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Associazioni del terzo settore nei consultori familiari: per chi suona (l’altra) campana?

Brevi riflessioni a margine della situazione surreale venuta a crearsi intorno all’emendamento n. 44.028, presentato al decreto-legge 2 marzo 2024, n. 19, con riferimento alla legge 194 del 1978.

La legge 194 del 1978 è titolata “Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza”. Il suo articolo 2 prevede al comma 2, da quarantatré anni e dieci mesi, che i consultori familiari, “sulla base di appositi regolamenti o convenzioni possono avvalersi, per i fini previsti dalla legge, della collaborazione volontaria di idonee formazioni sociali di base e di associazioni del volontariato, che possono anche aiutare la maternità difficile dopo la nascita”.

I fini previsti dalla legge sono elencati, in particolare, dal comma 1 dello stesso art. 2. Fra essi, da quarantatré anni e dieci mesi, vi è quello di “contribuire a far superare le cause che potrebbero indurre la donna all’interruzione della gravidanza”.

Da quarantatré anni e dieci mesi, quindi, i servizi consultoriali possono avvalersi anche del coinvolgimento di soggetti del terzo settore che abbiano una qualificata esperienza nel sostegno alla maternità.

Assolutamente nulla di nuovo, quindi, vi sarebbe nel ripetere questo concetto in relazione all’attuazione del PNRR.

Ed è ciò che semplicemente ha fatto l’emendamento in questione, il quale si è limitato ad affermare che “le Regioni organizzano i servizi consultoriali nell’ambito della Missione 6, componente 1, del PNRR e possono avvalersi, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, anche del coinvolgimento di soggetti del Terzo settore che abbiano una qualificata esperienza nel sostegno della maternità”.

Sennonché, la ripetizione di questo ultraquarantennale concetto in seno all’emendamento ha scatenato un inferno di reazioni, così ideologicamente scomposte da far sentire in dovere di dir la sua anche un finora poco noto ministro di uno Stato straniero.

Agli occhi del giurista, la vicenda appare degna di un romanzo kafkiano.

La ripetizione del giuridicamente già esistente, infatti, non innova l’ordinamento. Ed appare evidente che l’emendamento proposto si limita a una mera conferma dei principi stabiliti dalla 194: per avvedersene, è sufficiente confrontare il testo dell’emendamento e quello dell’art. 2 della legge 194/1978. Norme, del resto, perfettamente coerenti coi principi costituzionali del pluralismo e della sussidiarietà orizzontale.

La funzione dell’emendamento n. 44.028 al decreto PNRR è stata semplicemente quella di ribadire l’applicazione dei principi organizzativi della legge 194/1978 in un contesto – quello dell’attuazione del PNRR – in cui, per l’ampiezza e numerosità degli interventi prospettati in innumerevoli materie, non vi era stato spazio per ribadirli.

Se è vero, quindi, che l’emendamento non innova l’ordinamento, ma si limita semplicemente a confermarlo, appare allora evidente come le contestazioni rivolte contro l’emendamento in discorso debbano in realtà intendersi come rivolte direttamente contro la legge 194.

Paradossalmente, quindi, il vero attacco alla 194 proviene da chi attacca l’emendamento proposto, non da chi lo ha proposto e approvato: la 194, è bene ricordarlo, non riguarda solo l’interruzione volontaria della gravidanza, ma anche “norme per la tutela sociale della maternità”.

Da questa vicenda si possono, però, trarre alcune considerazioni.

Appare incredibile che nessuno, fra i molti che hanno rilanciato la polemica, si sia dato carico di compiere il semplice fact-checking giuridico sopra delineato. E’ evidente, allora, che la polemica nulla ha a che vedere con la tutela delle donne, ma è semplicemente un malcelato tentativo politico di cavalcare l’ondata abortista, che recentemente ha attraversato alcuni ambienti europei, per cercare di smantellare i presidi a tutela della maternità e della libertà di coscienza, entrambi costituzionalmente necessari e garantiti, contenuti nella 194. Ancora una volta, purtroppo, la tutela delle donne viene strumentalizzata.

Appare, al contrario, confortante che il putiferio sollevato non abbia avuto presa sulla decisione del Parlamento.

Appare, infine, essenziale ribadire il valore del principio affermato in questa parte dalla legge 194 e ripreso dall’emendamento al decreto PNRR, che ha il merito di aver nuovamente portato il tema al centro del dibattito. A margine della polemica, dunque, ci si trova di fronte a una importante occasione da cogliere, sul piano dell’organizzazione sanitaria e sul piano culturale. “Proteggere la maternità” è un obiettivo, non solo lecito, ma anche doveroso. Lo dice l’articolo 31 della Costituzione.

Per troppo tempo si è voluto silenziare quest’altra campana.

Ed è solo un bene che le donne la possano ascoltare, anche per merito di quelle associazioni che si battono pro a real choice, per una scelta che sia davvero informata e consapevole, cioè vera.

Fonte: Francesco Farri | CentroStudiLivatino.it

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