Sopra La Notizia

L’ottimismo è un fiore che appassisce, la speranza cristiana una roccia nella tempesta

Sperare secondo il Vangelo significa scegliere di guardare alla propria croce non vedendo una sconfitta ma con lo sguardo di chi in quella oscurità scorge una Luce che non si spegne. Perché ha già vinto.+

L’ottimismo del mondo è un fiore di serra. È bello da ammirare, quando il sole è alto e il clima è mite. Fiorisce nelle stagioni calme, se la storia sembra procedere per il meglio, il progresso umano sembra inarrestabile e le tragedie sono solo remote notizie di giornale. Questo ottimismo secolare canta inni al futuro, crede nel potere di auto redenzione dell’uomo: “risolveremo tutto con la tecnologia” -, è la voce sussurrata e allucinante.
Basta però una folata di vento gelido, una di quelle tragedie che squarciano il velo della civiltà – una guerra, un tradimento, un male inspiegabile – e quel fiore appassisce all’istante. Il suo stelo tenero si spezza sotto il peso della cruda realtà. Allora il suo canto si trasforma in un lamento, e poi in un silenzio amaro. Naufraga nel disincanto. Perché di fronte al male assoluto, all’ingiustizia che divora l’innocente, alla morte che tronca ogni progetto, l’ottimismo del mondo non ha una risposta. Può solo constatare il fallimento, voltare lo sguardo o cadere nella disperazione. È una speranza che ignora l’abisso, e per questo, quando lo incontra, ne viene inghiottita.
Poi c’è un’altra Speranza, quella che guarda in faccia l’abisso. Non è un sentimento effimero, non un’aspettativa basata sui calcoli probabilistici del mondo. È una virtù tenace. Si esercita, come un muscolo, proprio contro ogni disincanto. La sua palestra è il buio. La sua fonte è un evento che ha cambiato per sempre la grammatica della storia: la Croce.
La luce che emana dalla Croce è totalmente altra. Non è il riflettore accecante che nega l’esistenza dell’ombra, che dice “non è successo niente”, o “il male non esiste”. Al contrario, è una luce che sceglie liberamente di calarsi nell’oscurità più profonda, di penetrarla e di abitarla. È la luce di un Dio che, di fronte al male del mondo, non ha offerto una teoria filosofica ma un corpo. Il corpo di Cristo che ha assunto su di sé tutto il peso del male, dell’odio, dell’ingiustizia, dell’abbandono. Morendoci dentro. Ecco il capovolgimento radicale: la Speranza non evade dal male, lo affronta in pieno. Lo guarda negli occhi mentre scende il buio del Venerdì Santo. Non lo ignora, non lo minimizza. Lo conosce intimamente, perché l’ha vissuto sulla propria pelle.
Quel corpo appeso non reagisce con la forza che schiaccia ma con la forza, infinitamente più potente, che perdona: «Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno». È il perdono che non cancella il male come per magia, ma lo disinnesca, gli toglie l’ultima parola, ne spezza la catena di vendetta. Trasforma il male dal di dentro, inoculandovi l’antidoto dell’Amore.
È questo il “genio del cristianesimo”. È il nucleo incandescente della sapienza dell’Illuminismo Cristico che attinge dalla Croce il suo sapere: la luce della Croce è una luce che illumina l’abisso dall’interno. Non dall’esterno, come un faro lontano che indica la via per evitarlo. Dall’interno, piuttosto, come una lanterna nelle viscere della terra: nel luogo di massima disperazione, la presenza di Dio può abitare e trasformare, perché non esiste abisso tanto profondo da non poter essere toccato e trasfigurato da quell’Amore.
Cosa mi è lecito sperare? Was darf ich hoffen? È la terza domanda di Immanuel Kant, il padre del vecchio illuminismo. Non è affatto un’appendice estrinseca alle prime due: Cosa posso sapere? e Cosa devo fare? Conosciamo la risposta: se devo agire moralmente (seconda domanda) in un mondo dove la virtù non sempre coincide con la felicità, mi è lecito sperare in un Dio che garantisca un ordine morale ultimo e in un’immortalità dell’anima che permetta di avvicinarsi alla virtù perfetta. La speranza è quindi la conseguenza della nostra azione morale ed è del tutto aleatoria, probabilistica, perché non fondata sulla certezza del sapere di Dio e dell’immortalità dell’anima e del libero arbitrio. La Critica della ragion pura, infatti, con il suo rigido limite alla conoscenza fenomenica (prima domanda), restringe il campo del sapere a ciò che è accessibile all’esperienza sensibile e strutturabile dalle categorie trascendentali. Quanto resta al di fuori, il noumeno (Dio, anima, mondo), non può essere conosciuto. Kant non lo elimina, ma lo “recupera” nel campo della morale. La speranza, in questa visione, si fonda sull’aspirazione a una futura armonia tra virtù e felicità, garantita da un’Entità trascendente che non possiamo conoscere, ma solo postulare per dare un senso alla nostra azione etica. La speranza, in questa prospettiva, è una questione morale, non un sapere.
Alla luce dell’Illuminismo cristiano, invece, alla domanda “Cosa mi è lecito sperare?” si risponde non con un postulato etico ma con una certezza, fondata nella struttura stessa della realtà creata (conoscibile dalla ragione) e nella storia della salvezza (accolta dalla fede). La speranza diventa così l’attesa fiduciosa di un compimento già promesso e rivelato, non un orizzonte necessario ma inconoscibile costruito dalla ragione pratica.
La Speranza che nasce da qui non è un’illusione consolatoria. È una fiducia incrollabile, una roccia nella tempesta. È la certezza, acquistata a caro prezzo, che esiste un Amore più forte del nostro peccato, più forte del nostro fallimento, più forte della morte stessa. È la certezza che il Sabato Santo, il giorno del sepolcro chiuso, non è l’ultima parola, ma il grembo silenzioso che prepara una Resurrezione.
Esercitare la Speranza, allora, significa scegliere di guardare alla propria croce, al proprio abisso – il dolore, la malattia, il lutto, il tradimento – non con lo sguardo disincantato di chi vede solo una sconfitta ma con lo sguardo di chi, in quella stessa oscurità, impara a scorgere la presenza di una Luce che non si è spenta. E che, morendo, ha vinto.
Di fronte ai “deserti” del post-moderno l’uomo ha bisogno – oggi più che mai – di una speranza che non sia illusione o auto-inganno. La via kantiana, seppur nobile, rischia di essere troppo esile. Forse è lecito sperare molto più di quanto Kant ritenesse possibile. Forse è lecito sperare non perché la nostra ragione lo esiga per coerenza ma perché la realtà stessa – esplorata da una ragione coraggiosa e aperta al mistero – è strutturata da un Amore che ci chiama per nome e ci promette un compimento. La domanda finale allora non è solo “cosa è lecito sperare?” ma “in Chi è lecito sperare?”.
Nella prospettiva cristiana, la speranza non è un’aspirazione incerta basata su un “noumeno” irraggiungibile. È una speranza certa, fondata sulla rivelazione di Dio in Cristo. La Risurrezione di Cristo non è un’ipotesi ma un evento storico-salvifico che garantisce la vittoria definitiva sul male e sulla morte. Questo sapere, che si fonda sulla fede, anima il credente con una certezza che trascende la ragione pur non negandola. Del resto, se la speranza è una certezza, essa non può rimanere una questione puramente interiore. La Civiltà dell’amore diventa l’espressione concreta di questa speranza. Non è un’utopia astratta, un sogno irrealizzabile, ma un’utopia concreta che spinge il credente a un impegno attivo e responsabile nel mondo, trasformando la realtà secondo i valori del Vangelo. L’utopia cristiana non è una fuga dal mondo, ma un’esigenza che nasce dalla fede in un Dio che si è fatto storia.
Allora, l’“Illuminismo cristico” ribalta la prospettiva kantiana. La speranza non è l’ultimo anello della catena, la domanda che riempie il vuoto di un sapere limitato. È invece la certezza iniziale che dà senso a tutto: il sapere della Rivelazione di Dio in Cristo. Essa illumina la ragione, dà un senso all’agire morale e rende possibile un impegno trasformativo nella storia. La speranza cristiana è dunque il fondamento di un progetto di civiltà, un cammino che non è solo spirituale ma anche sociale e politico.
Fonte: Antonio Staglianò* | Avvenire.it
*vescovo Antonio Staglianò è presidente della Pontificia Accademia di teologia

 

Newsletter

Ogni giorno riceverai i nuovi articoli del nostro sito comodamente sulla tua posta elettronica.

Contatti

Sopra la Notizia

Tele Liguria Sud

Piazzale Giovanni XXIII
19121 La Spezia
info@sopralanotizia.it

Powered by


EL Informatica & Multimedia