È in crescita in tutti i gruppi professionali la richiesta di soft skills da parte delle imprese. Qualità come creatività, pensiero critico, intelligenza emotiva, capacità relazionale sono tra il 34 e il 58% delle skills richieste nelle offerte di lavoro. Lo rileva la ricerca di Randstad Research e Fondazione per la Sussidiarietà (FpS), “Nuovi modelli per il lavoro: cresce la domanda di significato e di sviluppo professionale” in cui sono stati esaminati 5,4 milioni di annunci di lavoro pubblicati online in Italia nel 2019 e nel 2023.
QUALITÀ UMANE Le soft skills sono tra il 34 e il 50% delle skills richieste per le professioni di alto e medio livello di skill; tra il 24 e il 26% per artigiani e operai specializzati; il 58% per le professioni non qualificate. Nella lunga fase di cambiamento introdotta dalla pervasività del digitale e dell’intelligenza artificiale, insieme all’acquisizione di competenze tecniche avanzate (programmazione, analisi dei dati e gestione dei sistemi AI), cresce il bisogno di qualità umane che l’IA non può facilmente replicare, e che, nello stesso tempo, permettono di continuare ad apprendere nel modo rapido, flessibile, proattivo che le trasformazioni in atto richiedono.
LAVORO E VITA Un ulteriore fenomeno a cui si sta assistendo nel mondo del lavoro dalla fine della pandemia è una crescita delle dimissioni volontarie dal posto di lavoro e, più in generale, della mobilità dei lavoratori. Questo fatto è più evidente per i giovani (fino a 34 anni) e per i lavoratori senior (età maggiore di 55 anni) per i quali i contratti a tempo indeterminato cessano entro 3 anni (per i primi al 55% e per i secondi al 48%). La ricerca di un “posto migliore” è guidata da alcuni fattori: equilibrio tra lavoro e vita privata, atmosfera di lavoro piacevole e retribuzione-benefits. Questi driver sono considerati importanti da più del 50% dei lavoratori intervistati.
POLITICHE DI RICERCA DEL PERSONALE. In questo contesto, anche a causa della persistente difficoltà nel trovare personale, molte aziende stanno ridefinendo le loro politiche di employer branding. Quasi la metà degli annunci di lavoro pubblicati dalle imprese (48%, era il 35% nel 2019) indica almeno uno dei fattori tra quelli più richiesti dai lavoratori: il percorso di carriera è indicato nel 30% delle offerte (era il 29% nel 2019), nel 31% compare la retribuzione-benefit (welfare aziendale, premio di produzione, assicurazione sanitaria) (era solo il 19% cinque anni fa), nel 22% l’equilibrio vita-lavoro (contro l’11% del 2019).
MISMATCH. “Il nostro mercato del lavoro si caratterizza per due mismatch: la scarsità di lavoratori per effetto degli andamenti demografici e un gap fra le competenze richieste dal sistema produttivo e la formazione dei giovani – afferma Marco Ceresa, Group CEO di Randstad Italia -. In questo, esaminando gli annunci di lavoro post pandemia, risulta evidente il tentativo di promuovere opportunità con caratteristiche considerate rilevanti dai lavoratori”. “La ricerca suggerisce che un’occupazione non è solo una necessità per la sopravvivenza, ma anche uno strumento di costruzione dell’identità personale e sociale – commenta Giorgio Vittadini Presidente della Fondazione per la Sussidiarietà. Rimettere la persona al centro dell’economia è la grande sfida di questa epoca”.
Indagine condotta su 2,5 milioni di annunci sul web. L’evoluzione delle competenze richieste e il mismatch tra domanda e offerta. Quali politiche attive mettere in campo? Gli esempi di Next e P&G Italia
Fonte: Sussidiarietà.it