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LA SPEZIA – Pellegrinaggio mariano diocesano al Santuario di Roverano

Il pellegrinaggio diocesano del primo sabato del mese ieri ha fatto tappa ieri al santuario di Roverano, in Val di Vara, salutato da una splendida mattina di sole autunnale.

Nell’omelia, il vescovo Luigi Ernesto Palletti ha sottolineato l’importanza di «invocare la capacità di accogliere ciò che Dio ci vuole donare, a partire dalla maternità universale di Maria». “Ecco tua madre”, ha detto Gesù sulla croce all’unico discepolo presente, Giovanni. E così «Maria, madre del figlio, all’improvviso si trova investita di maternità infinitamente estesa».

Mons. Palletti ha chiesto di accompagnare con la preghiera i due importanti eventi della settimana entrante: il convegno ecclesiale di Firenze e l’ordinazione di nuovi sacerdoti, “dono del Signore alla Sua Chiesa”.

«Al di là della presenza dei delegati a Firenze, quello che deve animare il nostro cammino è la concretezza». “Uscire, annunciare, abitare, educare, trasfigurare”. Sono questi i verbi di un cammino che il vescovo auspica diventi un «motore, per animare una fede che c’è, ma che è talora sopita».

Sabato 14 novembre, alle 15, in cattedrale a Cristo Re, saranno ordinati due sacerdoti: don Samuele Bertonati e don Marco Morolla. «Gesù sceglie e prende per sé alcuni. Il Vangelo dice “perché stessero con lui”. La prima capacità dei sacerdoti è che stiano con lui. E’ Lui la forza da cui viene loro la capacità di servire. Noi dobbiamo accoglierli come doni. E invocare che tali doni si moltiplichino, perché da loro possiamo ottenere i doni di Dio: l’eucaristia, la confessione e tutti i segni che Dio ci invia». E non è sufficientemente ricevere e dire “grazie”. «Questi pellegrinaggi diocesani sono vissuti proprio per chiedere il dono delle vocazioni, in particolare quelle al sacerdozio».

Il vescovo ha invitato i fedeli a prendere «la santa abitudine di leggere una pagina al giorno di Vangelo. Il Vangelo è sempre lo stesso, e meno male! Purtroppo anche noi siamo sempre gli stessi, e non seguiamo la strada che il Vangelo ci indica. In una mano dobbiamo portare il Vangelo, nell’altra la concretezza. “Essere non del mondo ma nel mondo”, seguire la logica dell’Incarnazione. Metterci di fronte a Maria. Accogliere il Vangelo, che è Gesù. Dobbiamo farlo nella concretezza, che a volte è nella croce, a volte nella gioia. Non esiste la diocesi ideale, il vescovo ideale, la moglie ideale, il figlio ideale. Se pensiamo diversamente, l’ideale non diventa più una meta, ma un punto di riferimento per cui potersi lamentare. Bisogna invece far scendere il Vangelo nella concretezza della vita, senza cedere alla tentazione della fuga. Dobbiamo sforzarci di capire come il Vangelo possa essere calato nella concretezza della nostra vita».

di Francesco BELLOTTI

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