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Pietà. La voglia della vicinanza

Molto attento a proporre percorsi di meditazione e di cura della interiorità, Stephen Levine invita a superare la confusione che ci sarebbe tra la pietà e altri sentimenti. A cominciare da quello della compassione. «Quando la tua paura tocca il dolore dell’altro – scrive il poeta statunitense – diventa pietà. Quando il tuo amore tocca il dolore dell’altro, diventa compassione».

L’atteggiamento interiore che porta ad avere pietà non sarebbe lo stesso che aiuta a sviluppare il sentimento di compassione. Questo, proprio perché originato dalla voglia di vicinanza verso chi vive situazioni di difficoltà, prende iniziative per annullare le distanze. Escludendo ogni senso di superiorità e coltivando la consapevolezza che la sofferenza è eredità comune e che, incrociandola, non basta prenderne atto.

Non succederebbe tutto questo, secondo Levine, con la pietà. Questa, per paura, non si lascerebbe contagiare dalla difficoltà dell’altro, delegando tutto a una «buona parola» e mantenendo le distanze. Senza mitigare né la solitudine né il dolore. Se ci pensiamo, è, in fondo, il concetto di pietà che sottende l’invito a non lasciarsi impietosire. È questo, peggio, il significato della parola nei casi in cui si sente dire: «Mi fai pietà!». Il massimo della freddezza! Il massimo del disprezzo!

Con molta probabilità, sullo sfondo di questo uso distorto della parola pietà, resistono i residui dello sguardo di superiorità di alcune antiche divinità pagane. Indifferenti alla sorte degli esseri umani, talvolta in concorrenza con questi e per niente coinvolte a sollevarne le situazioni di precarietà e di sofferenza. A questo tipo di pietà degli dèi, la risposta umana consisteva in atteggiamenti di giusta cautela, di interessata riverenza e di evidente timore.

Tutt’altro rispetto al significato della pietà che si incontra in gran parte della letteratura, dell’arte e del linguaggio comune. Qui la pietà è una virtù. Virtù che dice relazione e che porta a stabilire relazioni. Escludendo ogni senso di superiorità.

Modello di pietà, nel cristianesimo, è l’atteggiamento col quale Dio Padre, in Gesù di Nazaret, viene incontro alla fragilità di ogni uomo e se ne fa carico. Fino alla sua morte in croce. Per amore. Segno estremo di partecipazione alla sorte di ogni persona e varco aperto per chiunque desideri prendere le distanze da ogni forma di egoismo e di mettersi in cammino per essere protagonista di una vita nuova e riuscita.

Così, la pietà divina nei confronti dell’uomo e la disponibilità di questi a farsi raggiungere da essa diventa lode e gratitudine. E si trasforma in pietà concreta verso gli altri.

Fonte: NunzioGALANTINO.it

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