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DE GASPERI/ Coraggio, pazienza, amicizia politica, cosa ci serve per salvare la nostra democrazia

A Bologna, Palazzo d’Accursio, è aperta fino al 23 dicembre la mostra “Servus Inutilis. Alcide De Gasperi e la politica come servizio”

La storia ha collocato Alcide De Gasperi alla frontiera tra passato e futuro. E il compito che si era accollato è stato quello di guidare l’Italia fuori dal deserto in cui si era smarrita. Non lo dice chi scrive, qui, ma un arcivescovo, grande conoscitore di De Gasperi: Ivan Maffeis, in una profonda lectio tenuta l’anno scorso a Pieve Tesino. Forse siamo di nuovo su quella frontiera, non solo l’Italia ma tutta l’Europa. A chi obiettasse che una lettura apologetica di De Gasperi, da parte di un vescovo cattolico, sia in definitiva scontata, invitiamo a leggere questa lectio straordinaria.

C’è in essa un filo conduttore ed è la dimostrazione che De Gasperi fu profeta. Capace di vedere più lontano, capace di gettare i semi dell’Italia (e di una Europa) che sarebbe venuta e di solidificarne le fondamenta democratiche; capace di guidare un mondo cattolico, ancora incerto, pienamente addentro alla democrazia, senza incorrere in bigottismi, ma anche senza nascondere le proprie radici cristiane. Come tutti i veri profeti, De Gasperi pagò un prezzo a questa sua vocazione, a cominciare dal carcere.

Soprattutto non vide i frutti, la “terra promessa” di una prosperità italiana, esplosa dopo la sua morte, della quale aveva contributo in modo determinante a creare le premesse. Maffeis ha saputo guidarci alla comprensione della capacità dello statista di vivere “l’amicizia politica” come anima della democrazia.

Alcide De Gasperi (d), presidente del Consiglio, stringe la mano al generale USA Dwight Eisenhower al Viminale, 18 gennaio 1951 (Ansa)

Concordia nella discordia, ma senza rese ideali, ben sapendo “che sarebbe venuto il tempo delle scelte di campo”. Difensore senza tentennamenti del principio cardine della libertà, ha consapevolmente indicato che la sorgente della democrazia non può essere in un comandante in capo, ma “nella comunità”. Ed è anche per questa ragione – come indica l’arcivescovo – che “il partito per lui non era un mito, il nuovo Principe, bensì uno strumento per tenere unite le comunità e soprattutto per motivarle”.

Del resto, per De Gasperi, è l’alveo parlamentare lo spazio privilegiato dove scorrono libertà e democrazia. Se la democrazia si riducesse alla certificazione di un esito elettorale – questa è un’ulteriore lezione degasperiana – non avrebbe risorse per contrastare chi volesse impadronirsi del voto. “In democrazia – diceva nel 1949 – non bisogna scoraggiarsi: lo scoraggiamento è il pericolo principale delle democrazie. La pazienza è la virtù dei riformatori”.

Quello scoraggiamento allarmante è forse oggi nel vasto astensionismo elettorale che ci affligge.  Quanto alla “pazienza” del riformatore, è una citazione che ricorre nella preziosa mostra sul politico trentino Servus Inutilis. Alcide De Gasperi e la politica come servizio presente fino al 23 dicembre in Palazzo d’Accursio a Bologna. È una mostra che fa pensare a quanto servirebbe, oggi, un “servitore” del bene comune come De Gasperi.

Fonte: Gianni Varani | IlSussidiario.net

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