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Studenti e unioni civili. L’esperienza di un’assemblea

L’altro giorno un’amica, la chiameremo Laura (anche perché è il suo vero nome) mi ha chiamato per dirmi di essere stata invitata ad un contraddittorio in un’assemblea studentesca di un istituto superiore. Nella fattispecie era l’Istituto Comprensivo Manfredo da Passano a La Spezia. Temendo, come purtroppo talvolta capita, di essere in netta minoranza tra i partecipanti al dibattito e magari con un moderatore non proprio imparziale, mi ha chiesto di farle compagnia. Ovviamente ho accettato con piacere e siamo andati all’appuntamento, era il 17 febbraio scorso, in un Teatro in centro alla città.

Da premettere che, condividendo anch’io i timori di Laura, avevamo chiesto di tenere, il giorno precedente l’assemblea, un incontro preparatorio per scongiurare eventuali trappole. Tutto è apparso sereno ed abbastanza equilibrato anche se ci è apparso subito evidente che avevamo fatto bene a chiederlo. Siamo dunque andati all’assemblea e la prima sorpresa è stata quella di vedere il teatro completamente pieno, gli studenti del da Passano sono sono circa 800 e, se non erano tutti, poco ci mancava. La seconda, è stata una sorta di simpatia o, se volete, una totale mancanza di qualsiasi segno di preconcetta ostilità da parte degli studenti che, nel frattempo, mentre raggiungevamo il palco, avevano già capito chi eravamo e da che parte saremmo stati.
I ragazzi sono buoni osservatori e, solo guardandoci passare, noi e la controparte, avevano subito intuito chi rappresentava che cosa. Raggiunto il palco abbiamo ritrovato “gli avversari”, le due donne, conosciute il giorno prima, appartenenti ad un’associazione simil-LGBT (che ovviamente siamo andati per primi a salutare), il moderatore – un giornalista della città – i rappresentanti degli studenti, il dirigente scolastico.
Una cosa sulla quale avevamo convenuto tutti era quella di non trasformare il dibattito in un’arena o in un ring con insulti, offese e quant’altro. Entrati nel dibattito, la prima domanda è stata: cos’è il ddl Cirinnà? A questa domanda, dopo un accenno di spiegazione, la controparte hanno subito iniziato con il solito (e ormai logoro) ritornello dei diritti individuali negati, del fanalino di coda in Europa, del mondo che va in una direzione e così via con i soliti luoghi comuni. Quando è toccato a noi, abbiamo cercato di illustrare sinteticamente i punti salienti del ddl e quelli più difficili da accettare per noi. Ma soprattutto abbiamo cercato di separare i problemi. Primo, i diritti individuali sui quali non abbiamo obiezioni, almeno fino a che rimangono diritti individuali. Ognuno ha diritto al rispetto e alla buona fama, nessuno si può permettere di offendere qualcun altro solo per il suo orientamento sessuale, a nessuno può essere detto “sei uno scherzo della natura”. Insomma nessun preconcetto riguardo gli omosessuali. Altra sorpresa, i ragazzi ascoltavano attentissimi ed in parte un po’ sorpresi. Comunque era segno che l’argomento li interessava e che, forse, si aspettavano un altro esordio. Abbiamo poi chiarito che non ci potrà mai essere una equiparazione tra un matrimonio ed un’unione civile: il matrimonio è una società naturale aperta alla vita e alla conservazione della specie che lo Stato deve tutelare. Le unioni civili devono essere tutt’un altro istituto per regolare, ove serve, i rapporti privati tra due persone. Terzo punto e più critico: le adozioni. Le nostre “amiche” si affannavano a spiegare che le coppie omosessuali possono crescere ugualmente bene i bambini come ‘alcuni’ studi americani (domanda: quali?, risposta:alcuni!) hanno stabilito. Che siamo rimasti gli ultimi in Europa a non concederlo. A parte che non è vero, vedi Germania, Portogallo, Slovenia, Croazia e qualche altro Paese, abbiamo mostrato loro e agli studenti un sondaggio pubblicato dal Il Fatto Quotidiano, vedi foto, in cui mostra come ben il 75% della popolazione italiana non è d’accordo. Gelo! Allora il discorso si è spostato sul fatto che il ddl in discussione non prevede le adozioni in generali ma solo l’adozione del figlio del partner. Al che la nostra domanda è stata: ma un omosessuale, un figlio, da dove lo prende? Lo chiede alla cicogna? E la risposta è stata data prima con un esempio: una donna si sposa con un uomo, ha un figlio, dopo scopre la propria omosessualità e va a vivere con un’altra donna e questa può adottare il bambino. Percorso interessante e usuale! Dopo con una eventualità: si potrebbe ricorrere a quella pratica, odiosa e abietta per noi, che chiamiamo “utero in affitto” e che loro con una certa soavità chiamato “gestazione per altri”.

I ragazzi sempre attenti cominciavano a fare domande, su questi argomenti, con la tecnica dei bigliettini. Abbiamo poi spiegato loro come si consuma anche oggi l’aberrante pratica dell’utero in affitto nel mondo, dello sfruttamento delle donne, della devastante gravità della separazione madre-figlio. Per dovere di cronaca dobbiamo dire che qui abbiamo ricevuto un applauso! La nostra controparte continuava a ripetere che la Cirinnà non prevedeva l’utero in affitto e noi ribattevamo che ne sarebbe la logica premessa. Come fanno due omosessuali a ‘fare’ una figlio? Intanto i bigliettini che si ammucchiavano sul tavolo e non si riusciva ad evadere per quanti erano. Mi ha colpito una domanda rivolta a noi: se vi capitasse di avere un figlio gay, come reagireste. Abbiamo risposto che lo avremmo accolto, gli avremmo voluto bene, avremmo cercato di aiutarlo: dagli studenti si è levato un leggero brusio di disapprovazione come se si aspettassero una reazione violenta di insofferenza. Questo mi ha fatto capire quanta disinformazione sia stata veicolata nei ragazzi tramite i media schierati. Altro motivo ricorrente in più di una domanda: in fondo si tratta di concedere un diritto ad una coppia, perché vi opponete se non si toglie nessun diritto a voi? E quando abbiamo introdotto un altro soggetto “il bambino” portatore anch’esso di diritti, in questo modo violati, allora sorpresa. E riflessione.

E noi pensavamo sempre più quanto utili fossero dibattiti come questo, senza urla, senza insulti, senza aggressioni, facendo solo emergere la razionalità. Insomma dopo circa un’ora e mezza di animata ma educata discussione siamo arrivati al termine del tempo concesso per l’assemblea. Siamo rimasti molto colpiti dalla maturità mostrata dagli studenti, volevano capire, lo testimonia la montagna di bigliettini di domande. Certamente non è mancata la solita coppia, due ragazze mi sembra, che per fare le spiritose fingevano di sbaciucchiarsi, ma più che altro per farsi notare come fanno i ragazzi. Ma la maggioranza ha partecipato attenta ed interessata. Merito forse anche del richiamo iniziale fatto da tutti: ragazzi parliamo del vostro futuro, della società in cui vivrete! Altro segno positivo per noi: il tangibile apprezzamento dei docenti che sono rimasti presenti in sala e hanno voluto ringraziarci personalmente, non tutti naturalmente.
Da questo io mi permetto di trarre una conclusione: le persone, quando si da loro la possibilità di capire veramente come stanno le cose, ci supportano in una misura più grande di quella che pensiamo. Molto più grande: e questo è una soddisfazione ma anche uno sprone ad impegnarci di più.
Fabio Scorretti

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