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Ecco perché la Norvegia vince in tutti gli sport

Non solo sci: dal calcio all’atletica e perfino al beach volley, i segreti di un modello vincente già dalla scuola

Poco più di cinque milioni di abitanti, montagne basse, inverni lunghi e rigidi: la Norvegia, storicamente patria dello sci di fondo, sta vivendo una sorprendente trasformazione sportiva.
Dalla nazionale di calcio maschile – qualificatasi ai prossimi Mondiali di calcio in Nord e Centro America nel 2026 con un percorso perfetto fatto di otto vittorie su altrettante partite –  ai successi nello sci alpino e nell’atletica leggera, il Paese scandinavo si sta scoprendo forte anche dove un tempo non lo era.
Com’è riuscita una nazione che vanta il maggior numero di medaglie olimpiche vinte nella storia delle Olimpiadi invernali, imporre la sua supremazia nel girone di qualificazione estromettendo gli azzurri di Gennaro Gattuso?
Per trovare la risposta bisogna tornare indietro di circa quarant’anni: dal 1987 infatti la Norwegian olympic and paralympic committee and confederation of sports (Nif) ha redatto la propria Carta dei diritti dei bambini nello sport (Bestemmelser om barneidrett), anticipando i principi della Convenzione Onu sui Diritti del fanciullo del 1989. La Carta norvegese promuove esperienze sportive positive, la gratuità dei servizi sportivi, incoraggiando la multidisciplinarietà.
Come sottolinea Inge Andersen, Segretario Generale della Confederazione Norvegese per tredici anni «l’esposizione a diverse discipline sportive stimola abilità motorie diverse e ne alimenta lo sviluppo». In tutto il paese non sono ammessi campionati nazionali under 13, né la stesura di classifiche al termine di eventi sportivi.
E se le gare prevedono una premiazione deve essere garantita una medaglia per tutti i partecipanti. «L’ossessione per le gare e i risultati non deve mai prevalere sul divertimento e sulla salute dei bambini», spiega Andersen. Il sistema norvegese punta sulla partecipazione universale, non sulla ricerca del talento precoce. Le scuole integrano l’educazione fisica scolastica con attività extracurricolari offerte dalle società sportive: circa il 90% dei bambini dai 6 ai 12 anni pratica sport. Per fare un confronto diretto, l’Italia si colloca all’ultimo posto tra i Paesi più sedentari dell’area Ocse dove circa il 90% dei bambini e adolescenti non pratica sufficiente attività sportiva.
Negli stessi anni in cui veniva redatta la carta, la Norvegia fu scelta per ospitare le Olimpiadi invernali del 1994 a Lillehammer. L’evento divenne un punto di svolta: nacque l’ Olympiatoppen, un centro sportivo centralizzato di primissimo livello che permette ai migliori atleti di potersi allenare assieme, condividendo le conoscenze tra le diverse discipline sportive, promuovendo un ambiente collaborativo e ad alte prestazioni. Le Olimpiadi casalinghe offrirono la vetrina perfetta per mostrare i primi risultati di quel progetto: la tripletta nella combinata (discesa libera e slalom speciale) segnò per la Norvegia l’inizio di una lunga corsa alle medaglie nello sci alpino. Da Buraas ad Aamodt, fino ad arrivare al fenomeno del nuovo millennio Svindal, saranno ventotto le medaglie olimpiche conquistate fino ad oggi (furono solo quattro quelle conquistate nelle precedenti tredici edizioni); novantatré se si considerano anche le vittorie mondiali. Un risultato che colloca il paese scandinavo a ridosso di superpotenze come la Svizzera e l’Austria.
Se i successi sugli sci erano prevedibili — «i norvegesi nascono con gli sci ai piedi» recita un proverbio — più sorprendente è stata l’ascesa negli sport estivi. Emblematico il caso di Jakob Ingebrigtsen, mezzofondista capace di mettere fine al dominio africano sulle distanze che vanno dai 1500 metri ai 5000 metri, vincendo l’oro rispettivamente a Parigi e Tokyo, fino alle gare campestri. Della stessa caratura è Karsten Warholm, primatista mondiale e medaglia d’oro a Tokyo sui 400 metri ostacoli. Prima di diventare ostacolista, Warholm ha praticato diversi sport, incluso il decathlon, disciplina che più di ogni altra incarna la filosofia nordica: saper combinare forza, resistenza e tecnica. Non è un caso che proprio la Norvegia abbia vinto la medaglia d’oro nel decathlon alle scorse olimpiadi con Markus Rooth.
Persino nel beach volley, disciplina in apparenza lontana dalla cultura nordica, la Norvegia è diventata una potenza grazie alla coppia Anders Mol – Christian Sørum: un risultato insolito per un paese con un clima inadatto allo sport da spiaggia. La crescita è stata resa possibile grazie a strutture indoor all’avanguardia, che permettono allenamenti costanti anche durante l’inverno. I “beach vikings”, così soprannominati, hanno vinto un oro olimpico a Tokyo, un Campionato del Mondo e diversi titoli Europei (quattro tra il 2018 e il 2021), consolidando il loro status tra i giganti di questo sport.
Se si parla di identità nazionale norvegese, nulla può superare la passione di questo popolo per gli sport invernali. Ma un modello basato su partecipazione e multidisciplinarietà ha trasformato un Paese di cinque milioni di abitanti in una nazione capace di vincere ovunque.
Fonte: Jacopo Serrone | Avvenire.it

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