la legalità, oppure quello di opporsi alla violenza esercitata dalle istituzioni, come prevede anche il diritto alla resistenza enunciato dal Catechismo della Chiesa Cattolica al n. 2243.

Fonte: Marco INVERNIZZI | AlleanzaCattolica.org

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