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Scuola. Libera scelta educativa, equità, qualità. Nel mondo differenti le soluzioni politiche praticate

Molti Paesi cercano faticosamente di conciliare le proprie aspirazioni verso una maggiore flessibilità e verso maggiori opportunità di scelta educativa con l’esigenza di garantire qualità, equità e coerenza nei propri sistemi scolastici.

Sebbene il potenziamento dell’autonomia scolastica appaia come un tratto comune dei sistemi scolastici con alti rendimenti, questi sistemi differiscono tra loro in maniera sostanziale per quanto riguarda il modo in cui regolamentano l’autonomia. Spesso perseguono approcci assai diversi quando si tratta di collegare l’autonomia scolastica con la libera scelta educativa e di conciliare libera scelta ed equità. Per esempio, l’Inghilterra e Shanghai pongono entrambe l’accento sui meccanismi di mercato, ma mentre la politica pubblica in Inghilterra opera principalmente sul versante della domanda, cercando di migliorare la scuola aumentando la libertà di scelta per i genitori, a Shanghai, l’accento delle politiche pubbliche va sullo sforzo di riequilibrare le sorti in gioco sul versante dell’offerta: dotando le scuole delle aree più svantaggiate delle migliori risorse educative. Sebbene Finlandia e Hong Kong abbiano entrambe rafforzato l’autonomia locale, in Finlandia tale autonomia viene esercitata nell’ambito di un forte sistema educativo pubblico, mentre la maggior parte delle scuole di Hong Kong vengono gestite da consigli di amministrazione scolastica indipendenti con meccanismi di regolazione relativamente liberi.

Alcuni Paesi hanno rafforzato sia i meccanismi della libera scelta che quelli collegati all’equità. L’Inghilterra, per esempio, ha aumentato rapidamente il numero delle academies, scuole direttamente finanziate dal Dipartimento per l’istruzione e indipendenti dal controllo delle autorità locali. Nello stesso tempo, l’Inghilterra ha istituito il Pupil Premium (si veda più sopra), che eroga alle scuole risorse supplementari sulla base della composizione socioeconomica del loro corpo studentesco. Alcuni Paesi hanno offerto anche alle scuole private la possibilità di essere integrate nel sistema di istruzione pubblico come scuole sovvenzionate dallo Stato o come istituti indipendenti che ricevono una certa quota di finanziamento pubblico.

I fautori della libera scelta educativa difendono il diritto dei genitori di iscrivere í propri figli alle scuole che preferiscono – secondo criteri di qualità, di approccio pedagogico, di confessione religiosa, di accessibilità economica, di posizione geografica – a prescindere dalle restrizioni giuridiche o dalle barriere finanziarie o geografiche. L’idea è che, dati i bisogni e gli interessi eterogenei degli studenti, un maggior numero di opzioni in un dato sistema scolastico aumenterebbe i benefici, riducendo i costi legati a insuccessi e incompatibilità. La presenza di più opzioni dovrebbe stimolare la competizione e, in tal odo, indurre le scuole a innovare, a sperimentare nuove pratiche pedagogiche, a diventare più efficienti e a migliorare la qualità dell’esperienza formativa. I fautori di questa prospettiva sostengono che la crescente diversità sociale e culturale delle società moderne richieda una maggiore diversificazione nel panorama dell’istruzione, che comprenda la possibilità di autorizzare operatori non tradizionali e persino società commerciali ad accedere al mercato.

I detrattori della libera scelta educativa sostengono che, ritrovandosi con più opzioni fra cui scegliere, gli studenti provenienti da contesti familiari più favoriti spesso decidano di abbandonare il sistema pubblico, portando a una maggiore segregazione sociale e culturale all’interno del sistema scolastico. Essi sono inoltre preoccupati per l’eccessiva dipendenza da modelli teorici che fanno della competizione economica e del calcolo razionale basato sui prezzi la base esclusiva per la distribuzione delle risorse.

A livello macro, una simile segregazione può privare i ragazzi di molte opportunità di apprendimento, gioco e comunicazione con bambini e ragazzi provenienti da contesti sociali, culturali ed etnici diversi dai loro; ciò rappresenta una minaccia per la coesione sociale. Per i critici, i sistemi basati sui voucher e su formule simili dirottano le risorse pubbliche verso operatori privati e talvolta commerciali, privando in questo modo le scuole pubbliche, che tendono a servire interi gruppi di studenti svantaggiati, delle risorse di cui necessitano per preservare la qualità dell’istruzione erogata.

Uno sguardo ravvicinato alle evidenze raccolte mostra che non si possono trarre conclusioni troppo nette. Prendiamo il caso di Hong Kong. Si tratta di un sistema caratterizzato da un’impostazione basata sul mercato praticamente in ogni ambito del servizio pubblico, ma che è stato in grado di coniugare una performance elevata degli studenti con un alto grado di equità sociale nella distribuzione delle opportunità educative.

La riforma scolastica di Hong Kong

La scuola a Hong Kong un tempo riceveva i propri finanziamenti esclusivamente grazie a donazioni di enti filantropici; è soltanto a partire dagli anni Sessanta, quando l’economia ha cominciato a crescere, che il governo ha iniziato a finanziare l’istruzione. Quando la maggioranza degli istituti scolastici è gestita da enti filantropici, raramente il governo interviene in modo diretto. I genitori esercitano una forte influenza sulle scuole, sia attraverso la libera scelta educativa sia attraverso il controllo locale. I genitori sono membri dei consigli direttivi, delle associazioni genitori-insegnanti e dei comitati di cooperazione scuola-famiglie. Quando ho visitato Hong Kong nel 2012, l’allora segretario permanente all’Istruzione Cherry Tse mi ha spiegato che i genitori hanno maggiore influenza su quel che accade in loco di quanta ne abbia il Dipartimento dell’educazione. La vivace comunità virtuale della città ha contribuito ad alimentare una pressione già enorme sulle scuole perché mantengano elevati i livelli di qualità dell’istruzione.

La maggioranza dei principali giornali riportano dibattiti in merito alle politiche scolastiche così come notizie in merito alle vertenze abitualmente discusse nelle scuole. Ruth Lee, preside della scuola femminile Ying Wa, uno degli istituti di élite di Hong Kong nei quali mi recai in visita all’epoca, mi ha spiegato che dirigenti e insegnanti si impegnano quotidianamente per trovare un equilibrio fra rendicontazione amministrativa, rendicontazione alla clientela e rendicontazione professionale cercando nel contempo di mantenersi focalizzati sull’impegno di formare le allieve in maniera complessiva e di aiutare i genitori affinché puntino obiettivi diversi dal puro e semplice accesso all’università.

Ma questo non significa che l’istruzione non sia una priorità del governo. Al contrario, Hong Kong assegna all’istruzione una quota di bilancio pubblico – il 23 per cento – che è maggiore di quella assegnata da qualsiasi altro Paese OCSE. Quello che mi ha colpito anche di più è stato il fatto che il Dipartimento dell’educazione non è l’unico ente interessato all’istruzione: l’istruzione è in cima all’agenda di quasi tutte le altre agenzie governative. Per esempio, Robin Ip, l’allora vicedirettore dell’Unità politica centrale di Hong Kong, mi ha spiegato quanto fosse una priorità intergovernativa lo sviluppo e l’impiego di talenti nel campo dell’insegnamento. Il suo ente si occupa di fare consulenza sulle strategie che Hong Kong può adottare per rafforzare il suo vantaggio competitivo, generato in settori come quello finanziario, quello degli scambi commerciali e del trasporto marittimo, prendendosi cura delle industrie emergenti (compresa l’istruzione) e incrementando la cooperazione economica con la Cina continentale.

Ho Wai Chi, vicedirettore della Commissione indipendente anticorruzione, e il suo team spiegano che la Commissione impiega circa un quinto del suo personale nell’istruzione e nelle relazioni comunitarie in tutto il territorio, nell’intento di mettere all’ordine del giorno la prevenzione della corruzione anziché la sua repressione, e di costruire un clima di fiducia nello Stato di diritto e nelle istituzioni che si impegnano a proteggerlo. Questo include un lavoro sul curricolo di scuola secondaria che costruisca le basi della fiducia nello Stato di diritto, affronti dilemmi etici e cerchi di cambiare l’immagine della funzione pubblica, che non serve solo a mandare la gente in galera, ma anche a sostenere la società.

Il 2012 è stato un anno particolarmente importante per il sistema di istruzione di Hong Kong, dal momento che è stato il primo in cui una generazione che aveva superato tutti i cicli di istruzione del nuovo ordinamento educativo integrato è giunto alla laurea. Le riforme incentrate sull’apprendimento, nel corso degli ultimi anni, hanno comportato un incremento significativo delle opportunità educative così come uno spostamento dell’attenzione dall’insegnamento all’apprendimento, dalla memorizzazione pura e semplice allo sviluppo delle competenze, dalla soddisfazione dei bisogni economici al trattamento dei bisogni individuali.

Il curricolo, più ampio e flessibile, cerca un nuovo equilibrio fra i vari aspetti intellettuali, sociali, morali, fisici ed estetici, con un’enfasi assai maggiore sulle competenze centrali per il lavoro, comprese le abilità di base, le competenze relative alla carriera, le capacità di pensiero, le competenze sociali, e per lo sviluppo di valori e di atteggiamenti che permettano agli studenti di avere successo in un mondo multiculturale. Le riforme hanno introdotto anche una maggiore flessibilità finanziaria a sostegno delle scuole.

I risultati dello studio PISA indicano che Hong Kong è sulla buona strada. Essi evidenziano alti rendimenti e significativi miglioramenti nelle competenze più avanzate degli studenti e nella sicurezza di sé come soggetti attivi nell’apprendimento.

Ma d’altra parte è evidente che l’istruzione a Hong Kong è sottoposta a gravi tensioni: la tensione fra quanto è desiderabile nel lungo periodo e ciò che occorre a breve; quella fra globale e locale; quella fra gli obiettivi scolastici, personali, sociali ed economici del curricolo; quella fra competizione e cooperazione; quella fra la specializzazione e la formazione integrale dell’individuo; quella fra trasmissione del sapere e creazione del sapere; quella fra le aspirazioni nei confronti di un curricolo diverso e innovativo e l’attenzione esclusiva per la preparazione degli esami, sostenuta da un ricorso massiccio a ripetizioni e lezioni private; quella fra uniformità e diversità; quella fra la valutazione mirata alla selezione e la valutazione mirata allo sviluppo.

Il sistema adesso è anche maggiormente soggetto alla politica economica. Le politiche pubbliche non sono più determinate dai tecnocrati, ma da politici interessati a farsi rieleggere. Visto che docenti e dirigenti scolastici rappresentano una larga e ascoltata parte dell’elettorato, mantenere il sistema degli esami e delle valutazioni di alta qualità si sta già dimostrando piuttosto difficile.

Anche la comunità fiamminga del Belgio e i Paesi Bassi sono esempi di sistemi di successo basati sulla libera scelta.

La libera scelta educativa nella comunità fiamminga del Belgio

La comunità fiamminga del Belgio ha avuto rendimenti elevati nel test PISA 2,015 in scienze, lettura e matematica; il 12 per cento degli studenti sono stati top performers in scienze. Benché il 75 per cento circa degli studenti di scuola secondaria e il 62 per cento degli studenti di scuola primaria siano iscritti a scuole non statali, la maggior parte delle scuole private si devono considerare «private sovvenzionate»: puntano a raggiungere obiettivi di apprendimento regionali e sono soggette a ispezioni di certificazione della qualità organizzate dallo Stato. Sono piuttosto rare le scuole private che si collocano completamente al di fuori del sistema pubblico, e le scuole private for profit sono pressoché inesistenti.

L’istruzione nella comunità fiamminga è caratterizzata dall’applicazione del principio costituzionale della «libertà di istruzione», che riconosce a ogni persona il diritto di aprire una scuola e di stabilire i propri principi educativi, a patto di rispettare le leggi del governo fiammingo. Le scuole non hanno facoltà di selezionare gli studenti sulla base dei risultati riportati nei test di ammissione, del rendimento scolastico, dell’appartenenza religiosa o di genere. I genitori hanno il diritto di scegliere la scuola per i propri figli e hanno un accesso garantito alle scuole presenti nel circondario della loro abitazione, che godono di finanziamenti in base al numero di studenti iscritti. Tuttavia, a causa della capienza insufficiente, non sempre la scelta dei genitori viene soddisfatta e di fatto può venire limitata.

Mentre gli istituti scolastici gestiti dalle pubbliche autorità sono tenuti a fornire un’istruzione ideologicamente neutrale e le autorità devono consentire di avvalersi sia dell’insegnamento religioso sia di quello aconfessionale, questo non accade per le scuole private sovvenzionate. La maggior parte di queste scuole è gestita da fondazioni confessionali, prevalentemente cattoliche, ma vi sono anche scuole, come gli istituti Waldorf, che usano metodi pedagogici specifici.

Sebbene la comunità fiamminga faccia affidamento su un ampio settore composto da scuole cattoliche e da altri enti di istruzione privata, le scuole per legge non possono selezionare gli studenti; esse sono obbligate ad accettare tutti gli studenti a prescindere dalla loro appartenenza religiosa. Non sono previste tasse scolastiche nell’istruzione prescolare, primaria e secondaria. Benché sia le scuole primarie che quelle secondarie applichino tariffe aggiuntive, esse sono rigorosamente regolamentate.

Il sistema scolastico fiammingo è uno dei più decentrati fra quelli dei paesi OCSE. Sia le scuole pubbliche sia quelle private godono di una notevole autonomia. È di loro competenza l’assunzione dei docenti, l’allocazione delle risorse e ogni decisione in merito a spese non relative al personale. Le scuole possono anche stabilire il contenuto dei corsi, entro i limiti imposti dagli obiettivi minimi pubblicamente definiti nel curricolo nazionale. Le scuole possono anche adottare differenti approcci pedagogici. Il risultato è un livello di competizione relativamente elevato fra le scuole situate in contesti semiurbani. Tuttavia la variazione nella performance fra scuole in PISA è una delle più alte fra i Paesi OCSE.

Negli ultimi anni la libera scelta educativa è stata sempre più regolamentata al fine di mitigare l’effetto negativo sulla disparità socioeconomica fra scuole nelle aree urbane. Alcuni tentativi di garantire pari opportunità nelle iscrizioni scolastiche sono stati sperimentati in un primo tempo nel 2003 e poi corretti negli anni successivi. Avvalendosi dell’esperienza maturata, un decreto del 2011 assegna la priorità per l’assegnazione dei posti nelle scuole con iscrizioni in eccedenza sia agli studenti svantaggiati sia agli studenti avvantaggiati in proporzione alla composizione socioeconomica del quartiere in cui la scuola sorge. L’implementazione di questa politica è attuata in modo decentrato attraverso le cosiddette «piattaforme locali di negoziazione», il che aiuta a ottenere una piena adesione alle regole da parte dei gruppi di interesse.

La comunità fiamminga del Belgio beneficia di molti dei vantaggi offerti dalla libera scelta educativa, come l’ampia varietà di pratiche pedagogiche, che offre un’effettiva possibilità di scelta alle famiglie e una maggiore spinta verso la qualità, tramite la concorrenza fra le scuole. Subisce però anche alcuni degli svantaggi della libera scelta educativa, come il livello relativamente alto di segregazione socioeconomica fra le varie scuole e l’esistenza di un rapporto stretto fra il background familiare di provenienza e gli esiti scolastici. Ma nell’indagine, il sistema di istruzione riesce ampiamente a limitare la disuguaglianza e la segregazione sociale, mediante l’implementazione di alcuni meccanismi di direzione e di responsabilizzazione, che valgono per tutti gli istituti scolastici. Gli obiettivi da raggiungere, ben lungi dal costituire un curricolo nazionale imposto dall’alto, forniscono orientamenti alle scuole per mantenere la qualità. Un ispettorato effettua regolari valutazioni delle scuole e ne verifica i rendimenti. Non ci sono verifiche centralizzate, ma ci sono valutazioni, condotte a livello di sistema e di istituto, sull’istruzione offerta in specifiche materie, che permettono di monitorare la qualità complessiva dell’educazione. Le scuole pubbliche e quelle private sono trattate nello stesso modo in base ai meccanismi di responsabilizzazione e di supervisione dello Stato.

La diversità fra scuole e al loro interno nei Paesi Bassi

Come la comunità fiamminga del Belgio, i Paesi Bassi hanno un sistema scolastico con alti rendimenti, in cui più di due quindicenni su tre frequentano scuole private finanziate con fondi pubblici. Si tratta anche di un sistema estremamente diversificato, con notevoli differenze tra le varie scuole in termini di approccio pedagogico, di confessione religiosa e di profilo socioeconomico. Ma nel 2015 la variazione fra scuole nella performance di scienze in PISA è stata una delle più elevate fra i paesi OCSE. (Poco oltre il 65 per cento della variazione nella performance si spiega con le differenze di rendimento fra le scuole.)

I Paesi Bassi hanno un sistema scolastico estremamente decentrato. L’autonomia scolastica si fonda sul principio della «libertà dell’educazione», garantita dalla Costituzione olandese fin dal 1917. Questo dà la possibilità a ognuno di istituire una scuola, organizzarne l’insegnamento e stabilire i principi educativi, religiosi o ideologici su cui questo debba basarsi. In linea di massima, i genitori hanno libertà di scelta educativa per i propri figli (anche se questa scelta è ín qualche modo limitata dall’orientamento offerto da pedagogisti esperti al termine della scuola primaria); ma le autorità locali controllano in parte le iscrizioni al fine di ridurre gli squilibri nella composizione del corpo studentesco oppure di modificare l’entità dei finanziamenti per gli studenti in funzione di una maggiore diversità sociale nelle scuole.

Nel 2011 circa uno studente su tre della scuola primaria risultava iscritto in una scuola pubblica, uno su tre era iscritto in una scuola cattolica, uno su quattro frequentava una scuola protestante e i rimanenti erano iscritti in altri tipi di scuole private sovvenzionate dallo Stato. Mentre le scuole pubbliche sono aperte a tutti gli studenti, le scuole private finanziate con fondi pubblici possono rifiutare l’iscrizione agli studenti i cui genitori non aderiscono all’impostazione o ai principi educativi della scuola. Un tratto distintivo del sistema olandese è l’istituzione dei consigli d’istituto. Tali enti sono dotati di poteri molto più estesi rispetto alle scuole che dirigono. I consigli supervisionano l’implementazione delle disposizioni legislative e regolamentari nella scuola e assumono gli insegnanti e altre figure professionali. Mentre in passato le scuole pubbliche erano gestite soprattutto dalle autorità locali, la loro governance è stata progressivamente delegata ai consigli d’istituto indipendenti. I direttori scolastici che compongono i consigli possono essere dei volontari (non addetti ai lavori che percepiscono un onorario) oppure dei professionisti (che ricevono uno stipendio).

Il ruolo dei consigli d’istituto è oggetto di dibattito nei Paesi Bassi. Un recente rapporto OCSE {OECD 2016d] chiede un rafforzamento della capacità di governance e di rendicontazione dei consigli d’istituto mediante un incremento della trasparenza e un riequilibrio dei poteri decisionali fra consigli d’istituto e dirigenti scolastici.

Fin dagli anni Ottanta il governo ha delegato ulteriori responsabilità alle scuole. Diverse fondazioni private si sono assunte responsabilità per le scuole gestite da autorità locali (sebbene le scuole stesse siano rimaste pubbliche) e sono stati introdotti finanziamenti una tantum, che danno ai consigli d’istituto libertà in merito alle decisioni di spesa. Per contrasto, vi è stato in parte un ritorno all’accentramento attraverso la definizione di obiettivi di apprendimento e di programmi di esame nazionali. Sono state incoraggiate operazioni di fusione fra consigli d’istituto, dal momento che consigli d’istituto più ampi sono ritenuti più professionali e finanziariamente stabili.

Nel sistema educativo decentrato olandese le associazioni e le organizzazioni a carattere religioso ricevono fondi pubblici per gli istituti scolastici che si trovano sotto la loro responsabilità, ammesso che rispettino í regolamenti governativi. Le scuole pubbliche e quelle private ricevono la stessa quantità di fondi pubblici sotto forma di una somma forfettaria calcolata in base al numero degli studenti iscritti. Fin dalla metà degli anni Ottanta per gli studenti svantaggiati vengono erogate sovvenzioni supplementari, che rispecchiano i costi più elevati della loro istruzione. A partire dal 2006 l’ammontare di questi buoni è stato calcolato in base al livello di istruzione dei genitori, modificando i criteri precedenti che si basavano sul background migratorio degli studenti.

Sebbene alle scuole private finanziate con fondi pubblici non sia consentito di imporre tasse scolastiche obbligatorie o di operare per conseguire un profitto, le scuole finanziate dallo Stato possono integrare le loro risorse finanziarie con contributi volontari provenienti da famiglie o aziende. Le scuole private ricevono una quantità notevolmente maggiore di questo tipo di contributi rispetto alle scuole pubbliche. Le scuole private finanziate con fondi pubblici non sono autorizzate a intraprendere procedure di ammissione selettive, ma ai genitori o ai futuri studenti può essere richiesto di aderire all’impostazione oppure ai principi educativi dell’istituto.

Similmente a quello della comunità fiamminga in Belgio, il sistema scolastico olandese riesce a offrire ai genitori un’ampia scelta e sovvenziona enti privati che organizzano le scuole con fondi pubblici in modo generalmente ritenuto equo. La complessiva qualità elevata del sistema può attribuirsi in parte alla sua diversità, al grado di concorrenza fra le scuole e all’alto livello di autonomia di cui godono i consigli d’istituto, i dirigenti scolastici e i docenti. Anche se í Paesi Bassi mostrano ampie variazioni fra le scuole nel rendimento in PISA, riescono – più di quanto non riesca la comunità fiamminga del Belgio – a preservare l’equità nel loro sistema. La responsabilizzazione funziona; gli insegnanti sono considerati e operano come professionisti; il carattere relativamente omogeneo della qualità degli istituti scolastici consente di progettare gli esami a livello centrale.

La libera scelta educativa

In contrasto con i sistemi scolastici basati sulla libera scelta come quelli del Belgio, di Hong Kong e dei Paesi Bassi, in Cile e Svezia l’introduzione di meccanismi basati sulla libera scelta sembra aver determinato un ampliamento delle disparità sociali senza apprezzabili miglioramenti nei risultati. Nel maggio del 2015 abbiamo pubblicato un rapporto a questo proposito per la Svezia, che ho presentato insieme al ministro dell’Istruzione Gustav Fridolin e all’allora ministro della Scuola secondaria superiore e dell’Istruzione e Formazione degli adulti Aida Hadíialie [OECD 2015b]. Cinque anni prima, nel maggio del 2010, avevo tenuto una lezione magistrale al vertice dei sindaci europei a Stoccolma dove avevo presentato dati che evidenziavano come l’enfasi posta dalla Svezia su autonomia e scelta, non compensata da un solido quadro normativo e da una capacità di intervento, stesse compromettendo il successo di lunga durata della Svezia nel campo della qualità e dell’equità educative. Mi sono stupito, dunque, quando i sindaci svedesi mi hanno detto che stavano dando priorità alla libera scelta educativa, rispetto ad altre ipotesi prese in considerazione per rispondere alle richieste poste dai cittadini.

Vale la pena dare un’occhiata più da vicino ai dati e tenere presente anche il peso della politica economica in tali questioni. Il margine di scelta di cui godono i genitori e il livello di competizione presente nei sistemi scolastici varia ampiamente da un Paese all’altro e all’interno di uno stesso Paese da un gruppo sociale all’altro. In 18 Paesi con dati comparativi disponibili nella valutazione PISA 2015 i genitori del 64 per cento degli studenti hanno indicato di aver avuto a disposizione la scelta di almeno un’altra scuola, ma questa percentuale varia molto da un Paese all’altro [OECD 2016b]. I genitori di studenti che frequentano scuole rurali e svantaggiate hanno indicato di avere meno scelta rispetto ai genitori di studenti iscritti a scuole urbane e avvantaggiate.

PISA ha chiesto ai genitori di indicare anche quale importanza attribuissero a determinati criteri, al momento di scegliere la scuola per i propri figli. Questi erano collegati principalmente alla qualità della scuola, a considerazioni di tipo economico, alla filosofia o missione della scuola e alla distanza dell’istituto rispetto alla loro abitazione. In tutti i 18 sistemi educativi i genitori tendevano a considerare importante il fatto che ci fosse un ambiente scolastico sicuro, che la scuola avesse una buona reputazione e che fosse caratterizzata da un clima attivo e piacevole – anche più dei risultati scolastici degli studenti di quella scuola [ibidem].

È rilevante anche il fatto che i genitori dei bambini e dei ragazzi che frequentavano scuole svantaggiate, rurali e/o pubbliche, tendessero molto più dei genitori di bambini e ragazzi iscritti a scuole avvantaggiate, urbane e/o private, a indicare che la distanza tra casa e scuola era un criterio importante. I figli di genitori che davano più importanza alla distanza ottenevano punteggi notevolmente inferiori nella valutazione PISA in scienze, anche dopo aver tenuto conto del profilo socioeconomico degli studenti e delle scuole. Questo è stato osservato anche fra gli studenti i cui genitori consideravano í costi ridotti importanti o molto importanti. Questi studenti hanno ottenuto 30 punti in meno ín scienze (circa l’equivalente di un anno scolastico) rispetto agli studenti i cui genitori consideravano che i costi ridotti avessero poca o nessuna importanza. Di nuovo, i genitori di studenti iscritti a scuole svantaggiate e pubbliche tendevano maggiormente rispetto ai genitori di studenti iscritti a scuole avvantaggiate e private a considerare i costi ridotti come un elemento importante nella scelta della scuola. Sembra che le famiglie in difficoltà spesso facciano fatica a compiere le proprie scelte in base ai risultati degli studenti, anche se hanno accesso alle informazioni relative alle varie scuole. Potrebbero non avere il tempo di visitare diverse scuole, potrebbero non avere i mezzi di trasporto necessari per portare i figli alla scuola che hanno scelto, o potrebbero non avere il tempo di portarli in una scuola situata a maggiore distanza da casa o di andare a riprendere í figli alla fine della giornata scolastica.

Il grado di concorrenza presente in un sistema scolastico e il tasso di iscrizione a scuole private possono essere correlati, ma non bisogna confonderli. In media nei Paesi OCSE circa 1’84 per cento degli studenti quindicenni frequentano scuole pubbliche, circa il 12 per cento frequenta scuole private sovvenzionate e poco più del 4 per cento frequenta scuole private non sovvenzionate. Del 12 per cento di studenti iscritti in scuole private sovvenzionate, circa il 38 per cento frequenta scuole gestite da una chiesa o da altre organizzazioni religiose, il 54 per cento frequenta scuole gestite da enti non profit di altro tipo e 1’8 per cento frequenta scuole gestite da organizzazioni a scopo di lucro. In Irlanda tutti gli studenti quindicenni delle scuole private sovvenzionate frequentano istituti religiosi; in Austria tutti gli studenti iscritti a scuole private sovvenzionate frequentano istituti gestiti da altre organizzazioni non profit; e in Svezia oltre la metà degli studenti degli istituti privati sovvenzionati frequenta scuole gestite da organizzazioni a scopo di lucro [ibidem].

Pubblico, privato e pubblico-privato

L’aumento delle iscrizioni nelle scuole private viene spesso definito privatizzazione dell’istruzione, e viene considerato un allontanamento dall’idea dell’istruzione come bene pubblico. Spesso però si tratta di una conclusione fin troppo affrettata. In diversi Paesi in cui parti significative del sistema scolastico sono disciplinate da norme di diritto privato, queste scuole vengono considerate private a livello legale, ma pubbliche a livello funzionale. Ciò significa che, pur essendo enti privati, esse contribuiscono ad assolvere a finalità e funzioni pubbliche, e si considerano parte dell’istruzione pubblica. Per esempio, possono seguire in parte o completamente il curricolo nazionale e perseguire la missione pubblica dell’istruzione offrendo un’educazione di qualità. Ci sono anche molti casi in cui le scuole private forniscono accesso all’istruzione alle comunità scarsamente dotate di servizi e si prefiggono obiettivi legati all’equità.

Come in altri ambiti di politica pubblica, la distinzione fra istruzione pubblica e istruzione privata spesso risulta sfumata. Il partenariato pubblico-privato è una realtà ormai accettata in vari altri settori pubblici, e non c’è motivo per cui l’istruzione debba fare eccezione. Per me la questione più importante è: in che modo obiettivi di politica pubblica come quello di un’istruzione di qualità per ogni studente possono essere realizzati?

Molti critici della libera scelta educativa sostengono che la presenza prevalente di scuole private abbia un impatto negativo sulla qualità dell’istruzione. Ma i dati PISA non mostrano alcuna correlazione fra la percentuale di scuole private presenti in un dato Paese e la performance di quel sistema scolastico. Dopo aver tenuto conto del profilo socioeconomico delle scuole, vi sono poche differenze nel rendimento fra scuole pubbliche e scuole private nella maggioranza dei Paesi; quelle che emergono sono per lo più a favore delle scuole pubbliche.

A livello di sistema anche l’equità non appare strettamente correlata alla percentuale di studenti iscritti alle scuole private. La correlazione positiva fra la percentuale di studenti iscritti a scuole private sovvenzionate e la performance degli studenti è quasi interamente spiegata dai maggiori livelli di autonomia di cui godono queste scuole. Questo è degno di nota, perché gli oppositori del diritto di libera scelta educativa sostengono spesso che una maggiore percentuale di scuole private trasformerebbe il sistema dell’istruzione in una sorta di «mercato» dell’istruzione, con livelli sempre più elevati di competizione fra gli istituti e di segregazione scolastica. Essi sostengono anche che estendere a favore delle scuole private le possibilità di integrarsi in un sistema pubblico funzionante e ricevere finanziamenti pubblici incrementi le disparità fra gli istituti, portando a variazioni più ampie fra le scuole negli esiti scolastici. Ma, di nuovo, a livello nazionale non c’è una correlazione fra la quota di scuole private presenti in un dato sistema educativo e la percentuale di variazione nei punteggi in PISA che possa essere spiegata dall’entità di quella quota.

Forse la questione più controversa di tutte è quella di stabilire quanti soldi pubblici dovrebbero ricevere le scuole private. In Finlandia, a Hong Kong, nei Paesi Bassi, in Slovacchia e in Svezia i presidi delle scuole a gestione privata hanno indicato che oltre il 90 per cento dei propri finanziamenti erano pubblici; in Belgio, Germania, Irlanda, Lussemburgo, Slovenia e Ungheria lo era fra 1’80 e il 90 per cento dei finanziamenti per le scuole a gestione privata. Per contrasto, in Grecia, Messico, Regno Unito e Stati Uniti 11 per cento o anche meno dei finanziamenti per le scuole a gestione privata sono pubblici; in Nuova Zelanda sono fra r 1 e il 10 per cento [OECD 20121D]. Quello che appare significativo qui è che nei Paesi ín cui le scuole a gestione privata ricevono maggiori finanziamenti pubblici c’è meno differenza nei profili socioeconomici fra le scuole a gestione privata e quelle a gestione pubblica (fig. 4.5). Nei Paesi OCSE il 45 per cento della variazione in questa differenza è spiegata dal livello di fondi pubblici destinati alle scuole a gestione privata; in tutti i Paesi partecipanti il 35 per cento della variazione in questa differenza può essere spiegato in questo modo.

Al fine di mitigare gli effetti potenzialmente negativi della libera scelta educativa e del finanziamento pubblico alle scuole private – in particolar modo la segregazione e la stratificazione sociale – diversi governi hanno implementato sistemi di finanziamento compensativo. Per esempio, il Cile, la comunità fiamminga del Belgio e i Paesi Bassi hanno istituito sistemi di finanziamento calcolati in base al numero degli studenti, per cui i fondi vengono erogati per studente e l’importo finanziato dipende dalla condizione socioeconomica e dai bisogni educativi di ciascuno studente. Queste misure puntano agli studenti svantaggiati e, così facendo, rendono questi ultimi più appetibili per le scuole che competono fra loro per le iscrizioni.

Misure di sostegno a specifica destinazione territoriale, come le «zone di educazione prioritaria», individuate in Francia e in Grecia, vengono osservate nei sistemi scolastici caratterizzati da ampie variazioni nel rendimento fra le scuole e dalla concentrazione in zone specifiche di scuole con bassi risultati. In Belgio le scuole private sovvenzionate, che rappresentano la maggioranza del mercato, ricevono quasi gli stessi importi di quelle pubbliche e non sono autorizzate a imporre tasse scolastiche obbligatorie o a selezionare gli studenti.

La «vexata quaestio» dei buoni scolastici

È importante anche prestare la debita attenzione ai meccanismi mediante i quali i finanziamenti pubblici vengono erogati alle scuole private. Un sistema è quello dei voucher, che eroga il contributo direttamente alle famiglie. A partire dal 2009 9 Paesi OCSE dei 22 di cui sono disponibili i dati hanno indicato di valersi dei voucher per agevolare le iscrizioni nelle scuole primarie private sovvenzionate dallo Stato. In 5 di questi Paesi il programma dei voucher-scuola era limitato agli studenti disagiati. A livello di secondaria inferiore 11 Paesi su 24 hanno indicato di usare programmi voucher, 7 di questi riservati agli studenti svantaggiati. A livello di scuola secondaria superiore 5 programmi voucher su 11 erano basati sul reddito. Fra i Paesi OCSE esaminati 7 hanno indicato di fornire voucher, dalla scuola primaria alla secondaria superiore [OECD 2017b]. Le agevolazioni fiscali sulle tasse scolastiche, che consentono ai genitori di detrarre le spese per le rette delle scuole private dai loro oneri fiscali, sono usati meno frequentemente dei voucher. Dal 2009 solo 3 dei 26 Paesi OCSE con i dati disponibili hanno indicato di utilizzare i crediti d’imposta per agevolare l’iscrizione nelle scuole private sovvenzionate [ibidem].

Fra i programmi voucher universali, in cui i voucher-scuola sono per tutti gli studenti, e i programmi voucher mirati, in cui i voucher-scuola sono destinati solo agli studenti svantaggiati, ci sono ampie differenze rispetto al ruolo da essi assunto nel mitigare gli effetti negativi della libera scelta educativa. I buoni scolastici che sono disponibili per tutti gli studenti possono servire ad ampliare la libertà di scelta educativa e a promuovere la competizione fra le scuole. I buoni scolastici che si rivolgono solo agli studenti svantaggiati possono servire a migliorare l’equità nell’accesso scolastico. Un’analisi dei dati PISA mostra che, quando si confrontano sistemi con livelli simili di finanziamento pubblico per le scuole a gestione privata, la differenza nei profili socioeconomici fra le scuole a gestione pubblica e le scuole a gestione privata è doppia nei sistemi educativi che utilizzano i voucher universali rispetto a quella che si riscontra nei sistemi che usano voucher mirati.

L’impostazione dei programmi voucher è quindi un fattore chiave per il loro successo. Per esempio, regolamentare i costi e i criteri di ammissione alle scuole private sembra ridurre le disparità sociali associate al sistema dei buoni [Epple, Romano e Urquiola 2015].

Oltre a ciò, l’evidenza internazionale suggerisce che le scuole che sono selettive nelle loro ammissioni tendono ad attrarre studenti con capacità superiori e status socioeconomico più elevato, a prescindere dalla qualità dell’istruzione da esse fornita. Dato che l’istruzione degli studenti più capaci è meno costosa e che la loro presenza può far apparire una scuola più appetibile alle famiglie, le scuole che sono in grado di verificarne l’inserimento finiscono con l’avere un vantaggio competitivo. Consentire agli istituti privati di selezionare in tal modo i propri studenti fornisce a queste scuole un incentivo per competere sulla base dell’esclusività piuttosto che della qualità intrinseca. Questo, a sua volta, può compromettere gli effetti positivi della competizione.

L’evidenza mostra anche che le ammissioni selettive possono diventare una fonte di maggiore disuguaglianza e stratificazione sociale all’interno di un sistema scolastico. Tuttavia, vi sono alcuni studi che hanno cercato di determinare se questi effetti possano variare a seconda dei diversi criteri di selezione – mettendo per esempio a confronto i colloqui tenuti con i genitori con i risultati emersi dai test attitudinali. È importante anche tenere presente che gli studenti sono selezionati non solo sulla base di criteri di ammissione espliciti, ma anche tramite autoselezione fatta dai genitori stessi, espulsione selettiva e barriere all’ingresso più impalpabili. Le politiche orientate a ridurre la segregazione nel sistema di istruzione dovrebbero perciò identificare e contrastare le procedure di ammissione eccessivamente complesse, la pratica dell’espulsione, la mancanza di informazioni sufficienti e altri fattori che impediscono ad alcuni studenti e genitori di esercitare il proprio diritto alla libera scelta educativa.

I critici sostengono anche che permettere alle scuole private finanziate con fondi pubblici di imporre tasse scolastiche offra a queste scuole un vantaggio sleale sulle scuole pubbliche e mini alla radice il principio della libera scelta educativa. Come le ammissioni selettive, l’imposizione di consistenti tasse aggiuntive tende a portare via gli studenti migliori dal settore pubblico e ad aumentare le disuguaglianze nell’istruzione. Alcuni interventi pubblici che hanno ridotto le tasse scolastiche per le famiglie a basso reddito si sono rivelati efficaci nel contrasto alla segregazione; ma non ho trovato sufficienti ricerche empiriche nell’ambito dei Paesi industrializzati che abbiano stabilito l’effetto delle tasse scolastiche indipendentemente da quello dell’ammissione selettiva e di altri possibili fattori di confondimento.

Si sa relativamente poco circa la possibilità che esista una soglia contributiva a livello di nucleo familiare al di sopra della quale le famiglie a basso reddito risulteranno dissuase dall’optare per le scuole private sovvenzionate. Tuttavia sia le simulazioni sia l’evidenza empirica confermano che il finanziamento pubblico potrebbe non riuscire ad ampliare l’accesso alle scuole private, a meno che non sia accompagnato da interventi volti a limitare la portata delle tasse scolastiche. Se le scuole private investono le risorse pubbliche per migliorare la propria qualità, anziché per accogliere più studenti, i sussidi possono esacerbare le disuguaglianze fra le scuole. Questa è una delle ragioni per cui abolire le onerose tasse aggiuntive, di pari passo con l’erogazione dei voucher mirati, può aiutare a ridurre le disparità di rendimento fra gli studenti avvantaggiati e quelli svantaggiati.

Sono giunto alla conclusione a partire da tutto ciò che la libera scelta educativa, in sé e per sé, non garantisca né pregiudichi la qualità dell’istruzione. Quel che sembra importante sono le politiche intelligenti che massimizzano i benefici della libera scelta e nello stesso tempo ne minimizzano i rischi, ristabilendo una situazione di parità affinché tutti gli operatori del settore coinvolti diano il proprio contributo al sistema scolastico. Politiche scolastiche connesse alla libera scelta educativa che siano ben progettate possono aiutare il sistema a fornire un’istruzione adeguata a una popolazione scolastica eterogenea e a ridurre nel contempo il rischio della segregazione sociale. Quando alcuni meccanismi di mercato fanno il loro ingresso o vengono ampliati nel sistema scolastico, il ruolo della politica pubblica non deve essere più di controllo della qualità e dell’efficienza delle scuole pubbliche, ma di garanzia del fatto che vengano applicati accordi di controllo e di governance per fare sì che ogni minore benefici di un’istruzione accessibile e di alta qualità.

È chiaro che la libera scelta educativa produrrà i benefici attesi nel momento in cui sarà effettiva, adeguata e significativa, cioè nel i9omento in cui i genitori potranno optare per un importante aspetto dell’istruzione dei propri figli, che riguarda gli approcci pedagogici usati per fornire loro l’istruzione. Se alle scuole non è consentito rispondere a popolazioni scolastiche eterogenee, e cercare di distinguersi l’una dall’altra, la libera scelta è priva di senso.

A loro volta, le scuole private potrebbero avere bisogno di accettare meccanismi di direzione e di responsabilizzazione pubblici, che garantiscano il raggiungimento di obiettivi di politica pubblica in cambio dei fondi che ricevono dalle finanze pubbliche. Tutti i genitori devono essere in grado di esercitare il proprio diritto di scegliere la scuola in base alle proprie preferenze; ciò significa che lo Stato e le scuole devono investire nello sviluppo dei propri rapporti con i genitori e con le comunità locali, e aiutare í genitori ad assumere decisioni informate.

I sistemi basati sulla scelta educativa di maggior successo hanno progettato con cura un sistema di controllo reciproco (checks and balances) per impedire che la libera scelta conduca a forme di disuguaglianza e di segregazione.

Cosa non meno importante, quanta più flessibilità c’è nel sistema scolastico, tanto più solida deve essere la politica pubblica. Mentre l’autonomia scolastica, il decentramento e il sistema scolastico basato sulla domanda mirano a delegare i poteri decisionali a coloro che stanno in prima linea, le autorità centrali devono mantenere una visione strategica e chiare linee guida per l’istruzione e offrire feedback significativi alle reti di scuole locali e ai singoli istituti. In altre parole, solo attraverso uno sforzo concertato da parte delle autorità scolastiche centrali e di quelle locali la libera scelta educativa porterà benefici a tutti gli studenti.

Fonte: ANDREAS SCHLEICHER,  Director for Education and Skills, OECD | FrancescoMacrì.blog

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