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Ancora sul certificato europeo di filiazione, anche il senato francese contrario

Pubblichiamo di seguito un intervento del prof. Bilotti e del prof. Vari sulle problematiche sollevate dall’introduzione di un certificato europeo di filiazione. Ricordiamo che dopo il Senato italiano, anche il Senato francese si è espresso in senso contrario alla proposta della Commissione europea (il testo della risoluzione approvata dal secondo è al seguente indirizzo Internet: https://www.senat.fr/leg/tas22-084.html).

Il voto contrario in Senato sulla proposta di Regolamento dell’Unione europea in tema di filiazione è presentato da alcuni come una scelta discriminatoria e un “passo indietro” nella tutela dei diritti. In realtà, l’approvazione di un certificato europeo di filiazione – uno degli obiettivi della proposta – avrebbe presentato profili problematici rilevanti per i diritti fondamentali dei bambini e delle donne.

Il tema ha una sua complessità tecnica. Tuttavia un’informazione pluralista impone d’illustrare gli aspetti problematici della proposta in un modo comprensibile anche ai non addetti ai lavori, ma senza semplificazioni ideologiche.

Il certificato europeo di filiazione servirebbe a far valere in tutti i Paesi dell’Unione il rapporto genitoriale accertato o riconosciuto in uno Stato membro. E ciò – questo è il punto più delicato – senza che possa operare il limite dell’ordine pubblico. Tale limite, normalmente, impedisce che in uno Stato abbiano ingresso norme o atti che, sebbene legittimi in altro Paese, siano gravemente confliggenti con i principi caratterizzanti il primo, in tal modo preservandone l’armonia interna.

La questione è particolarmente delicata in caso di nascita da una madre surrogata e di conseguente accertamento estero di una “genitorialità” puramente intenzionale del committente, e cioè priva di fondamento biologico. La pratica della maternità surrogata è penalmente sanzionata in Italia. Infatti, come riconosciuto in più occasioni sia dalla Corte costituzionale sia dalla Cassazione, essa offende la dignità delle donne e mina nel profondo le relazioni umane, assecondando un’inaccettabile mercificazione del corpo.

Con il regolamento UE, il riconoscimento automatico in Italia della “genitorialità” intenzionale del committente accertata all’estero finirebbe per legittimare la maternità surrogata in una maniera ipocrita e surrettizia, cancellando di fatto il divieto previsto dalla legge italiana.

Anche la Cassazione è ferma nel richiamare il limite dell’ordine pubblico in tutti i casi di ricorso alla maternità surrogata, senza distinzioni. In un’importante sentenza dello scorso mese di dicembre, essa ha chiarito anche che il riconoscimento automatico della “genitorialità” intenzionale del committente deve ritenersi contrario all’interesse del minore. Certi accertamenti esteri non vengono pertanto riconosciuti in Italia. Il rapporto in atto col committente privo di legame biologico col nato da madre surrogata può nondimeno essere formalizzato a seguito di una verifica operata dal giudice caso per caso, alla luce del superiore interesse del minore.

Quest’assetto a tutela del minore – e delle stesse donne coinvolte in pratiche di sfruttamento degradanti – sarebbe compromesso dall’approvazione della proposta della Commissione UE. Infatti, sebbene la quasi totalità dei Paesi membri dell’Unione vieti il ricorso alla maternità surrogata, vi sono però diversi Stati in cui, a determinate condizioni, è consentito il riconoscimento dell’accertamento estero della genitorialità del committente privo di legame biologico col nato. Di conseguenza, col certificato europeo di filiazione questo riconoscimento potrebbe essere utilizzato per far valere la “genitorialità” intenzionale anche in Stati membri, come l’Italia, che consentono la formalizzazione di certi rapporti in atto solo a seguito di un controllo del giudice sulla conformità al superiore interesse del minore.

I problemi posti dal certificato europeo di filiazione vanno, dunque, ben al di là della questione della cd. omogenitorialità spesso evocata in questi giorni. Il vero tema è la tutela dei bambini e delle donne. Del resto, le coppie che aspirano a diventare genitori attraverso il ricorso alla surrogazione di maternità sono soprattutto coppie formate da un uomo e da una donna.

Emanuele Bilotti, professore ordinario di Diritto privato nell’Università Europea di Roma

Filippo Vari, professore ordinario di Diritto costituzionale nell’Università Europea di Roma

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