Noi genitori moderni amiamo talmente tanto i nostri figli, da non riuscire a tollerare di infliggere loro rinunce e sacrifici. Ci sembra che renderli scontenti coincida con il non amarli abbastanza. E questa fragilità adulta ha portato molti minori a non riuscire a sviluppare quelle competenze emotive e cognitive, sociorelazionali e autoregolative fondamentali per stare al mondo e confrontarsi in modo sano con il principio di realtà
Nel messaggio dell’Angelus di domenica 17 agosto, il Papa ha lanciato un appello a noi genitori del terzo millennio, ribadendo un concetto chiave della pedagogia: non abbiate timore a dire i no che aiutano a crescere. È un principio che da sempre gli educatori sanno di dover proporre all’interno delle relazioni con chi sta crescendo. È un principio talmente importante da rappresentare un punto cardine della psicopedagogia. Freud per primo ha affermato che compito del genitore nel primo tempo della vita di un figlio comporta aiutarlo a transitare dal principio del piacere a quello di realtà e che tale passaggio implica, inevitabilmente, esporre il bambino a frustrazioni con cui deve imparare a relazionarsi, per potersi poi rendere capace di affrontarle, attraversarle e superarle. Asha Phillips ha dedicato un titolo e il relativo libro – divenuto best seller – al messaggio ribadito ieri da Papa Leone XIV intitolato I no che aiutano a crescere (Feltrinelli ed.).
Sostenere il valore del “no” con chi sta crescendo sembra oggi rappresentare una delle fatiche principali dei genitori contemporanei, che sono forse i primi ad aver rinunciato a quell’autorevolezza che ha sempre visto le mamme e i papà delle precedenti generazioni muoversi di fronte ad un figlio con fermezza e consapevolezza, indicando l’importanza del limite a aiutandolo a non sottostare alla regola del tutto e subito, divenuta imperante nel terzo millennio. Noi genitori moderni amiamo talmente tanto i nostri figli, da non riuscire a tollerare di infliggere loro rinunce e sacrifici. Ci sembra che renderli scontenti coincida con il non amarli abbastanza. E questa fragilità adulta ha portato molti minori a non riuscire a sviluppare quelle competenze emotive e cognitive, sociorelazionali e autoregolative fondamentali per stare al mondo e confrontarsi in modo sano con il principio di realtà. Molte volte i genitori vorrebbero imporre un “no” sano ai propri figli, ma nell’epoca che ha premiato, sopra ogni cosa, la logica della gratificazione istantanea temono che tale “postura educativa” possa rivelarsi dannosa, se non addirittura traumatizzante per il proprio bambino.
A questo ha certamente contribuito anche la pervasività con cui il mondo digitale ha invaso la vita di tutti, piccolissimi inclusi. Il mondo digitale è un mondo in cui trionfa sempre il sì: ad ogni tuo tocco sullo schermo, ricevi sempre una risposta, in tempi rapidissimi. Ogni attesa svanisce nella soddisfazione istantanea di ogni pulsione e sempre piu’ spesso i genitori si trovano di fronte a figli che reclamano il possesso e l’utilizzo di strumenti connessi, di cui non riescono a fare a meno, mai. Basta che ci siano pochi minuti di vuoto nella vita di un figlio e moltissimi adulti si trovano – spesso inconsapevolmente – a fornirgli lo schermo di un device, con cui intrattenersi e riempire il tempo vuoto. Ma attraverso questi automatismi digitali, il bambino impara in modo sempre piu’ intenso a non “saper stare” nello spazio sospeso di un tempo vuoto in cui sperimenta fatica, noia, frustrazione. Si innescano cicli viziosi in cui il bambino, di fronte alla noia, pretende subito qualcosa che lo “tiri fuori da lì”. Sempre piu’ spesso i genitori si rendono conto di non essere in grado di mettere una barriera tra il desiderio espresso dal figlio e il bisogno educativo di insegnargli a demandarlo nel tempo.
Così ci accorgiamo che il no dell’adulto, svanisce di fronte a un bambino che piange perché al ristorante vuole avere in mano uno smartphone oppure del preadolescente cui l’adulto non sa porre un limite alle navigazioni notturne, allo scrolling infinito e ubiquitario, alle infinite ore di videogioco. Molte volte, noi terapeuti veniamo interpellati da genitori che vivono un senso di frustrazione e impotenza enorme perché si percepiscono totalmente incapaci, di fronte a figli di soli 9, 10 o 11 anni, di dire no necessari a mettere quei limiti che il figlio non è in grado di autoimporsi. In quest’epoca dove risultano crescenti i problemi emotivi e comportamentali in età evolutiva, il richiamo del Papa ad un’adultità autorevole in grado di sostenere il valore e il potere del “no che aiuta a crescere” risulta quanto mai opportuno.
Fonte: Alberto Pellai | FamigliaCristiana.it