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La via per scongiurare il baratro della dissolluzione dell’occidente?

In qualità di mosca bianca, sul Corriere della sera di ieri, Ernesto Galli della Loggia ha firmato un editoriale in cui riflette sull’“Intifada studentesca”, in corso negli atenei americani ed europei, notando che essa ignora totalmente le ragioni di Israele: questo lo induce a ritenere che quindi “il vero obiettivo” sia un altro.

La “rivolta giovanile antisraeliana”, spiega, è “programmaticamente e radicalmente ostile all’Occidente in quanto tale”, Israele è solo “un simbolo, un capro espiatorio” del “rifiuto nei confronti dell’Occidente, della sua storia, dei suoi valori, dei fondamenti della sua antropologia – dall’ordine della bisessualità ad una genitorialità fondata sulla presenza di un uomo e di una donna”.

Fermiamoci un attimo. Bastava voltare la prima pagina del Corriere di ieri per leggere il sermone di Massimo Franco contro il governo Meloni reo di non aver firmato in Europa la simil-legge Zan.

La ministra Eugenia Roccella ne ha spiegato il motivo: “il nostro governo ha firmato la dichiarazione europea contro omofobia, bifobia e transfobia. Non abbiamo invece firmato e non firmeremo nulla che riguardi la negazione dell’identità maschile e femminile, che tante ingiustizie ha già prodotto nel mondo in particolare ai danni delle donne”.

Quindi Roccella è in sintonia con quanto scrive Galli, ma viene attaccata da Massimo Franco, nell’articolo a fianco di quello di Galli, per aver espresso le stesse idee di Galli.

Ciò dimostra che il problema sollevato dallo storico-editorialista non riguarda solo i giovani dell’Intifada studentesca (che poi sono una piccola minoranza), ma l’ideologia oggi dominante in Occidente, nell’establishment della UE e nei media che pure fanno professione di fedeltà occidentale e atlantica.

Galli lo sa, infatti prosegue: “la colpa forse non è solo loro (dei manifestanti, ndr)… da tempo, quasi in una sorta di cupio dissolvi, l’Occidente è andato perdendo il significato della propria storia e dunque la propria identità… l’Occidente è sul punto di non consistere più in nulla”.

Poi enuclea alcune delle falle, come l’istruzione, “la conseguentescomparsa della tradizione culturale, lo sberleffo decretato a ogni proposito conservatore equiparato su due piedi a un proposito reazionario; l’ostracismo comminato a ogni tratto antropologico che sapesse di ‘antico’… e l’adesione a tutto ciò che sapesse di nuovo”.

Alla fine Galli torna su Israele spiegando che lì è la nostra origine spirituale, “quella dell’occidente”. Cita una frase del Papa negli anni delle persecuzioni antisemite dei nazisti: “Spiritualmente noi siamo semiti”. Perché il cristianesimo viene da Israele.

Così – conclude – “i figli dell’Occidente che per colpa nostra non sanno né vogliono più riconoscersi in esso (…) e che si ribellano volendo distruggerlo, anch’essi (…) intuiscono come stanno le cose” e “se ci si vuole davvero disfare dell’Occidente” allora “quella paternità va colpita davvero al cuore, alla sua scaturigine”.

È un articolo importante. Ma cosa si può fare di fronte a questo “odio di sé dell’occidente” (Ratzinger) che rifiuta le sue radici culturali e religiose? Si deve ripartire proprio dalle giovani generazioni. Il sistema educativo dovrebbe dissolvere le tenebre dell’ignoranza che domina riguardo alla nostra civiltà e alle sue radici.

Voglio citare tre personalità, tutte laiche, di diverse appartenenze ideologiche. Anni fa Indro Montanelli in un’intervista disse: “Il nostro è un Paese che ha una storia straordinaria, ma assolutamente ignaro di se stesso. Un Paese che ignora il proprio Ieri, di cui non sa assolutamente nulla e non si cura di sapere nulla, non può avere un Domani […] l’Italia è un Paese senza memoria”.

Potremmo citare anche Oriana Fallaci, ma voglio ricordare un episodio che riguarda Franco Fortini, intellettuale marxista, che un giorno iniziò la sua lezione all’Università (che io frequentavo) leggendo alcuni versi.

Gli studenti di sinistra che erano metà dell’uditorio non seppero riconoscere la poesia: era “Il Mercoledì delle ceneri” di Thomas S. Eliot. Fortini l’aveva letta appunto perché quel giorno era il mercoledì delle ceneri di cui però quasi tutti ignoravano il significato.

Il professore – pur non essendo cattolico – spiegò a lungo che non era possibile studiare letteratura o storia dell’arte o filosofia o storia “senza sapere tutto del cattolicesimo”, perché “non si poteva comprendere nulla”.

Pressoché le stesse parole mi disse anni dopo Massimo Cacciari, ancora marxista, che intervistai per “Il Sabato”. Sconcertato mi raccontò che arrivavano studenti alla facoltà di filosofia che credevano che Cristo fosse il cognome di Gesù. Anche lui sostenne che non era possibile vivere e studiare in Italia senza conoscere il cattolicesimo perché voleva dire essere del tutto estranei alle nostre stesse città, ai loro monumenti, alla nostra arte, alla letteratura, alla musica, alla nostra stessa lingua, alla civiltà e ai valori umani in cui siamo immersi.

Tutte le dichiarazioni di queste personalità risalgono a circa quarant’anni fa. Oggi la situazione è molto peggiore. Se fosse ben fatta ci sarebbe bisogno di ristabilire l’ora di religione obbligatoria (considerato che non è un’ora di catechismo).

Sarebbe utile anche (e forse soprattutto) per i giovani immigrati, di religioni diverse, che arrivano da noi senza sapere nulla della nostra civiltà, del cristianesimo e dei valori della nostra cultura. E non sono aiutati da nessuno a capire dove si trovano per integrarsi veramente.

Ma se il governo riproponesse l’ora di religione obbligatoria accadrebbe il finimondo. Giornali e sinistra si scatenerebbero. Come non detto. E poi sarebbe poca cosa.

Occorre altro, a scuola e sui media: bisogna far capire e gustare ai giovani la bellezza che la nostra civiltà ha prodotto e che ha illuminato il mondo. Senza sapere chi siamo non possiamo neanche dialogare con le altre culture. Senza memoria non c’è futuro.

Fonte: AntonioSocci.com

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