La speranza è un dono di Dio, ma va coltivata. Anche combattendo la buona battaglia e sperando che il male venga sconfitto. L’esempio del Venezuela
«C’è del buono in questo mondo, padron Frodo: è giusto combattere per questo!», disse Samvise Gamgee. Sì, è vero, ogni tanto qualcosa di buono si avvera. Per esempio, dopo il ritorno della festività di san Francesco a partire dal prossimo 4 ottobre, il 31 ottobre scorso è stata riaperta la cattedrale di Norcia, che era crollata nove anni fa durante il terremoto. È stata ricostruita come era prima, ed è una buona notizia, perché dimostra che si può ricostruire sulle macerie dei disastri naturali, ma è anche il segnale che si può ricostruire pure sulle macerie spirituali di una civiltà aggredita e abbattuta, che può rinascere perfino migliore se gli uomini mettono in gioco la loro libertà e Dio lo permette.
Tanti uomini hanno partecipato a questa ricostruzione, tante autorità locali e nazionali, ma anche tutti quelli che hanno lavorato e pregato perché questo avvenisse: hanno combattuto, come disse Sam nel Signore degli anelli, e hanno ritrovato un mondo che sembrava perduto, come nel romanzo di Tolkien è stato il ritorno nella Contea dopo avere portato a termine la missione dell’anello.
Hanno combattuto, appunto. Forse è questo il punto più difficile. Non siamo pelagiani e sappiamo che non è la nostra lotta che porterà alla vittoria contro il male, come ha insegnato anche il recente Magistero di Papa Francesco. E tuttavia, senza il modesto contributo dell’uomo non si può pensare che il bene trionfi nella storia, se non attraverso un continuo miracolo di Dio. Ma Dio, normalmente, si serve delle cause seconde, cioè degli uomini. Uomini che non si sono voltati dall’altra parte, che non hanno imprecato contro la sorte per poi non fare nulla, uomini coraggiosi che si sono messi a disposizione.
Il male non si vince senza combattere. Vale per ciascuno di noi. Noi non saremo mai fedeli, casti, coraggiosi, devoti senza l’aiuto della Grazia di Dio, ma neppure senza chiederla, con pazienza e costanza, rialzandoci quando sbagliamo e ringraziando Dio quando riusciamo a fare qualcosa di buono.
E allora, siamo onesti anche quando osserviamo e giudichiamo le grandi vicende internazionali. Per fare l’ultimo esempio, non pensiamo di potere sconfiggere la diffusione della droga senza andare a combattere i trafficanti, eliminando il commercio, come sta cercando di fare il presidente americano contro i narcos venezuelani. E non pensiamo di potere fermare, o limitare almeno, la penetrazione della droga nelle nostre scuole e famiglie senza l’impiego della forza contro autentici eserciti di trafficanti. E se questa battaglia per difendere il futuro dei nostri giovani dovesse costare la fine del regime terroristico e socialista di Nicolas Maduro, non credo dovremmo avere alcun dispiacere, se amiamo la libertà veramente, perché non si può dare il Premio Nobel per la pace alla principale oppositrice di Maduro, costretta a vivere in clandestinità, cioè a Maria Corina Machado, e poi non aiutare concretamente un popolo a liberarsi dalla dittatura.
Il Venezuela è stato il Paese dove si è maggiormente verificato il tentativo di costruire il “socialismo del XXI secolo” in America Latina, dopo il 1989 e la fine dell’Urss. Il tentativo ruotò intorno alla figura del generale Hugo Chavez (1954-2013), che sfruttò le diverse contraddizioni della società latino-americana, come la povertà, l’assenza di una classe media e le diverse ingiustizie sociali, per avviare una rivoluzione nel nome di Simon Bolivar (1783-1830), il principale eroe nazionale. Chavez morì nel 2013 e venne sostituito dal suo autista, Nicolas Maduro, che ha portato il Paese più ricco dell’America Latina alla fame, al volontario esilio di circa sette milioni di venezuelani nel 2022, per stare ai dati accertati, più quelli che sono stati costretti ad andarsene dal regime nel corso del tempo.
Oggi il socialismo del XXI secolo non attrae più, ma è rimasto il potere nelle mani di Maduro, quello militare, ma anche e soprattutto quello che viene dal traffico di droga. Poi ci sono i suoi alleati internazionali. Nei giorni scorsi, di fronte agli attacchi militari statunitensi alle imbarcazioni dei trafficanti e alle minacce dirette al regime, Maduro ha chiesto aiuto ai suoi amici, a Cina, Russia, Corea del Nord e Iran. Così tutti hanno potuto capire che l’’«asse del male» esiste veramente, è una vera e propria alleanza ideologica, politica e militare, anche se bisogna capire se a cinesi e russi converrà difendere fino in fondo il loro alleato. Tutti, però, hanno potuto rendersi conto di dove può condurci la pressione anti-occidentale che è presente nel mondo, anche nelle nostre piazze. Sono rimasti impressi nella memoria gli esempi tragici di Tienanmen 1989, l’invasione dell’Ucraina nel febbraio 2022, la fine dell’indipendenza di Hong Kong dopo la fine delle proteste del 2019-2020, la repressione in Venezuela dopo il non riconoscimento della vittoria dell’opposizione alle elezioni del 28 luglio 2024. Questo per fare solo alcuni esempi. Sperare e operare che questo “asse del male” si spezzi è una buona cosa, di cui andare fieri.
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