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Veglia per la 39ma Giornata della Vita

LA SPEZIA: Grande partecipazione di giovani e famiglie venerdì sera nella chiesa parrocchiale di Ceparana per la veglia in occasione della 39ma Giornata della Vita, organizzato dalla Pastorale familiare della diocesi.

“Educare alla vita significa entrare in una rivoluzione civile che guarisce dalla cultura dello scarto, dalla logica della denatalità e dal crollo demografico, favorendo la difesa di ogni persona umana, dallo sbocciare della vita fino al suo termine naturale”. E’ stato questo, preso dal messaggio dei vescovi italiani, il tema portante della veglia.

Ogni anno nel mondo si attuano 56 milioni di aborti. E’ un’Italia che ogni anno sparisce. Un “olocausto silenzioso”, lo ha definito Madre Teresa, come ricordava uno dei testi della veglia, preparati dal Centro di Aiuto alla Vita della Spezia.

Uno dei gravi problemi del nostro tempo, afferma il Papa nella sua lettera per il Giubileo della Misericordia, è il modificato rapporto con la vita. Una mentalità diffusa ha fatto perdere la dovuta sensibilità personale  e sociale verso l’accoglienza di una nuova vita.

Il dramma dell’aborto è vissuto quasi non rendendosi conto del gravissimo male che un simile atto comporta. Si ritiene di non avere altre strade da percorrere. Un dramma esistenziale e morale per un atto profondamente ingiusto, che vede coinvolti, dice ancora il Papa, non solo le donne, ma quanti “lo hanno procurato”.

“Ci troviamo di fronte ad uno scontro immane e drammatico fra il male e il bene, la morte e la vita. Ci troviamo non solo “di fronte”, ma necessariamente “in mezzo” a tale conflitto: tutti siamo coinvolti e partecipi, con l’ineludibile responsabilità di scegliere incondizionatamente a favore della vita” (EvangeliumVitae)

Durante la veglia, sono state proiettate le suggestive immagini del conferimento del premio Nobel per la Pace a Madre Teresa di Calcutta, nel 1979. Il discorso pronunciato a braccio da Madre Teresa porta alla luce la relazione stretta tra l’aborto e la violazione della pace: “Tante persone sono molto, molto preoccupate per i bambini in India, per i bambini in Africa dove tanti ne muoiono, di malnutrizione, fame e così via, ma milioni muoiono deliberatamente per volere della madre. E questo è ciò che è il grande distruttore della pace oggi. Perché se una madre può uccidere il proprio stesso bambino, cosa mi impedisce di uccidere te e a te di uccidere me? Nulla.

A rappresentare il vescovo Luigi Ernesto Palletti, influenzato, era presente il vicario diocesano, monsignor Enrico Nuti. Nella riflessione finale, Nuti ha sottolineato che «noi tutti siamo immersi nella “cultura della morte”, o “dello scarto”, come dice Papa Francesco, in un mondo segnato dalla mancanza di speranza, dalla chiusura in sé stesso.  “Io sono venuto perchè abbiano vita e in abbondanza”, ha detto Gesù. La cultura della morte nasce quando non ci si sorprende di fronte alla creatura, all’uomo, specialmente quando esso si trova nelle condizioni di massima debolezza, come un bimbo che viene rifiutato».

Riguardo a queste “strutture di peccato” (come le leggi sull’aborto), cioè che inducono i cittadini a fare peccato, «dobbiamo rinnovare la nostra coscienza. Nulla deve diventare abitudine. Dobbiamo stupirci, scoprirci amati indipendentemente da ogni nostro gesto o capacità.  Un amore così spaventa. Perché richiede impegno, capacità di accogliere il dono e pervicacia nel custodirlo».

«Paura e superbia minacciano il dono di essere amati dal Signore. Se c’è la vita fuori dalle previsioni, dai progetti, c’è il rischio che siano la paura e la superbia a determinare le nostre scelte.  Per vincere paura e superbia, dobbiamo riscoprire che vivere significa essere amati. Riscoprendo nell’intimo questo dono di Dio, riceveremo la capacità di accoglierlo.  E accogliendolo troveremo una forza che altrimenti non avremmo. La vita è rigenerante. Le risorse sembrano scarse, ma poi, sorprendentemente, le capacità crescono».

«Le nostre iniziative prolife sono un piccolo segno per riaffermare questa verità.  Non bisogna avere paura, ma speranza e coraggio. Il Signore ce lo dà, se glielo chiediamo nella preghiera. Non bisogna avere paura di amare. Bisogna rispondere all’Amore. Il Signore strada facendo ci aiuterà.  Così la cultura della morte viene vinta dalla cultura della vita, dal Vangelo della vita, che è Gesù».

La veglia è stata allietata dal coro della Pastorale giovanile diocesana insieme a quello della parrocchia di Ceparana.

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