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CINEMA – Starbuck – 533 figli e… non saperlo!

David, 40 anni ma eterno adolescente, scopre di aver avuto 500 figli con l’inseminazione artificiale, ora determinati a scoprire la sua identità.

David Wozniak è un eterno adolescente, che a quarant’anni suonati ancora cerca di sbancare il lunario, arrangiandosi con lavoretti part-time e guadagni più o meno legali. Una di queste prodezze, però, gli costa cara: oltre un centinaio di figli suoi, nati grazie alle donazioni alla banca del seme, vogliono conoscere l’identità del genitore biologico. Affiancato da un amico e improbabile avvocato, David si dovrà destreggiare non solamente tra cause legali, ma anche tra responsabilità e possibilità nuove generate da questa strada, tutta da scoprire, della paternità.

Commedia diretta dal canadese Ken Scott, che ha scritto il copione insieme allo sceneggiatore (e attore) francese Martin Petit. A riprova che la realtà supera l’immaginazione, i due autori hanno scoperto in corso d’opera che esisteva davvero un donatore del seme con 500 figli. Il film ha avuto un ottimo successo di pubblico, tanto che lo stesso Ken Scott ne ha diretto (pedissequamente) il remake americano Delivery Man. Se il remake può contare sul volto di un peter pan cresciuto come Vince Vaughn, l’originale canadese dalla sua ha l’ignoto (per noi) Patrick Huard. La presenza di un attore non riconoscibile, però, rende ancora di più il protagonista un signor nessuno: un fattorino, un salumiere o un compagno di calcetto (proprio come David Wozniak) alle prese con un problema più grande di lui.

Rendere giustizia a uno squadrone di personaggi secondari è complicato: il protagonista ha 533 figli, di cui 142 sono pronti a fargli causa. Nonostante qualche figura bidimensionale, quelle cifre si trasformano in volti e nomi, come Antoine e Leopold: figli “scomodi” che impediscono di considerarsi angeli di passaggio. Impossibile, allora, rimanere a osservare le loro vite da una distanza di sicurezza.

Starbuck è una storia che intrattiene e sa rimanere lontana – nonostante qualche sbavatura – da umorismo grossolano o scivoloni paternalistici, a cui la premessa potrebbe prestarsi. Al contrario, entrando nel mondo di David troviamo una familiarità fatta di paure, leggerezze ma anche premure tutte umane. Lo spunto rimane attuale, con un padre che a sua volta, insieme a una schiera di figli, deve scoprire qual è la sua identità.

Fonte: Roberta Breda | Sentieridelcinema.it

 

 

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