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Il silenzio dell’Europa che non vuole la pace

Il grande filosofo francese, in questo brano tratto dal suo ultimo saggio “Di guerra in guerra”, spiega il rischio di un nuovo conflitto mondiale. Se non si pone fine alla violenza in Ucraina

L’errore e l’illusione, molto spesso, hanno regnato nelle menti dei governanti e dei governati. Ci fu un decennio di sonnambulismo collettivo dal 1930 al 1940, e ci fu l’impossibilità di credere all’occupazione della Francia e a una Seconda guerra mondiale. Nel corso dei cosiddetti “Trenta gloriosi” di sviluppo economico in direzione di una società dei consumi, fu impensabile immaginare che le stesse basi della nostra civiltà sarebbero state scosse e che lo sviluppo tecno-economico avrebbe condotto non solo al sottosviluppo etico-politico, ma anche a gigantesche crisi planetarie. Nello stesso tempo fu ignorata e occultata la degradazione della biosfera che ingloba l’antroposfera, riconosciuta dal 1970 dai pionieri scientifici dell’ecologia. E la coscienza ecologica, rimossa per mezzo secolo, resta ancora insufficiente. Illusoria era la certezza dei politici e degli economisti secondo cui il neoliberalismo sarebbe il produttore di una crescita continua. La pandemia mondiale, suscitando una crisi planetaria enorme e multidimensionale, fu incompresa, dato il dominio di un pensiero meccanicista, lineare e incapace di concepire la complessità dei fenomeni. Mentre ci si rallegra di essere entrati nella società della conoscenza, si è sprofondati in una cecità tanto più grande in quanto crede di possedere i mezzi adeguati del sapere.

Questa cecità porta a ignorare che nel 1945 è iniziata una nuova era con la minaccia di morte per l’umanità, minaccia che è continuamente accresciuta dalla proliferazione delle armi nucleari, dalla loro sofisticazione e dal loro possibile utilizzo qualora l’escalation continui ad aggravare e ad amplificare la Guerra d’Ucraina. Siamo entrati nella crisi dell’umanità senza accedere all’Umanità; ma non si vede l’insieme, tutt’al più si vedono alcuni frammenti del grande problema. Ed è in queste condizioni che è sopraggiunta l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. Non solo vi si riproducono gli orrori e i crimini delle guerre precedenti, come quelli della Seconda guerra mondiale, non solo rimane assente la coscienza dell’inatteso, dell’imprevedibile, dell’errore, dell’illusione, che non hanno smesso di fare di noi dei giocattoli inconsapevoli della storia, ma appaiono anche nuovi orrori, nuovi errori, nuove illusioni, nuove sorprese, nuovi inattesi. Si può ora comprendere la mia intenzione in questo riandare alle guerre che ho conosciuto. Perché ogni guerra comporta criminalità, più o meno grande secondo la natura dei combattenti; ogni guerra racchiude in sé manicheismo, propaganda unilaterale, isteria bellicosa, spionite, menzogna, preparazione di armi sempre più mortali, errori e illusioni, imprevisti e sorprese… E mi sembra essenziale che queste considerazioni siano presenti nel nostro sguardo sulla guerra attuale: la Guerra d’Ucraina non sfugge alle logiche di ogni guerra condotta tra avversari risoluti e accaniti.

Dobbiamo ora riconoscere, nello stesso tempo, ciò che è semplice (l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, l’opposizione fra democrazia occidentale e dispotismo russo) e ciò che è complesso (il contesto storico e geopolitico). È sorprendente che in una congiuntura così pericolosa, il cui pericolo aumenta continuamente, si levino così poche voci in favore della pace nelle nazioni più esposte, in primo luogo in quelle europee. È sorprendente vedere così poca coscienza e così poca volontà in Europa, soprattutto nell’immaginare e nel promuovere una politica di pace. Parlare di cessate il fuoco, di negoziati, è denunciato come una ignominiosa capitolazione da parte dei bellicosi, che incoraggiano la guerra che vogliono a tutti i costi evitare a casa loro. Recentemente si sono levate alcune voci, fra cui quella di Andrea Riccardi, fondatore della comunità di Sant’Egidio. Ma esse sono coperte dalla voce tonante dei sostenitori russi e americani del “sino alla fine” (dov’è la fine?).

L’urgenza è grande: questa guerra provoca una crisi considerevole che aggrava e aggraverà tutte le altre enormi crisi del secolo subite dall’umanità, come la crisi ecologica, la crisi economica, la crisi delle civiltà, la crisi del pensiero. Che a loro volta aggravano e aggraveranno la crisi e i mali nati da questa guerra. Nel 2017 c’erano ottanta milioni di esseri umani sull’orlo della carestia. Poi, dopo la pandemia, duecentosettantasei milioni, e attualmente trecentoquarantacinque milioni. Più la guerra si aggrava, più la pace è difficile e più è urgente. Evitiamo una guerra mondiale. Sarebbe peggio della precedente.

Fonte: Edgard MORIN | Repubblica.it

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