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Coscienza fuori legge in Sicilia

L’Assemblea Regionale Siciliana approva una legge che esclude i medici obiettori dai consultori pubblici: contro la Costituzione, contro la legge 194/1978, contro la giurisprudenza amministrativa; e soprattutto contro la coscienza.

Come riportato dai mezzi di informazione lo scorso 27 maggio 2025 l’Assemblea Regionale Siciliana, con 27 voti a favore e 21 contrari, ha approvato la legge regionale n. 738/2025 con cui da un lato si contempla la possibilità di bandire concorsi di assunzione soltanto per medici non obiettori all’interruzione volontaria di gravidanza e, per altro verso, si prevede espressamente la eventuale risoluzione del contratto di lavoro qualora il medico dichiari di essere obiettore successivamente alla sua entrata in servizio.

Rinviando all’analisi compiuta sul punto lo scorso 28 marzo 2025, occorre precisare in questa sede, seppur sinteticamente, che una normativa di tal fatta si espone a palesi sospetti di illegittimità costituzionale.

In primo luogo, perché difficilmente la regolazione dell’obiezione di coscienza – senza una preventiva normativa di ordine statale che ne preveda la compressione – può essere ritenuta aproblematicamente di competenza regionale, poiché si rischia di creare una regolazione di un fondamentalissimo diritto secondo una modulazione a geometria variabile con differenze da regione a regione e senza un quadro regolatorio generale che contempli una tale evenienza.

In secondo luogo, il diritto al lavoro e il diritto all’obiezione di coscienza non possono essere bilanciati secondo lo schema dell’aut-aut previsto dall’appena approvata legge regionale siciliana, ma dovrebbero essere equilibrati – in ragione del loro fondamento consistente nella tutela diretta e più intima di ordine materiale e morale della persona, e quindi in ossequio a quel principio personalistico che informa e illumina l’intero assetto costituzionale italiano – secondo la logica dell’et-et; in quest’ultima prospettiva si dovrebbero prevedere, secondo il principio di proporzionalità e ragionevolezza, delle quote di assunzione per i medici non obiettori e delle quote per i medici obiettori, al fine di evitare la soppressione dei diritti dei secondi e la sola tutela dei diritti dei primi.

In terzo luogo, una siffatta disciplina come congegnata dall’ARS appare del tutto in contrasto con l’articolo 9 della legge n. 194/1978 che garantisce l’obiezione di coscienza del personale medico-sanitario senza introdurre tali speciose e perniciose differenziazioni.

Infine, l’approvata normativa siciliana si configura in palese contrasto con gli indirizzi della giurisprudenza sul punto che negli anni si sono consolidati, sia a livello amministrativo che al superiore livello costituzionale.

Il Tar Puglia, infatti, già con la sentenza n. 3477/2010, ad esempio, ha riconosciuto il diritto degli operatori sanitari obiettori di partecipare ai bandi di concorso per i consultori pubblici, sancendo la loro tutela in forza del principio di non discriminazione, con la diretta conseguenza per cui i medici obiettori hanno diritto di lavorare nei consultori pubblici parimenti a quelli non obiettori.

Sulla natura fondamentalissima del diritto all’obiezione di coscienza la Corte Costituzionale, già da tempo, inoltre, ha formalmente riconosciuto con la sentenza n. 467/1991, che «la sfera intima della coscienza individuale deve essere considerata come il riflesso giuridico più profondo dell’idea universale della dignità della persona umana che circonda quei diritti, riflesso giuridico che, nelle sue determinazioni conformi a quell’idea essenziale, esige una tutela equivalente a quella accordata ai menzionati diritti, vale a dire una tutela proporzionata alla priorità assoluta e al carattere fondante ad essi riconosciuti nella scala dei valori espressa dalla Costituzione italiana».

Si confida, dunque, non soltanto che la suddetta legge regionale possa essere oggetto di impugnazione da parte del Governo – come già accaduto di recente con quella sul tema del fine vita della Regione Toscana –, ma che quanto prima, in sede di tutela giurisdizionale diretta, gli eventuali bandi su di essa costruiti siano annullati dalle territorialmente competenti toghe amministrative dell’isola.

Occorre, allora, quanto prima ripristinare l’integrità del diritto leso dalla approvata legge siciliana, poiché come ha avuto modo di sottolineare nel 2018 il Prof. Mauro Ronco, «il fuoco della coscienza, illuminato dalla memoria primigenia del bene e del vero, esprime il dialogo intimo dell’uomo con se stesso, in qualunque momento della vita, quali che siano la sua condizione particolare e lo stato della sua anima», per cui è inevitabile ritenere, in conclusione, che la negazione o la soppressione del diritto della coscienza, ovunque e comunque avvenga, tradisce inevitabilmente la corrispettiva negazione della coscienza del diritto, nonché della sua specificità tipicamente umana.

Fonte: Aldo Rocco Vitale | CentroStudiLivatino.it

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