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Il film su Carlo Acutis che spopola negli Usa: «L’ho girato per i giovani»

Successo statunitense per la pellicola diretta da Tim Moriarty e disponibile sulla piattaforma streaming Credo. Il “santo di internet” insegna a rimanere connessi alla realtà

Con un lessico da spaghetti western si direbbe che Carlo Acutis, il beato milanese morto nel 2006 all’età di quindici anni per una leucemia fulminante, abbia conquistato l’America. Nell’ultimo anno, decine di migliaia di statunitensi, in oltre mille proiezioni in tutto il Paese, hanno ripercorso la sua vita nel film “Carlo Acutis: la via al reale”, diretto da Tim Moriarty e ora disponibile in tutto il mondo sulla nuova piattaforma Credo. Per 90 minuti la pellicola si muove lungo due binari narrativi: quello del beato, dipinto dalle testimonianze dei suoi amici, e quello di un gruppo di studenti statunitensi in viaggio verso Assisi, dove si trovano a pregare sulla tomba di Carlo Acutis. Il fil rouge tra i due piani, secondo il regista, sarebbe nelle domande che milioni di adolescenti ancora rivolgono al beato: «I giovani soffrono di dipendenza dalla tecnologia – racconta Moriarty ad Avvenire – spesso sono isolati, appiccicati ai loro schermi, da cui traggono un profondo disagio. Ma Carlo, il santo di internet, ci insegna a rimanere connessi alla realtà anche in un ambiente digitale che ci vuole intrappolare. Il film ha tentato di raccontare anche questo».

Tim Moriarty, non siamo abituati a vedere oltreoceano un’attenzione così diffusa per un adolescente italiano, che ancora deve essere proclamato santo. Lei si ricorda quando ha sentito parlare di Carlo Acutis per la prima volta?

Certo. Era il 2020 e lo stavano beatificando, ma ancora non sapevo molto di lui. Ne avevo sentito parlare su qualche notiziario cattolico: ho pensato che fosse una bella storia ma non mi sono soffermato sui dettagli. Le cose sono cambiate l’estate scorsa.

Cosa è successo?

Che ho incontrato la madre di Carlo. La signora Salzano stava facendo un vero e proprio tour negli Stati Uniti, quando si è fermata a Beaumont, in Texas, dove il vescovo David Leon Toups aveva intitolato una cappella ad Acutis. Fu la prima volta che la incontrai ma, più di quel che disse lei, mi stupì la platea: era piena di giovani che dicevano che Carlo fosse il loro santo preferito. Lo conoscevano tutti.

Quando è nata l’idea del film?

A dire il vero, non è mia. Un benefattore ce lo chiese in Texas, sempre l’estate scorsa, dopo aver visto un documentario che avevamo girato sull’Eucarestia. Anche quello ebbe un successo straordinario: il terzo documentario per incassi negli Stati Uniti. Fu una sorpresa, ma ci fece capire l’attenzione che c’è per questi temi. Insomma, questa persona, la stessa che costruì il campo estivo dove si trova la cappella intitolata a Carlo, ci chiese il film. E la madre di Acutis ci diede lo spunto per il tema.

Ovvero?

Quando le parlai, fu molto chiara sul fatto che Carlo fosse esperto di tecnologia e digitale, come è noto. Ma ci descrisse anche la sua moderazione nell’uso dei media digitali e la convinzione che potessero essere strumenti potenti, ma anche in grado di nascondere pericoli. È stata una prospettiva interessante per noi: ci siamo chiesti non tanto come girare una biografia, ma cosa avesse da dire la vita di Carlo ai giovani di oggi, che continuano a raccontarci di come soffrono per la dipendenza dalla tecnologia. C’è una frase di Gilbert Keith Chesterton che spiega bene la nostra sensazione: “Ogni generazione è convertita dal santo che più la contraddice”.

Presentando il film, ha parlato di “ferita collettiva” dei giovani. A cosa si riferisce?

Negli Usa uno studio ha dimostrato che circa il 42% dei giovani riferisce di provare persistenti sentimenti di depressione e disperazione. Questo significa che quasi la metà dei giovani sotto i 18 anni sta lottando con se stessa. Perciò, credo che la storia di Carlo abbia una eco che va oltre il pubblico cattolico: riusciva a resistere a molte delle pressioni del mondo esterno, che possono distorcere il nostro senso di realtà e finire per lasciarci in uno stato di tristezza o depressione. Molti hanno portato al cinema amici non cattolici, che hanno detto di essere stati toccati profondamente da questa storia che parla del nostro rapporto con la tecnologia. Non è un caso che il nuovo papa Leone XIV, americano anche lui, abbia subito iniziato a parlarne. Speriamo che riveli già a giugno la nuova data della canonizzazione.

Trova un legame tra i due?

Oggi, come ha detto il Pontefice, viviamo nell’epoca dell’intelligenza artificiale. Che può essere una risorsa, ma anche una minaccia alla dignità umana. Carlo Acutis non l’ha vista nascere, ma aveva capito che la tecnologia, pur pericolosa, si può redimere tentando di sovvertire il modo con cui gioca con la nostra attenzione e ci distrae dalla realtà.

Fonte: Andrea CeredaniAvvenire.it

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