Esiste tra i cattolici impegnati in politica una divisione che non ha senso. Un luogo di discussione pre-politico, unitario, sarebbe già possibile
Leggo che alcuni cattolici impegnati in politica nel centro-sinistra sono intervenuti su quanto ha detto Giorgia Meloni al Meeting di Rimini, mi sembra un po’ stizziti dal fatto che la premier si sia rivolta espressamente al popolo lì presente sulla questione della presenza dei cattolici, suscitando, tra l’altro, molti applausi.
Ad esempio, Franco Monaco, che di solito è il più “cattivo” nel giudicare i politici cattolici militanti nel centro-destra, sottolinea che il mondo cattolico è più vasto di quello presente a Rimini ed elenca tutti i temi affrontati dal governo Meloni sui quali i cattolici dovrebbero dissentire, ma dimenticando che la sua parte politica arriva addirittura a teorizzare il diritto all’aborto, a promuovere leggi a favore dell’eutanasia e del suicidio assistito, a tollerare il propagarsi della cultura gender, a non tutelare la famiglia soprattutto nella sua responsabilità educativa e così via.
Rosy Bindi, di solito molto divisiva, invita la premier a non esserlo in relazione ai dibattiti interni al mondo cattolico. Gianni Cuperlo sottolinea che la sinistra accoglie i cattolici, come Bergoglio, dimenticando, anche lui, che proprio papa Francesco ha usato parole durissime e inascoltate in tema di aborto, di vita, di pensiero gender e di tutte le problematiche antropologiche.
Il più equilibrato, come al solito, è stato Graziano Delrio, il quale ha ammesso che l’attuale Pd non riesce a dialogare con chi ha pensieri diversi dai propri, cosa che invece Giorgia Meloni riesce a fare.
Insomma, l’intervento della premier ha avuto l’effetto, tra l’altro, di mettere ancora una volta in mostra la divisione esistente tra i cattolici impegnati in politica: semplificando al massimo, nell’ambito di una semplice lettera, si può dire che i cattolici impegnati nel centrosinistra sono più portati a sottolineare le problematiche “sociali” (con in testa i problemi dell’immigrazione), mentre i cattolici impegnati nel centrodestra sono più sensibili verso le problematiche “antropologiche” (con in testa i problemi della vita e della famiglia). Potrei sommessamente dire che tale tipo di divisione esiste anche in chi guida le comunità ecclesiali.
A fronte di questa situazione, vorrei ribadire una proposta, anche se mi pare che finora abbia lasciato indifferenti un po’ tutti; una proposta dettata dal fatto che Cristo stesso, prima di essere portato alla morte, pregò il Padre per una sola cosa e cioè per l’unità dei fedeli cristiani, perché solo la loro unità testimonia la Sua reale presenza. Ma come fare unità se oramai, in via irreversibile mi pare, i cattolici impegnati in politica militano in partiti diversi?
Di recente Papa Leone XIV, parlando ad un gruppo di politici francesi, ha dato loro un (unico) consiglio molto preciso, quello di “unirvi sempre più a Gesù, di viverlo e di testimoniarlo” perché “non c’è separazione nella personalità di un personaggio pubblico: non c’è da una parte l’uomo politico e dall’altra il cristiano”.
E proprio per questo il consiglio si fa molto stringente: “Siete dunque chiamati a rafforzarvi nella fede, ad approfondire la dottrina – in particolare la dottrina sociale – che Gesù ha insegnato al mondo”. Quindi, i cattolici tutti, sia quelli di sinistra che quelli di destra, hanno un punto di vista ineludibile e già da tempo esistente: la dottrina sociale della Chiesa.
Occorrerebbe, allora, un “luogo” in cui i cattolici impegnati in politica possano incontrarsi per verificare fraternamente quei punti, evidenziati dalla dottrina sociale e dall’esperienza vitale, che tutti dovrebbero assumere come obiettivi per i quali lottare, in qualunque parte politica ognuno sia impegnato.
In questo luogo si potrebbe constatare che, probabilmente, su molte tematiche (o almeno su alcune) potrebbe esserci più unità di quanto oggi appaia. I cattolici di “destra” potrebbero diventare più sensibili sui temi dell’immigrazione, mentre quelli di “sinistra” potrebbero ragionare più liberamente sui temi della vita e dell’educazione.
La proposta, quindi, è quella di costituire questo luogo prepolitico nel quale i cattolici possano liberamente discutere per individuare le inevitabili battaglie comuni. Un luogo che potrebbe nascere anche sotto l’impulso dei vescovi, custodi istituzionale della nostra unità. Perché no?
Non riesco ad arrendermi al fatto che esista una divisione che molti ormai considerano irreversibile. Perché, allora, non immaginare qualche strumento nuovo e coraggioso? I cattolici già crearono qualcosa di simile quando addirittura era loro impedito di impegnarsi in politica (l’Opera dei congressi). Perché non pensare a qualcosa di nuovo, utile in questi tempi nuovi? L’unità intorno alla dottrina sociale della Chiesa potrebbe essere un buon punto di partenza. Perché non tentare?
Fonte: Giuseppe Zola | IlSussidiario.net