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L’eredità di Paolo VI: la difesa della Tradizione apostolica

Dal testamento di Paolo VI emerge tutta la sua fede cristiana semplice e di unica bellezza appresa dalla Tradizione da cui si evince come Papa Montini avesse chiaro che il vero pericolo per la fede non sta nella negazione diretta dei contenuti della dottrina della fede stessa (per es. nell’ateismo marxista) ma nello snaturamento dall’interno dei contenuti della fede, nella visione della grazia come dimensione insita nell’esistenza umana in quanto tale e non più come dono gratuito fatto all’uomo.

Questo implica che se il soprannaturale non è più riconosciuto come dono ma come dimensione della natura stessa, viene a mancare la distinzione tra natura e grazia e quindi se tutto è grazia si apre al principio della divinizzazione dell’uomo.

La Chiesa non è più gesto dell’operare della grazia, comunicazione della grazia come dono gratuito, possibilità di un incontro imprevisto ed imprevedibile ma il luogo dove insegnare all’uomo come scoprire la grazia immanente, cioè la grazia ridotta a dimensione della vita umana (come dimensione del lavoro, della sofferenza, del genio femminile, della famiglia, ecc.). La grazia come dono di insegnamento e intelligenza in grado di far scoprire agli uomini le possibilità naturali che Dio ha donato loro.

Il vero snaturamento sta nel concetto della gratuità della grazia che lascia intatte le parole cristiane. È quindi molto più difficile cogliere il pericolo, cogliere l’alternativa che questo rappresenta rispetto alla Tradizione degli apostoli.

Nel testamento di Montini è evidente la negazione di tutto ciò: testimonianza immediata di un fedele semplice che ha appreso gli elementi fondamentali della fede cattolica dalla Tradizione  dove natura e grazia sono due doni distinti della vita.

«Ora che la giornata tramonta, e tutto finisce e si scioglie di questa stupenda e drammatica scena temporale e terrena, come ancora ringraziare Te, o Signore, dopo quello della vita naturale, del dono, anche superiore, della fede e della grazia, in cui alla fine unicamente si rifugia il mio essere superstite?».

No si nega la natura per ringraziare della grazia che, alla fine, è l’unica ricchezza vera che rimane. Ma questo non distrugge la bellezza di quei doni naturali, anzi rende più umili e grati nel riconoscere la loro bellezza. Chiara è la distinzione: la natura e la grazia. In una corrispondenza non ideologica, cioè non stabilita da una spiegazione o da una tesi teologica. È una corrispondenza di incontro, una corrispondenza di esperienza, una corrispondenza di grazia. L’avvenimento della grazia corrisponde gratuitamente al cuore, trasfigura, rendendola più mirabile, la stessa vita naturale; e il riposo ultimamente unico della grazia non distrugge la natura, ma la suppone e la compie oltre ogni desiderio.

Per una lettura integrale: Sintesi della fede di un umile cristiano – 30giorni.it
Per approfondire: Il testamento di Paolo VI – Vatican.va

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