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Il voto come difesa delle libertà

Votare o astenersi? Chi votare e con quali aspettative? Una breve analisi delle proposte dei diversi partiti alla luce del Magistero della Chiesa, nella prospettiva di fornire all’elettore alcuni elementi per scegliere cum grano salis


Votare è un po’ come indagare sullo stato del corpo sociale, sulle aspettative degli italiani, sulle loro preferenze. Certo, votare è soprattutto scegliere chi ci governerà e ha quindi importanti implicazioni sul bene comune, ma serve anche a cercare di comprendere meglio cosa pensino oggi gli italiani in tema di politica.

Pertanto, seguiremo con attenzione il risultato elettorale. Ma intanto qualcuno ci pone la domanda: chi voterete il 25 settembre?

Quale bene comune?

Per prima cosa ciascuno deve decidere il criterio con cui scegliere. Il bene comune non è uguale per tutti. Il bene comune non esiste senza la difesa e la promozione della vita, anche per superare il tragico suicidio demografico in corso nel nostro Paese, di cui pochissimo si parla pur essendo il principale problema politico. Il bene comune non è tale se la famiglia fondata sul matrimonio fra uomo e donna non viene messa al centro della vita pubblica. Il bene comune non può essere tale senza la libertà dei genitori di scegliere il progetto educativo dei figli, senza la libertà dei corpi intermedi di operare senza essere vessati dallo Stato, senza la piena libertà religiosa.

Non che non ci siano altri problemi, a cominciare dal tema immigrazione, sospeso fra il diritto alla vita di chi fugge dalla guerra e dalla fame e il diritto degli Stati di regolamentare gli ingressi. Ma quelli elencati precedentemente sono problemi strutturali, non contingenti, e anche per questo crediamo debbano essere il criterio principale che determina la scelta elettorale.

I cosiddetti temi etici – vita, famiglia, educazione – non possono essere disgiunti dai temi sociali, giacché il modo con cui si affronta questi ultimi presuppone quale concezione si abbia dell’uomo. L’attenzione, ad esempio, alla difesa del creato non può essere ispirata a un ecologismo ideologico, ma va compresa all’interno di una visione di «ecologia integrale», che non mette in contrapposizione dialettica la centralità della vita umana e la salvaguardia dell’ambiente.

Le coalizioni e i rispettivi programmi

Si tratta, dunque, di leggere i programmi delle coalizioni e dei partiti principali, che hanno la possibilità di vincere le elezioni e quindi di governare. Così facendo, si trovano importanti differenze.

Il centro-destra

Il centro-destra è composto dai tre partiti, Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia, e da una coalizione di forze cosiddette centriste, Noi moderati, che a sua volta unisce i partiti di Giovanni Toti, Maurizio Lupi, Luigi Brugnaro e Lorenzo Cesa.

Bisogna aspettare il punto 5 del loro programma per incontrare i valori fondamentali del bene comune, ma almeno se ne sono ricordati. È una posizione timida, come si è potuto notare anche in altre circostanze, ma i valori non sono completamente oscurati ed emergono qua e là, in dichiarazioni e comunicati. Nelle sue liste sono candidati i pochi cattolici che nella passata legislatura hanno difeso con onore i principi fondamentali. A loro si sono aggiunti pochi nuovi candidati del mondo pro-life e pro-family.

Il centro-sinistra

La coalizione di centro-sinistra è composta da Democratici e Progressisti (Pd, Demos e Psi), Più Europa (Emma Bonino), Alleanza Verdi Sinistra (Verdi e Sinistra Italiana) e Impegno Civico (Luigi Di Maio). Dei “tre pilastri” del programma del Partito Democratico vale la pena soffermarsi sul terzo, che riguarda i “diritti”, perché sul resto ci sono affermazioni abbastanza generiche e demagogiche, tipiche peraltro di quasi tutti i programmi elettorali. Ma sui “diritti” il programma è preciso e quasi minaccioso: «Vogliamo approvare una legge sul fine vita, per permettere a tutte e tutti di decidere per sé. La brusca interruzione della legislatura, a pochi mesi dal suo naturale completamento, ha impedito di portare a termine una serie di proposte legislative su questi temi. Da lì ripartiremo, nei prossimi cinque anni». E ancora, si ricorda che il Partito Democratico si batterà per il «rispetto del diritto a essere sé stessi e il diritto a non essere ostacolati o discriminati. È da questa consapevolezza che nasce la nostra ferma intenzione di affermare il pieno riconoscimento dei diritti civili delle persone LGBTQI+ …». Da qui l’hastag «viva le devianze» del segretario Enrico Letta, che dice più di tante parole. Accanto al radicalismo rimane uno statalismo inquietante, espresso per esempio dalla proposta, formulata dallo stesso Letta, di obbligare i bambini di tre anni a frequentare l’asilo, togliendo la possibilità per legge a una mamma di educare i bambini tenendoli a casa (Corriere della Sera, 25 agosto 2022).

Calenda-Renzi

La coalizione, che si chiama Azione-Italia viva-Calenda, è nata poche ore prima della chiusura delle liste, ed è composta dal partito Azione di Carlo Calenda e da Italia viva di Matteo Renzi. Entrambi provengono dal Pd, dal quale sono usciti su posizioni “centriste”, rifiutando il legame del Partito Democratico con la sinistra estrema. Ma entrambi nulla hanno a che fare con la difesa dei principi fondamentali, vita e famiglia. Infatti, Renzi è stato il Presidente del Consiglio che ha imposto il voto di fiducia per fare approvare le unioni civili nel 2016, mentre il partito di Calenda prevede nel programma l’approvazione della legge contro l’omotransfobia e si richiama, anche nel nome, a quel Partito d’Azione che ha avuto un ruolo essenziale nel processo di scristianizzazione d’Italia (cfr Marco Invernizzi).

Il MoVimento5Stelle

Era il non-partito della protesta, poi il suo leader ha guidato due governi, uno con la Lega e l’altro col Pd. Non era né di destra, né di sinistra, ora è diventato un partito della sinistra ambientalista e statalista, del reddito di cittadinanza e del matrimonio egualitario, come si evince dal suo programma per le elezioni 2022. Era diventato il primo partito presente in Parlamento, poi ha perso il 54% dei deputati e il 45% dei senatori in soli quattro anni (cfr. Luca Bucca).

L’astensionismo

La crisi che domina l’Occidente, da decenni e anche da secoli, non è anzitutto una crisi politica, ma antropologica ed esistenziale. È una crisi di identità, che però si riverbera sulla politica. Le proposte dei partiti non convincono più nessuno, se non quelli che pensano di potere ricavare un interesse personale o corporativo dalla vittoria elettorale di una coalizione piuttosto di un’altra. La conseguenza è un progressivo aumento dell’astensionismo, ben oltre il limite fisiologico che si verificava durante la Prima Repubblica. Questo fatto esprime un’esigenza non corrisposta e tante buone intenzioni, ma è sempre una tentazione quella di estraniarsi dalla realtà pensando così di migliorarla. Ogni situazione storica è sempre modificabile, con tempo e pazienza. Non bisogna mai perdere la speranza di un futuro migliore. Purtroppo, di fronte alla situazione di grave crisi e alla mancanza di proposte ideali, aumenta in molte persone una reazione sempre più incattivita, piena di zelo amaro, che crede di trovare nel “rifiuto totale”, e quindi nell’astensionismo, una soluzione che tale non è.

Mentre un tempo l’astensionismo era interpretabile come una legittima forma di reazione di chi non si sentiva rappresentato da alcuna componente partitica, oggi sempre più assume anche i connotati, soprattutto fra le più giovani generazioni, di un disinteresse verso la politica istituzionale, essendo preferite altre forme di intervento nella vita pubblica, in un quadro di dis-intermediazione sempre più esteso.

Il suicidio dell’Occidente

Giovanni Orsina ha scritto che «l’astensione è il segno di una fuga dalla vita pubblica alimentata dal disprezzo e dalla delusione, quando non dalla disperazione» (Libero, 22 agosto 2022).

Ne siamo convinti da quello che constatiamo ogni giorno: la civiltà cristiana non solo non esiste più, ma è venuta a mancare anche la memoria di come possa essere, perché è venuta meno la cultura che nasce dalla fede, senza la quale nessuna civiltà potrebbe mai rinascere.

La peggiore reazione a questa situazione è la perdita della speranza, che produce solo zelo amaro, rancore e disperazione politica, e quindi, abbiamo detto, astensionismo. Un nuovo mondo cristiano può nascere in un mondo che muore a condizione che si coltivi la speranza dentro le comunità, che non si sono arrese alla disperazione e che continuano con pazienza e coraggio a fare il loro dovere, anche andando a votare per quelle coalizioni e per quei candidati che paiono meno distanti da una sana antropologia.

Il voto come difesa degli spazi di libertà

Come ebbe a notare Giovanni Cantoni (Fatima e la Contro-Rivoluzione del secolo XXI, in Cristianità 301/302), «in determinate stagioni storiche, l’opera della Rivoluzione consiste nel ridurre in frantumi le strutture e le istituzioni che in qualche modo esonerano l’uomo da generiche difficoltà della vita, mentre in epoche di frantumazione realizzata tale opera si rivela intesa a impedire la costruzione di rifugi, cioè d’istituzioni e di strutture che aiutino la vita dell’uomo, individuale e sociale».

Pur nella consapevolezza della strutturale inadeguatezza della politica partitica ad apportare contributi significativi all’opera di costruzione di rifugi, inadeguatezza accresciuta dal fatto che il governo della cosa pubblica è oggi anche nelle mani di decisori sovranazionali privi di legittimazione elettiva, non è indifferente se a vincere le elezioni sia qualcuno che si propone di limitare gli spazi di libertà ancora riconosciuti alle persone, alle famiglie e alle imprese, impedendo, di fatto se non anche di principio, che si costruiscano rifugi.

In tale prospettiva, il voto si presenta come uno degli strumenti con cui difendere la libertà, intesa come libertà per ricostruire e non come libertà da, cioè dal fine che ogni uomo è chiamato a perseguire, anche nella sua naturale vocazione sociale.

Nella consapevolezza che non basta certo il voto per costruire una società a misura d’uomo e secondo il piano di Dio, Alleanza Cattolica invita a una seria riflessione il mondo cattolico italiano e tutti gli uomini e le donne di buona volontà: astenersi dal voto significa favorire l’occupazione del potere da parte di tecnici non eletti, votare certe forze politiche esplicitamente favorevoli ai cosiddetti nuovi diritti e contrarie al diritto naturale significa favorire la barbarie sociale, mentre invece votare chi professa rispetto per quanto resta delle libertà delle persone, della famiglia naturale e delle imprese è quanto ci è concesso in questa congiuntura storica e, al contempo, quanto ci è richiesto in un frangente storico così importante, anche per l’Italia.

Fonte: AlleanzaCattolica.it

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