C’è un attacco mondiale contro il diritto dei popoli, anche di quello armeno: non dimentichiamolo!
di Marco Invernizzi
Questo messaggio durerà un po’ più del solito perché devo raccontare quello che non viene più ricordato, dopo qualche breve articolo o passaggio in televisione. Si tratta dell’esodo ormai quasi completato dei 120mila armeni del Nagorno Karabakh, o Artsakh, una repubblica posta fra l’Armenia e l’Azerbaigian, in seguito all’invasione militare degli azeri, che sono legati all’ideologia del nazionalismo panturco, lo stesso che è stato responsabile del genocidio degli armeni nel 1915.
Che cosa è stato il genocidio degli armeni? E’ bene ricordarlo ai troppi che lo hanno dimenticato e ai molti giovani che non ne hanno mai sentito parlare. Lo faccio con le parole dell’incipit di un libro di un medico francese, Yves Ternon, tradotto ormai vent’anni fa: «Gli Armeni dell’impero ottomano sono stati vittime, dalla primavera del 1915 all’autunno del 1916, di un genocidio pianificato dal comitato centrale del partito Unione e Progresso che controllava all’epoca il governo turco. Al fine di perpetrare questo crimine, il governo turco l’ha dissimulato sotto l’apparenza di una deportazione. Tali affermazioni presuppongono che il genocidio armeno sia una verità accertata poiché riferendo l’accaduto lo qualifico come crimine e rivelo il colpevole e i suoi metodi.Una verità accertata non è negoziabile. Il genocidio ameno non è un’ipotesi; è divenuto una certezza. Il genocidio è un crimine, il crimine assoluto, la forma più grave di crimine contro l’umanità» (Gli Armeni. 1915-1916. Il genocidio dimenticato, Rizzoli 2003, p. 9).
Oggi questo genocidio continua e i suoi artefici, gli azeri armati e sostenuti dal governo turco di Erdogan, ne sono i responsabili, animati dalla stessa ideologia nazionalista panturca che durante la Prima guerra mondiale animava il partito dei Giovani Turchi, responsabile dell’eliminazione fisica di un milione e mezzo di armeni su 1 milione e 800mila che vivevano allora all’interno dell’impero ottomano.
Oggi come allora nessuno ne parla. C’è voluto oltre un secolo perché il genocidio venisse riconosciuto (ancora) soltanto da trenta Stati. Certo, un milione e mezzo non sono i sei milioni di ebrei assassinati nell’altro grande genocidio del Novecento e gli armeni non hanno la forza e i sostegni nel mondo della comunicazione che hanno gli Ebrei, tuttavia meriterebbero maggiore attenzione. Oltretutto oggi l’Azerbaigian fornisce gas a tutta l’Europa e fra poco comincerà il freddo, nonostante i cambiamenti climatici.
Tuttavia, l’Europa farebbe bene a non voltarsi dall’altra parte, per una questione di giustizia anzitutto, ma anche perché la “guerra mondiale combattuta a pezzi”, come ripete sovente il Santo Padre Francesco, conosce quasi ovunque le stesse dinamiche. Gli armeni oggi sono aggrediti, come gli ucraini lo sono dalla Federazione russa, come Israele dal terrorismo islamista, come Taiwan dalla Cina, come il popolo birmano da una giunta militare, come la Chiesa e il popolo del Nicaragua da un governo sandino-comunista, come i venezuelani da un regime nazionalcomunista, come gli iraniani (maschi e femmine) da un sistema fondamentalista che impone la sharia. E si potrebbe continuare. L’Occidente è ammalato e la principale delle sue diverse malattie è il laicismo, che toglie forza e significato alla sua esistenza perché nega il fondamento della sua identità. Tuttavia, l’Occidente è l’unica alternativa esistente alla barbarie dei fondamentalismi, religiosi e/o nazionalistici, ai regimi fondati sulla violenza e contro i diritti naturali dei popoli e delle persone, alla negazione del diritto internazionale.
Come scrive Giulio Meotti sul Foglio del 7 ottobre, l’Armenia è la sentinella dell’Europa e il popolo armeno non ha mai rinunciato alla sua identità cristiana, neppure nel lungo inverno del comunismo sovietico. Abbandonarli sarebbe un delitto, ma anche un gesto miope e controproducente sulla lunga distanza.
Così come valgono, per quanto riguarda il nostro governo, giustamente attento ai diritti dei popoli come quello ucraino, le parole dell’ambasciatrice armena in Italia, Tsovinar Hambardumyan, nella bella intervista concessa al mensile Tempi: «Io consiglierei prima di tutto di non tacere davanti all’ingiustizia e a quello che sta accadendo oggi nel Nagorno Karabakh, di essere guidati sempre dalla propria coscienza e dal proprio cuore e non dagli interessi materiali. Gli interessi sono passeggeri. Alla fine, ciò che ti perseguita per tutta la vita è la coscienza» (Gabriele Cappi, www.tempi.it, 8 ottobre)
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