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Il nodo della «rilevanza» dei cattolici e le possibilità di una proposta ispirata

Gentile direttore,

volevo condividere con lei alcune considerazioni in merito all’interessante e puntuale articolo di Giorgio Campanini pubblicato su “Avvenire” di domenica 2 luglio 2017. L’astensionismo, e io aggiungerei anche il radicalismo, sono chiaramente frutto di quel disagio «nel dover votare partiti “laici” all’interno dei quali operano anche cattolici, ma che non sempre sono del tutto coerenti, per la loro stessa natura pluralistica, in ordine alle istanze etiche a più riprese proposte dalla dottrina sociale della Chiesa». Per dirla con il vescovo Nunzio Galantino i cattolici rischiano l’irrilevanza politica, proprio perché costretti dalle circostanze, o meglio dalle convenienze, a non farsi paladini fino in fondo di programmi e valori di verità che contrastano con le mode laiciste. Nel quadro politico attuale, con il fallimento del bipolarismo e un ritorno sempre più probabile del sistema proporzionale, è possibile immaginare una presenza di frontiera di un partito di ispirazione cattolica che sappia fare sintesi di culture e di sensibilità diverse, pur presenti all’interno della Chiesa, ma in grado di rimettere in agenda temi, priorità e valori trascurati tanto a destra quanto a sinistra. Penso a uno spazio politico che non sia riserva di sopravvivenza di “politici cattolici” à la carte, ma opportunità di crescita e di prospettiva delle forze vive del laicato cattolico. Che, cioè, sia sintesi e testimone dei tempi e non episodico vessillo identitario autoghettizzante nel tentativo di rincorrere l’agenda laicista. E nel quale sia possibile declinare l’idea dell’uomo e del suo sviluppo integrale in tutti i campi della società: questa sì sarebbe anche per i giovani una proposta politica realmente rivoluzionaria e credibile. Non una nuova Dc, non si è più maggioranza nel Paese. Piuttosto una opportunità chiara e identificabile di nuova e buona Politica (con la maiuscola) che, come auspica Papa Francesco, possa ridare anche ai giovani la voglia di appassionarsi e di credere al valore e alla forza di un impegno diretto. Certo, non spetta alla Chiesa fare un partito, ma alle energie migliori del laicato cattolico lavorare per creare quello spazio politico. Nello scenario attuale mi appare si apra questa opportunità, secondo lei è possibile che qualche personalità non usurata dai giochi di palazzo possa farsi interprete di questa esigenza e fare da connettore delle diverse energie?
Vito Rizzo, Agropoli (Sa)

Le rispondo con franchezza, gentile signor Rizzo: la «presenza di frontiera di un partito di ispirazione cattolica» che lei immagina, auspica e spiega è possibile, ma non probabile. Non allo stato delle cose e di alcune piccole ambizioni in campo. Anche se immagino che un serio tentativo di «connessione» verrà fatto, un po’ per il clima neoproporzionale che è tornato ad aleggiare sul Paese, molto di più per la presenza di soglie di sbarramento elettorali che disincentivano le corse solitarie dei soggetti politici minori, che si sono moltiplicati anche a causa della crisi dei partiti esplosa negli ultimi sette anni. Alcuni di essi sono vivi e vitali, altri sembrano fantasmi che camminano, altri ancora non si capisce da dove siano germinati anche se si capisce sin troppo bene a chi servono. La Politica con la maiuscola, della quale per fortuna si torna a parlare, ha bisogno solo dei primi e senza presunzioni autoreferenziali. Cioè con un’apertura reale a tutto ciò che lievita nella società e nei mondi del cattolicesimo italiano. Infatti, i cittadini-elettori che possono essere definiti “cattolici impegnati” non sono affatto pochi, e sono giustamente esigenti, abituati a opzioni politiche legittimamente diverse a sinistra, a destra o fuori dagli schemi (oltre che a motivati rifiuti dell’attuale quadro partitico). Dunque, dovrebbero avere ottime e solide ragioni, insieme a volti e storie in cui riconoscersi, per farsi “tentare” da una eventuale “offerta” di partecipazione politica così ambiziosa da richiamarsi all’ispirazione cattolica…

Detto questo, penso che sia necessario considerare con attenzione il lavorìo in corso per armonizzare le regole del voto disegnate dalle due sentenze della Corte costituzionale su Porcellum e Italicum, obiettivamente inadeguate a garantire rappresentanza e governabilità e congegnate in modo tale da eleggere con logiche diverse la Camera (dove è premiata la lista più forte) e il Senato (dove possono tornare in scena le coalizioni). Non so a che cosa porterà quel lavorìo, e se porterà davvero a qualcosa. Tuttavia, persino a prescindere da ciò che accadrà negli ultimi mesi della legislatura sul piano delle regole, sono personalmente convinto che la «connessione» non condurrà a molto e non durerà se sarà mirata a realizzare soltanto un “cartello” elettorale di sparse sigle e non, come lei si augura, una coerente convergenza di «diverse energie», una riunione convocata dall’umiltà e dalla attraenza di una proposta che faccia i conti con la realtà a partire da una visione del bene comune basata sull’«umanesimo concreto» che caratterizza la Dottrina sociale della Chiesa e che sia visibilmente contrassegnata dalla rinuncia a posizioni e rendite “feudali” dei capi di partito (o di spezzone di partito) interessati. Altrimenti si tratterà di un “vecchio collage” senz’anima e senza appeal e non di un otre nuovo e utile. Come sa, gentile e caro amico, mi occupo di politica (non solo italiana) e di presenza pubblica dei cattolici da più di tre decenni. Mi piace analizzare fatti e prospettive, ma non ho mai preteso di possedere la sfera di cristallo. E anche questa previsione è semplicemente un ragionamento a voce alta.

Un’ultima nota. Sono persuaso che un cristiano diventa «irrilevante» quando si riduce a “sale” scipito, ma sono certo che il buon sale può dare onesto sapore a qualunque pane. Purché non sia un pane politico avvelenato, cioè irrimediabilmente antiumano e anticristiano. E anche nel tempo presente, come nel secolo che abbiamo alle spalle, vengono purtroppo impastati e smerciati terribili pani avvelenati.

Fonte: Marco Tarquinio | Avvenire.it

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