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Per Baglioni, 40 anni dopo, «la vita è ancora adesso». Con Lampedusa nel cuore

Il cantautore romano fa uscire con nuovi arrangiamenti lo storico disco. Fu il disco dei record ancora insuperato: 4 milioni e mezzo di copie vendute. Dal 27 settembre il tour, partendo dall’isola

L’8 giugno 1985, noi ragazzi del muretto, liceali ormai in trepidante attesa dei quadri di fine anno, ingannavamo quel tempo di ricreazione mettendoci in fila davanti all’unico negozio di dischi della città per acquistare La vita è adesso, l’ultimo album di Claudio Baglioni. L’ultimo disco, dell’allora 34enne cantautore romano in piena ascesa, destinato a diventare il 1° in assoluto: La vita è adesso con 4 milioni e mezzo di copie vendute (comprese quelle dei ragazzi del muretto di provincia) è ancora oggi l’album più venduto nella storia della discografia italiana. Per quasi sette mesi, 27 settimane, le 10 canzoni dell’opera baglioniana, allora ci si appellava al 33 giri, rimasero ai vertici della hit parade. Un fenomeno senza precedenti che venne suggellato da un tour, Notte di note (titolo parziale di uno dei dieci brani, Notte di note, note di notte) che fu un’autentica apoteosi: 50 concerti negli stadi con oltre 1 milione e mezzo di spettatori. Con il gran finale del tour, il 20 settembre 1985, allo stadio Flaminio di Roma, Baglioni stabilì un altro primato: il suo fu il primo concerto di musica leggera trasmesso in diretta televisiva dalla Rai. “Cucaio” venuto dal mare e cresciuto nella Roma popolare, dal civico 51 di Monte Sacro, dove «tutto cominciava», si era definitivamente consacrato al rango del divo Claudio del pop romantico italiano. Per scrivere quell’album perfetto prima che in classifica era salito, «ogni giorno, per due mesi e mezzo», fino all’osservatorio di Monte Mario e lì, seduto al tavolino di un bar («infatti l’album si sarebbe dovuto chiamare “Un bar sulla città” ») con davanti a sé l’incanto della Città Eterna aveva concepito questi dieci “comandamenti” baglioniani. L’ex ragazzo triste e smilzo come un pino di Roma, «mi chiamavano Agonia», che con gli occhiali neri spessi come un bicchiere a 21 anni aveva scritto Questo piccolo grande amore – l’inno degli innamorati riconosciuto come “Canzone del secolo”, scorso – era ormai un uomo maturo. Padre dall’82 (al suo figlio unico Giovanni oggi virtuoso della chitarra, aveva dedicato la magnifica Avrai) con la paternità aggiunta di questo concept aveva composto la colonna sonora della generazione degli anni ’80. Mentre Vasco Rossi aveva regalato a quell’infinita provincia che è l’Italia il suo sogno rock, Baglioni con La vita adesso a quello stesso Paese reale aveva fatto dono delle emozioni che seguono il battito di ogni cuore. Edmondo Berselli, classe 1951 anche lui, come il divo Claudio, prima di andarsene via per sempre (nel 2010) nel suo imprescindibile Canzoni. Storie dell’Italia leggera (il Mulino) ha mirabilmente spiegato le ragioni di questo successo nazionalpopolare del divo Claudio.

«Se la gente si emoziona è perché almeno per qualche ora condivide all’unisono l’ideologia di Baglioni, il suo romanticismo, la capacità di soffrire e di gioire, e perfino di ammutolire, dispiegando la voce. Quando la folla si sgola con lui, è tutta l’Italia dei grandi sentimenti che si commuove. L’Italia passionale, l’Italia del cuore, un paese corale, “cantante” ». I ragazzi del muretto si sono diplomati e laureati cantando Baglioni. E poi «quegli amori a cavalcioni sul muretto si sfiniscono di baci» degli Amori in corso sono diventati adulti, padri e madri di famiglia che non hanno mai smesso di cantare e di credere che La vita è adesso. È una piccola chiesa laica quella che il francescano Claudio – memorabile la sua interpretazione de Il cantico delle creature nel film Fratello sole e sorella luna di Franco Zeffirelli – ha reso perennemente “cantante”, facendola pregare due volte, come voleva Sant’Agostino, da sola e assieme a Baglioni. Il suo capolavoro è un disco nostalgico, «con una sola canzone d’amore e che canta tanti altri», sottolinea il cantautore. Nostalgia come le «notti blu dei benzinai» perché ad ogni passo ci ricorda una giovinezza tragicamente viva. Baglioni canta un mondo che, oggi come ieri, è pieno di Uomini persi fatto di «cristi caduti giù senza nome e senza croci». E tante sono state le croci piantate in terra in quegli anni bucati che ha visto la sparizione di una grossa fetta di gioventù uccisa da «quelli che comprano la vita degli altri vendendogli bustine è la peggiore delle vite».

Nostalgia di un’adolescenza trascorsa tra i libri, inseguendo un pallone come Un treno per dove. Pomeriggi della vita passati ad ascoltare le partite alla radio «nell’inverno che passa basso in cielo» di Tutto il calcio minuto per minuto e quelle sere domestiche, davanti alla tv, con E adesso la pubblicità a spezzare ancora un quotidiano da «oggi è quasi un secolo di noia», in cui «tua madre si rammenda qualche ruga e una domanda di dolcezza che porta in tavola e va via». La vita è adesso è un racconto dolceamaro ma carico di speranza per Un nuovo giorno o un giorno nuovo , ma anche una promessa per il futuro che certi valori come l’amicizia resisteranno sempre anche all’incessante logorio di questo tempo folle e malato. «L’amico e una finestra sola per contenere tutto il mondo», canta Baglioni in L’amico e domani. E viene voglia di rintonarle tutte queste gocce sapienziali, piccole e grandi perle di scrittura musicata che per il 40° compleanno de La vita è adesso Baglioni ha rivestito con nuovi arrangiamenti, avvalendosi di 21 musicisti e coristi registrando presso i mitici Forum Studios di Roma e aggiungendo in coda all’album l’onirica e speranzosa, l’inedita undicesima traccia, Il sogno è sempre. «Il sogno è quello di avere sempre un sogno. Il sogno è una scommessa sulla vita, è l’orizzonte che non si conquista mai perché si muove continuamente davanti a noi, ma il fatto di non raggiungerlo fa sì che resti comunque un faro sempre acceso», spiega il divo Claudio presentando l’album che torna oggi 6 giugno con il titolo La vita è adesso, il sogno è sempre (Sony Music).

Dentro al disco tornano, quarant’anni dopo anche le meravigliose foto-ritratto di Toni Thorembert. E per i baglionani, categoria collezionisti, il 18 giugno Edizioni Curci pubblica un cofanetto super deluxe, in edizione limitata a 1000 copie che include 3 contenuti speciali: il libro d’artista dell’illustratore Emiliano Ponzi che interpreta nel suo stile i testi dell’album, il doppio vinile nero, con booklet dell’album edizione anniversario Sony Music Italy e la cartolina d’autore autografata. La vita è adesso che da quarant’anni in qua chiude i concerti di Baglioni è pronta farsi ricantare e a sorprendere lo stesso autore che non ha una risposta sul perché è ancora l’album dei record. «La vita è adesso è un disco che con gli anni ‘80 sanciva il ritorno al privato, ognuno poteva essere una persona da raccontare. Infatti c’è una sola canzone d’amore e per il resto è un disco che parla di tanti. Il successo che ha avuto ha spiazzato anche me che sono stato smentito perché credevo che fosse un disco che non avrebbe avuto successo. Tant’è che anche l’uscita fu ritardata, per la disperazione dei negozianti – sorride Baglioni. Il giorno dell’uscita sulla vetrina di un negozio di dischi lessi la scritta: “Finalmente l’ultimo di Baglioni è arrivato”.

«Spiegazioni sul grande impatto che ha avuto ripeto non ne ho, ma scrivendo le canzoni de La vita è adesso capì una cosa importante: l’ideale è finire un lavoro e per portarlo a termine al meglio spesso basta anche solo una stanza piccola e puzzolente senza una finestra e quindi senza la possibilità di vedere niente». Il prossimo viaggio artistico di Baglioni infatti sarà alla ricerca di un nuovo “vedutismo”. «Siccome il ricordo è un grande falsario, allora mi piacerebbe fare un viaggio documentato, fotografico, per mettere assieme tutti i clic scattati da quando ho cominciato il mio viaggio con la musica». Un viaggio partito a 13 anni da Centocelle fino al prossimo sbarco che avverrà nell’Isola che ha eletto a suo luogo elettivo, Lampedusa. L’anteprima del tour di 40 date, «forse il mio ultimo giro» – ribadisce il cantautore che ha già annunciato che nel 2026 si ritirerà dalle scene – sarà proprio lì dove nel 2003 organizzò il Festival “O’ Scià”. «Il concerto probabilmente lo faremo in quel campo sportivo che dà sul Porto Nuovo in cui fece la sua prima visita ufficiale papa Francesco. E noi “lampedusani” – sorride Baglioni – avemmo l’onore di conoscere il Papa prima degli altri». Il sogno, come il viaggio del divo Claudio, continua.

Fonte: Massimiliano Castellani  | Avvenire.it

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