“Dobbiamo prima ascoltare Dio e se lo ascoltiamo faremo tutto ciò che è necessario, ma con l’atteggiamento giusto.” Con queste parole, il Cardinale Pierbattista Pizzaballa, Patriarca latino di Gerusalemme, ha rivolto una potente omelia alla comunità cristiana di Gaza domenica 20 luglio, durante la celebrazione della Messa nella chiesa della Sacra Famiglia. Un gesto di altissimo valore pastorale e umano, a due giorni dalla visita congiunta a Gaza con il Patriarca greco ortodosso Teofilo III, testimonianza tangibile della comunione tra le Chiese di Terra Santa e della loro vicinanza al popolo palestinese duramente colpito dal conflitto.
“Non dobbiamo permettere che le cose da fare determinino ciò che dobbiamo fare”, ha detto il Cardinale, in riferimento alle innumerevoli urgenze che affliggono la popolazione. “L’amore di Dio in noi deve determinare ciò che dobbiamo fare. La prima cosa di cui abbiamo bisogno, a Gaza come ovunque, non è tanto risolvere tutti i problemi – cosa impossibile – ma dare espressione all’amore che è in noi. E l’amore in noi dovrebbe essere prima di tutto l’amore di Dio.”
Il Patriarca ha voluto incoraggiare la comunità a rimanere salda e viva, sottolineando: “In questo mare di morte, di distruzione, la vita è presente. Ovunque ci sia qualcuno disposto a dare la vita per l’altro, Dio è presente.” Un messaggio forte e commovente, scandito da un improvviso rumore di esplosione durante l’omelia stessa, simbolo tangibile del dramma quotidiano che si vive nella Striscia.
Pizzaballa ha anche affermato con determinazione che “faremo tutto il possibile per fermare questa guerra insensata”. Ha assicurato ai fedeli che, tornato a Gerusalemme, si impegnerà perché la voce delle Chiese sia ascoltata: “Non siete dimenticati. Siete nel cuore di tutte le Chiese e di tutti i cristiani del mondo.”
Nel commentare la visita patriarcale, ha ricordato: “Le altre Chiese di Gerusalemme sono un po’ gelose di me e del Patriarca Theophilos, perché tutti avrebbero voluto essere qui. Questo per dire che tutti sono presenti con voi in spirito e pronti a sostenervi.”
Un’omelia che ha unito il coraggio della fede, la forza della testimonianza e la concretezza della carità pastorale. E che si è conclusa con un sorriso: “La prossima volta che verremo qui, gusteremo Mansaf, Mashawi e anche bouza (gelato).” Una promessa di ritorno, di speranza e di vita, anche in mezzo alla devastazione.
Fonte: Lorenzo Bertocchi | IlTimone.org