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Un santo non ancora nato, e i suoi straordinari genitori

Sei fratellini che giocano insieme, oppure gruppi di due a due, la più grande che imbocca il più piccolo, quattro di loro con le gambe nude e scalzi che giocano nei campi, una giovane mamma che sorride. Sono le foto la parte più struggente di questo libro che racconta una storia straordinaria. Perché raccontano di una vita quotidiana, semplice, ordinaria, vissuta con grande gioia (i bambini nelle foto sono allegri e sorridenti). La storia è quella di una famiglia di cattolici polacchi, gli Ulma, marito, moglie, sette figli (il settimo è nella pancia della mamma), uccisi il 24 marzo 1944 perché i genitori hanno deciso di nascondere degli ebrei per cercare di salvarli dallo sterminio.

 

Diciassette persone uccise in pochi minuti, una casa che era stata piena di vita, svuotata in un momento, e dopo il massacro saccheggiata, razziata, devastata. Prima vennero portati fuori i padroni di casa, marito e moglie, 44 anni lui, 32 lei, uccisi davanti ai bambini che urlano e piangono, la mamma per il terrore avvia il travaglio del parto, e dalle testimonianze pare che il bambino sia uscito dal grembo della mamma dopo la sua morte (partorito nella tomba, affermano coloro che dopo il massacro hanno estratto i corpi dalla fossa per seppellirli più degnamente). Dopo i genitori anche i bambini furono uccisi uno a uno, e posso solo immaginare il terrore che deve averli devastati nei minuti precedenti la morte.

Il libro di Pawel Rytel-Andrianik e Manuela Tulli è un racconto avvincente come un giallo, ma commovente come un martirologio: Wiktoria e Jozef sapevano benissimo ciò che avrebbero rischiato a ospitare degli ebrei, a sapevano anche che se non lo avessero fatto gli altri sarebbero morti. Hanno scelto in modo coerente rispetto a tutta la loro vita, vissuta nel segno di una casa sempre aperta a tutti, dove non si poteva permettere che chi chiedeva aiuto se ne andasse senza ricevere qualcosa. Allo stesso modo, hanno preferito rischiare la loro vita per tentare di evitare la morte certa di altre persone. Sicuramente non pensavano che, anche nella peggiore delle ipotesi, i propri figli avrebbero rischiato la vita, perché la legge era dalla loro parte: gli infanticidi non potevano trovare motivazione in nessuna giustificazione penale. Eppure c’è stata la precisa volontà di martirizzare la famiglia. I santi proclamati domenica scorsa sono nove, anche il bambino non ancora nato, che è una conferma ulteriore che il bambino è bambino anche nel grembo della mamma, bisognoso di protezione ma dotato di dignità di persona. La famiglia Ulma ha fecondato col sangue la sua terra, come succede sempre con i martiri, e altri nel loro paese hanno salvato degli ebrei.

E poi c’è la storia di una famiglia del Maryland che il giorno del massacro, un 24 marzo, ma nel 2021, scopre che il padre ha la leucemia, la mamma aspetta il settimo bambino, La famiglia comincia a pregare: “Ricordo un giorno ero nel letto accanto a mio marito, pensavo che sarebbe morto quella notte. Pregavo gli Ulma e sentivo che erano presenti lì con me, si stavano prendendo davvero cura di noi… Nel tempo ci sono state poi così tante grazie ricevute dai miei figli, e le attribuisco ai figli degli Ulma. Ogni sera li preghiamo ricordandoli tutti col loro nome. Ci hanno accompagnato e abbiamo sentito la loro presenza molto forte per tutti il tempo.” Ian Lindquist è morto di leucemia il 5 maggio 2022. Alla domanda se si sentisse delusa dal fatto che non si fosse verificato un miracolo, Kelly Lindquist ha risposto: “Non ho mai pensato che il miracolo non fosse accaduto. Mi sono invece resa conto che i miracoli che Dio ci aveva dato attraverso l’intercessione della famiglia Ulma erano stati enormi. Miracoli rispetto ai nodi nei quali si era aggrovigliato il nostro matrimonio. Tutti sciolti, tutti spazzati via”.

Fonte: CostanzaMiriano.com

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