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6 aspetti che i genitori di figli di successo hanno in comune

Il nostro compito non è farli diventare ciò che vorremmo diventassero, ma sostenerli nel diventare magnificamente se stessi

Ogni genitore vuole il meglio per i propri figli. Il punto è, ovviamente, definire cosa sia “il meglio” per loro. Per alcuni potrebbe essere trascorrere un’infanzia serena, per altri eccellere a scuola e per altri ancora gettare le basi per un’età adulta soddisfacente, fatta di stabilità economica, amore e realizzazione professionale.

Nel suo libro How to Raise an Adult, Julie Lythcott-Haims sviscera un concetto molto semplice – a tratti quasi banale – ma che spesso viene dato per scontato: “Il nostro compito con i figli”, sostiene l’autrice, “non è farli diventare ciò che noi vorremmo diventassero, ma sostenerli nel diventare magnificamente se stessi”, mettendo in guardia da quella che chiama “infanzia programmata”.

Mi viene in mente una delle mie primissime lezioni al liceo, che ricordo perfettamente. La professoressa di latino spiegò alla classe l’etimologia della parola “educare”: e(x)ducere, cioè tirare fuori. “Il mio ruolo in questi anni”, disse la docente, “non sarà quello di riempirvi di nozioni, bensì di aiutarvi a tirare fuori ciò che è già dentro di voi, in modo che possiate svilupparlo al meglio”.

E sebbene non esistano “ricette” per crescere figli di successo, alcune ricerche e studi hanno evidenziato che i loro genitori hanno diverse caratteristiche in comune. Ne riporto cinque, che considero particolarmente significative.

1. Fanno fare dei lavoretti ai figli

Durante un evento TED, l’autrice Julie Lythcott-Haims ha parlato dello straordinario valore di far partecipare i figli alla vita domestica.

“I ragazzi hanno bisogno di essere un po’ meno ossessionati da voti e punteggi e molto più interessati a un’infanzia che dia loro una base per il successo costruita su cose come l’amore e lavori di casa. Ho appena detto lavori di casa? Ho detto lavori di casa? L’ho fatto“.

Citando l’Harvard Grant Study, il più lungo studio longitudinale mai condotto, l’autrice sostiene che i bambini che crescono sapendo cosa voglia dire assumersi delle responsabilità tendono a essere propositivi sul posto di lavoro, a non attendere che qualcuno dica loro cosa fare e a rendere più leggero il lavoro dei propri colleghi. “Facendo fare dei lavoretti – come portare fuori la spazzatura o lavarsi i vestiti – imparano che devono fare la loro parte nella società”, ha detto la Lythcott-Haims a Tech Insider.

“Quella mentalità da tiriamoci-su-le-maniche, una mentalità che dice: c’è un lavoro sgradevole, qualcuno deve farlo, tanto vale che sia io; una mentalità che dice: iI mio sforzo contribuirà a migliorare il tutto, ed è quello che ti fa avanzare nel posto di lavoro. Lo sappiamo tutti. Lo sapete anche voi”.

 

2. Sono autorevoli, non autoritari (né permissivi)

Uno studio condotto dalla psicologa dello sviluppo Diana Baumride (University of California, Berkeley), pubblicato inizialmente negli anni ’60, sostiene che esistano principalmente tre tipi di approcci genitoriali:

Permissivo, in cui il genitore tende a evitare ogni tipo di punizione e ad accettare qualsiasi impulso, desiderio o azione del bambino. Questo tipo di genitore preferisce coinvolgere i bambini in ogni scelta della famiglia (anche quelle che dovrebbero spettare unicamente ai genitori) e tende a non affidargli responsabilità domestiche e a non incoraggiare l’obbedienza a regole esterne.

Autoritario, in cui il genitore cerca di modellare, controllare e giudicare il comportamento del figlio in base ad una serie di regole, di solito considerate assolute. Questo tipo di genitore vede nell’imposizione e nelle punizioni un valido strumento per svolgere il proprio compito educativo, tendendo a limitare l’autonomia del bambino e a farlo agire anche in contrasto con i propri principi, perché il bene supremo è seguire le regole.

Autorevole, in cui il genitore fa di tutto per indicare al figlio, attraverso la razionalità, la via da seguire. Questo tipo di genitore incoraggia il dialogo, spiega al figlio il perché delle scelte e ascolta il suo punto di vista, dando valore alla sua autonomia di pensiero pur mantenendo il ruolo decisionale nella vita della famiglia.

Il modello ideale è quello del genitore autorevole, il cui figlio crescerà con un sano nei confronti dell’autorità non sentendosi però schiacciato da essa.

3. Esortano i figli ad avere una vita sociale attiva

Dei ricercatori della Pennsylvania State University e della Duke University hanno seguito più di 700 bambini dall’asilo all’età di 25 anni, scoprendo una significativa correlazione tra le loro capacità sociali da piccoli e il loro successo da adulti.

Lo studio, durato 20 anni, ha mostrato che i bambini che sviluppano una socialità sana tendono a collaborare con i colleghi in modo spontaneo, ad aiutare gli altri, a comprendere i sentimenti altrui e a risolvere i problemi autonomamente molto di più di coloro che hanno abilità sociali limitate, in cui è stata invece riscontrata una maggior probabilità di essere arrestati, di bere e di candidarsi a bandi per le case popolari.

“Questo studio mostra che aiutare i bambini a sviluppare le proprie capacità emotive e sociali è una delle cose migliori che possiamo fare per prepararli ad un futuro sano”, ha dichiarato Kristin Schubert, program director della Robert Wood Johnson Foundation, fondazione che ha finanziato la ricerca.

4. Hanno alte aspettative

Utilizzando i dati di un sondaggio rivolto a 6600 bambini nati nel 2001, il professore della University of California Neal Halfon ha scoperto che le aspettative dei genitori nei confronti dei figli hanno un forte impatto sul raggiungimento dei loro obiettivi.

I genitori che aspirano a mandare i figli all’università sembrano fare di tutto per realizzare questo obiettivo, a prescindere dal loro reddito e da altri fattori”, ha dichiarato il professore.Un altro studio di psicologia ha scoperto l’effetto Pigmalione, secondo il quale “ciò che una persona si aspetta da un’altra persona potrebbe essere una profezia che si autoavvera”.

5. Avvicinano i figli alla matematica già dai primi anni

child technology

Uno studio realizzato nel 2007 su 35mila bambini in età prescolare ha scoperto che sviluppare abilità matematiche può rivelarsi un vantaggio non indifferente.

“Maturare precocemente capacità matematiche (e iniziare la scuola elementare conoscendo già numeri ed altri rudimentali concetti matematici) è di primaria importanza”, ha dichiarato il ricercatore G.J. Duncan. “Avere padronanza con la matematica porterà non solo a maturare successi nel campo matematico, ovviamente, ma anche nella lettura”. Lo studio non ha registrato il caso contrario, non ci sono cioè evidenze che avere padronanza nella lettura possa portare a buoni risultati in matematica.

 “Non stiamo certo sostenendo che i bambini in età prescolare debbano smettere di giocare per darsi agli esercizi”, ha dichiarato Duncan. “Ma integrare nozioni matematiche nei giochi può incentivare lo sviluppo di abilità cognitive in modo divertente e coinvolgente”.

6. Non considerano il fallimento un male assoluto

Father comforts a sad child. Problems in the familyNel suo celebre blog Brain Pickings, l’autrice bulgara Maria Popova cita l’opinione di alcuni esperti riguardo all’approccio che i genitori di figli di successo hanno verso i loro risultati. Ne emergono due mentalità dominanti:

Una “mentalità statica” ritiene che il carattere, l’intelligenza e l’abilità creativa non possano cambiare in modo significativo nel corso degli anni, sostenendo che il successo non sia altro che l’affermazione di queste intrinseche qualità. In questo caso ne consegue che evitare il fallimento è un modo per continuare a sentirsi brillanti e capaci.


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Una “mentalità dinamica” emerge durante le sfide e non considera il fallimento una dimostrazione di scarsa intelligenza, ma un incoraggiante trampolino di lancio per crescere e per sviluppare ancora di più delle abilità già esistenti.

Questo è vero soprattutto per i bambini. Se viene loro detto che hanno superato brillantemente una prova perché intelligenti, si alimenta la mentalità statica, che si focalizza sul mantenimento delle proprie capacità con l’obiettivo di evitare il fallimento. Se invece viene mostrato loro che il successo è dovuto al proprio impegno, questo incoraggia la formazione di una mentalità dinamica, che dà valore alla crescita.

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