Sopra La Notizia

L’universo e la vita. Le domande irrisolte sull’origine, l’evoluzione, il significato, il perché, il fine

Oggi la fisica si muove su due fronti di ricerca. Da un lato si lavora all’appassionante tentativo di studiare gli ingredienti con cui è costruito il nostro mondo, cioè le particelle elementari (i mattoni) e le forze (il collante) che le uniscono; in particolare si lavora al tentativo di unificare le forze della natura e fornire una descrizione completa di tutte le particelle. Questo lavoro è noto al grande pubblico in quanto svolto (ma non solo) al CERN di Ginevra e pubblicizzato dai media.

Dall’altro, più in sordina, si procede all’altrettanto rilevante e avvincente ricerca di capire non “con che cosa” ma “in che modo” il nostro mondo è costruito. In altri termini, capire l’organizzazione della struttura cosmica, cioè come i vari pezzi usciti dal Big Bang si riuniscano e quindi si comportino come un unico sistema complesso integrato. In particolare, si cerca di fare luce sulla tendenza della natura ad evolvere nel tempo verso nuovi stati di organizzazione e complessità sempre più elevati.

1. LE VERSIONI DELL’UNIVERSO

Visione newtoniana

Quando, ancora giovane ed entusiasta studente all’Università di Bologna, cominciai a frequentare il corso fisica, ebbi ben presto una sgradevole sorpresa dallo studio delle leggi di Newton. Queste leggi stabiliscono che il moto di un corpo nello spazio è completamente determinato dalle forze agenti su di esso, una volta fissata la sua posizione e velocità iniziale. Se l’ipotesi che queste leggi si applichino a tutte le particelle materiali compresi i singoli atomi è vera, tutto quello che accade nell’universo è fissato in ogni più piccolo dettaglio. Il cosmo intero è ridotto a un enorme meccanismo, dove ciascun componente esegue con precisione delle istruzioni programmate in precedenza. Pensate: nessuna azione o decisione umana può cambiare il destino di un singolo atomo in quanto anche noi facciamo parte dell’universo fisico! Questa visione a me non piaceva affatto. Era tristemente sterile e avvilente!

Visione termodinamica

Nella seconda parte del corso per l’universo le cose non andavano meglio. In questa mi veniva esposto il secondo principio della termodinamica. Questo principio afferma che nell’universo tutto procede spontaneamente verso una degenerazione dell’energia che lo conduce ad uno stato di disordine totale. Oltre che predeterminato, come dettano le leggi newtoniane, l’universo è inesorabilmente sottoposto a una freccia del tempo che lo condanna alla cosiddetta morte termica, cioè lo stato di massimo disordine ovvero di equilibrio termodinamico. Siamo di fronte alla freccia degenerativa e pessimistica della visione termodinamica. E questa visione mi piaceva ancor meno! Era semplicemente angosciante e deprimente!

Nuova visione creativa

Oggi dalla scienza ci viene offerto un po’ di ossigeno e possiamo tirare un sospiro di sollievo. Da recenti studi in molti campi della scienza, sembra che si cominci ad osservare l’universo da una prospettiva diversa. Si sta prendendo in considerazione il fatto che l’universo non è sempre stato così come oggi si presenta. L’innumerevole insieme di forme e strutture che oggi popolano il nostro mondo non esiste da sempre, ma è emerso nel corso dei millenni. Si pensi come esempio alle galassie, alle stelle e agli stessi organismi viventi. La grande esplosione iniziale, cioè il cosiddetto Big Bang, ha semplicemente dato il via alla evoluzione dell’universo. Poi, lentamente, l’universo ha progredito – attraverso una costante crescita in struttura, organizzazione e complessità – verso stati di materia ed energia sempre più sviluppati ed elaborati (figura 1).

Dopo tre secoli in cui la scienza è stata dominata dalle visioni newtoniana e termodinamica, oggi viene preso in esame anche il carattere progressivo dei processi fisici che evolvono dopo il Big Bang. E questo porta ad una nuova visione del mondo, all’idea di un universo “creativo”, che cresce anziché morire, che si schiude lentamente come un fiore al progresso e alla vita. È da questo avanzamento unidirezionale progressivo, messo in luce dalla scienza moderna, che scopriamo l’esistenza di una freccia progressiva che genera ottimismo! Sì, quella freccia creativa che mi ha riconciliato con lo studio di quella straordinaria ed affascinante disciplina che è la fisica.

Ovviamente rimane il problema di “come” conciliare l’evidente contraddizione fra le diverse visioni; ad esempio, conciliare quella di un universo in evoluzione verso strutture sempre più com- plesse e progredite, come la vita e la coscienza, e quella di un destino di morte. Compito della scienza è capire come stanno le cose ovvero dipanare un enorme groviglio di problemi. Queste idee sono brillantemente espresse nel libro dell’autorevole fisico Paul Davies, dal titolo “Il cosmo intelligente”, da cui ho ricevuto lo stimolo ed estrapolato vari passi nella stesura di questo breve scritto.

La nuova visione, che prende in considerazione la creatività dell’universo fino a livelli tanto elevati come quello della coscienza umana, promette di trasformare radicalmente il nostro modo di pensare all’universo e invita a profonde riflessioni che arrivano a toccare l’eterno enigma di un “significato oltre l’esistenza”.

2. I SISTEMI COMPLESSI: UN PROBLEMA E UNA RICCHEZZA

Un affascinante grattacapo con cui confrontarsi: la complessità

Come presenta la scienza moderna, l’universo ebbe inizio come una struttura semplice che poi, con il passare del tempo, è diventata sempre più complessa. Forme e strutture nuove vengono alla luce in continuazione. Attualmente nell’universo la complessità abbonda, direi che appare quasi come la norma; ad esempio, in campo biologico e fisico si va dalle minuscole cellule di un organismo vivente alle reti neurali, dai cristalli agli uragani, fino agli enormi super-ammassi galattici.

Nel seguito farò qualche breve accenno alla complessità, spesso osservandola con gli occhiali del fisico, tuttavia la complessità è un enorme problema interdisciplinare che abbraccia moltissimi campi di studio. L’elenco è lungo e mi limiterò a citarne alcuni: si spazia dalla fisica, biologia e chimica alle scienze sociali, al mondo della cultura e della politica fino ai mercati finanziari, al clima e alla medicina. L’universalità del problema, che riguarda tutto l’universo fisico, è dovuta al fatto che molti sistemi complessi in discipline diverse manifestano fenomeni dalle proprietà sottostanti simili che possono essere descritte utilizzando gli stessi modelli di calcolo matematico necessari al loro studio. È evidente che la scienza deve confrontarsi con il problema della complessità.

Alcune proprietà dei sistemi complessi

Un sistema complesso viene tipicamente descritto come un sistema dinamico, costituito da molti elementi che interagiscono fra loro determinando un comportamento globale diverso e spesso inaspettato da quello dei singoli elementi. Si tratta di una entità globale organizzata.

Per comodità sono qui elencate alcune proprietà peculiari dei sistemi complessi che nel seguitò cercherò di chiarire, in particolare per le conseguenze che comportano: – 1. Sono spesso costituiti da molti componenti che interagiscono fra loro e che possono dare luogo ad un fenomeno cosiddetto “emergente”. – 2. Sono quasi sempre sistemi “aperti” a un ambiente complesso che stimola la loro azione. – 3. Sono per lo più sistemi “non-lineari”. – 4. Spesso la complessità si manifesta brusca- mente e non tramite una evoluzione lenta e continua. – 5. Manifestano “auto-organizzazione” e “adattamento” all’ambiente.

Riduzionismo, olismo e “comportamento emergente”

Fino a non molto tempo fa per studiare il comportamento di un sistema complesso si procedeva spezzando il sistema nei suoi componenti elementari. In questo approccio, analitico o “riduzionistico”, i sistemi complessi erano considerati niente di più che delle raccolte di sistemi semplici e quindi, in linea di principio, analizzabili in termini dei loro costituenti; si riteneva che le proprietà macroscopiche del sistema globale potevano essere semplicemente dedotte dalle proprietà dei singoli componenti. Questo modo di procedere o, meglio questo atteggiamento mentale, ha dominato per lungo tempo ed ha esercitato una grande influenza sul pensiero scientifico.

Solo abbastanza di recente è emersa l’idea di un nuovo approccio sintetico od “olistico” che tratta i sistemi complessi come entità uniche. Secondo questo pensiero per essere interpretati, cioè per conoscere le proprietà globali dell’insieme, i sistemi complessi devono essere studiati nel loro insieme, come un tutt’uno, a causa di un fenomeno noto col nome di “emergenza”. In base a questo fenomeno, si generano nuove strutture e nuovi comportamenti collettivi a livelli superiori causati dalle interazioni fra i componenti del sistema e, potenzialmente, anche con l’ambiente che ospita il sistema. Le proprietà globali emergono solo a livello complessivo della struttura e sono prive di significato a livello degli elementi componenti.

Questo comportamento è di solito riassunto con la frase: “il tutto è maggiore della somma delle parti”.

È importane sottolineare come una descrizione a livello di singoli componenti non contraddice necessariamente una descrizione di tipo olistico: si tratta di due punti di vista diversi ma comple- mentari, ciascuno dei quali è valido al suo livello.

Esempi di strutture e comportamenti emergenti

Le strutture e i comportamenti emergenti in natura sono moltissime. Ritengo opportuno dare alcuni esempi al fine di una più scorrevole lettura del testo.

Si pensi, per esempio, all’uomo. Questo è un sistema complesso biologico costituito da un am- masso di atomi …però… credo che tutti siamo d’accordo nel ritenere un errore considerarlo niente di più che un insieme di atomi! Il segreto della vita si trova a un livello superiore; non è una proprietà dei suoi componenti, ma una proprietà emergente di tutti i componenti, in particolare del modo in cui gli atomi sono organizzati. Gli atomi che lo costituiscono cooperano in modo che il loro comportamento dà luogo ad una unità coerente, cioè l’uomo.

Non credo che anche i neuroni che abitano nel nostro cervello, presi singolarmente, siano molto svegli e intelligenti; ma un elevato numero di neuroni, quando organizzato, può dare vita nientedimeno che alle proprietà del cervello umano! Sì, miliardi di neutroni possono produrre intelligenza e coscienza. Almeno molti ne sono convinti.

Un nutrito gruppo di formiche può generare una colonia, una vera struttura sociale complessa e altamente organizzata, fondata sulla divisione del lavoro e sulla responsabilità collettiva.

Strutture emergenti si possono riscontrate in molti casi di soggetti biologici che vivono in gruppo, come sciami di api, stormi di uccelli, banchi di pesci.

Credo utile ricordare i vortici osservati nel flusso di un fluido turbolento. Questi si formano grazie alla traiettoria di molte particelle del fluido che, seguendo movimenti a spirale, convergono in un punto, il nucleo del vortice. Un esempio? Un tornado, una violenta perturbazione atmosferica costituita da una grande quantità di molecole d’aria; oppure lo scorrere dell’acqua in un ruscello di montagna, la cui bellezza ci ha tante volte affascinato e magnetizzato con le sue mutevoli figure create dai vortici e dai mulinelli d’acqua, che compaiono, si propagano, per poi dissolversi nel flusso più a valle.

Un comportamento emergente lo vediamo nell’andamento dei mercati finanziari. Non è possibile prevederlo, data la conoscenza dei singoli investitori. I recenti crolli dei mercati finanziari ne sono purtroppo un chiaro esempio.

È una proprietà emergente anche la struttura spaziale e la forma delle galassie, un agglomerato di un gran numero di stelle e materia interstellare generate dalla distribuzione su larga scala dell’energia e della materia nell’universo.

Da ultimo, ricordiamo il laser, un dispositivo in grado di emettere un fascio di luce coerente. I laser sono basati sul fenomeno fisico dell’amplificazione della luce mediante emissione stimolata della radiazione. Oggi i laser sono utilizzati in medicina, in ambito industriale per tagliare lamiere in metallo, ma anche per realizzare effetti speciali durante uno spettacolo. Molti (!) certamente lo conoscono come la spada laser, quella sciabola di luce che costituisce l’arma caratteristica degli Jedi dell’universo fantascientifico del film Guerre stellari.

Sistemi lineari

Un sistema è lineare quando in esso causa ed effetto sono legati in modo proporzionale. Se conosciamo la causa e siamo in grado di quantificarla, l’effetto è prevedibile e obbediente a leggi ben precise. È un sistema per il quale “il tutto è semplicemente la somma delle sue parti”. Come semplice esempio si può pensare all’allungamento di una cordicella elastica sottoposta ad una forza non troppo intensa. Altri esempi li troviamo nelle deformazioni di molti materiali o nella diffusione di gas e liquidi. Anche il moto dei pianeti risponde a leggi deterministiche ben precise che consentono di calcolare con un elevato grado di precisione la loro posizione passata e futura.

I sistemi complessi sono in genere non lineari e in molti casi possono avere un comportamento molto diverso. Ad esempio, in un determinato istante possono andare incontro ad un imprevedibile brusco cambiamento dovuto ad una perturbazione che li conduce a una “riorganizzazione” sotto un’altra forma e non possono essere analizzati in termini di semplici sottounità che agiscono insieme in quanto “il tutto è molto più della somma delle sue parti”. Le proprietà risultanti possono essere inaspettate, complicate e intrattabili matematicamente.

Mentre i sistemi lineari sono governati dal determinismo, i sistemi complessi appaiono d’un tratto indeterministici, soggetti a bruschi cambiamenti qualitativi e apparentemente inspiegabili, tanto da far spesso rientrare il loro studio nella teoria del caos. In essi sembra prevalere il disordine.

Un comportamento in apparenza caotico

La particolare attenzione rivolta dagli scienziati ai sistemi complessi è dovuta al fatto che questi sono i sistemi più numerosi in natura.

Dallo studio dei sistemi complessi che evolvono nel tempo gli scienziati sono riusciti a carpire alla natura il segreto di alcune proprietà molto significative. Innanzi tutto che il disordine dei sistemi complessi è solo apparente. Il disordine costituisce il presupposto a partire dalla quale si origina un ordine di livello maggiore rispetto a quello originario. Il balzo che conduce dal disordine all’ordine si verifica grazie al raggiungimento da parte del sistema di un “punto critico” aperto a sviluppi non- predicibili. È questo punto che definisce un regime di caos, non perché esso è disordinato, ma per- ché non permette previsioni deterministiche sull’evoluzione del sistema. Notare che quasi tutti i sistemi dinamici hanno un regime dove il loro comportamento è caotico.

È importante mettere in risalto come l’evoluzione dei sistemi caotici è estremamente sensibile alle condizioni iniziali che, in pratica, non è mai possibile conoscere esattamente. Questo fa sì che questi sistemi hanno un comportamento che non può essere predetto; per gli scopi pratici, si com- portano in modo casuale.

Un esempio? Le previsioni del tempo a lungo termine. Purtroppo non sarà mai possibile otte- nerle per quanto grande sia la potenza di calcolo impiegata. L’evoluzione futura del tempo potrebbe essere decisa anche da una piccola perturbazione, come il semplice battito di una farfalla!

“Creatività” della natura: un caleidoscopio di varietà di forme e strutture

In un contesto scientifico la parola “caos” ha un significato diverso da quello usuale: sebbene il termine caos faccia presagire qualcosa di negativo, disastroso, devastante, contiene tuttavia un aspetto creativo. L’elemento casuale fornisce infatti ad un sistema caotico una certa libertà di scelta fra una vasta gamma di schemi di comportamento. È questo che costituisce il fondamento della “creatività” della natura, ma purtroppo anche della sua indeterminazione.

Pensate: se l’universo fosse un sistema newtoniano lineare, non potrebbe accadere niente di sostanzialmente nuovo (infatti, secondo questo modello, non si verifica alcun cambiamento o evoluzione reale, ma solo un riordinamento delle particelle soggette a forze deterministiche). Ma la natura si manifesta a noi molto diversamente: l’universo si propone come un sistema creativo, aperto alla possibilità di generare un ricco assortimento, un vero caleidoscopio di nuove forme e strutture complesse. Sono i monili con cui la natura ama adornarsi. È questo fatto che, in un certo senso, può essere visto come una circostanza favorevole in quanto crea varietà e bellezza. Certa- mente cattura spesso la nostra attenzione e stuzzica la nostra curiosità.

È utile sottolineare il fatto che è la visione creativa che mette in luce e spiega le proprietà col- lettive emergenti dei sistemi fisici che possono mostrare modi di comportamento nuovi, non colti e chiariti né dalla visione newtoniana né da quella termodinamica.

Auto-organizzazione e auto-adattamento

Notiamo come la creatività della natura si è già realizzata nelle molte forme e strutture complesse che oggi vediamo intorno a noi, e questo partendo dalla semplice realtà del post-Big Bang. Abbiamo visto casi in cui sistemi complessi dinamici, quando perturbati, generano un balzo improvviso verso stati più elaborati e complessi. In altri casi i sistemi possono invece generare spontanea- mente schemi di figure spaziali oppure forme e strutture di organismi viventi. Questi fenomeni si manifestano tramite una “auto-organizzazione”, senza un’entità di controllo centrale. Il controllo è distribuito tra i componenti e integrato tramite le interazioni tra essi.

Come esempi di auto-organizzazione possiamo pensare ai reticoli cristallini, in cui la configurazione atomica si ripete secondo uno schema regolare; oppure ad un’aggregazione di uccelli, che può dare vita ad uno stormo che si esibisce in spettacolari danze collettive e coordinate che sembrano un unico ed armonioso soggetto; oppure, possiamo pensare ad un ovulo che, dividendosi, riesce ad auto-organizzarsi nella forma complessa di un organismo biologico.

I sistemi complessi spesso sono attivi e rispondono all’ambiente, in altri termini sono “auto- adattanti”. Questa è una loro caratteristica: imparano costantemente tramite una continua riorganizzazione interna. Non sono controllati centralmente, ma adattano i propri comportamenti a seconda dei mutamenti che avvengono, sia internamente tra gli elementi che li compongono sia esternamente nel contesto in cui sono inseriti. Ciò consente di evolvere nel tempo mantenendo la propria coerenza, che potremmo definire come l’identità di sistema globale, senza disgregarsi.

Fenomeni di auto-adattamento sono stati evidenziati in varie discipline. Come esempio, si può pensare ancora agli uccelli, che si adattano alle correnti mentre volano; oppure ad una colonia di termiti, che ripara i danni causati al suo tumulo da qualche evento sfavorevole; oppure alla vita terrestre, che è sopravvissuta a numerosi eventi di crisi in miliardi di anni della sua storia.

Un universo intelligente?

L’universo è creativo, auto-organizzante e auto-adattante. Spesso sembra mosso da un fantomatico “qualcosa” che si serve degli stati lontani dall’equilibrio per organizzarsi in forme nuove e inaspettate, con proprietà che non possono essere spiegate con un approccio riduzionistico. L’universo sembra agire per soddisfare un progetto che lo porta a generare strutture sempre più complesse. In questo senso l’universo possiamo pensarlo “intelligente”

Per capire quanto di grandioso e spettacolare è accaduto sul palcoscenico cosmico dal post-Big Bang ad oggi, si pensi all’auto-adattamento in cui interviene la forza di gravità, ovvero la sorgente dell’ordine cosmico. Nelle primissime fasi della storia dell’universo, questa forza innescò una cascata di processi auto-adattanti che hanno condotto lentamente, passo dopo passo, all’essere umano. Sì, hanno condotto a noi, esseri complessi dotati di coscienza, che oggi studiamo con stupore e reverenza la storia del cosmo e ci interroghiamo sul suo significato!

Ordine locale in aumento e disordine globale

Abbiamo detto che l’universo progredisce tramite una costante crescita di struttura, organizza- zione e complessità e che in natura l’ordine si trova in molte forme diverse. Pensiamo alla “vita”. Questa costituisce un esempio classico di “ordine in aumento”. E chiediamoci: come si può conciliare un incremento d’ordine con il secondo principio della termodinamica che ci racconta come, in un sistema chiuso, si va sempre verso un totale disordine?

L’enigma è stato risolto invocando la proprietà dei sistemi complessi di essere “aperti” all’ambiente che li ospita: il sistema evolvendosi crea sì ordine localmente e temporaneamente, ma a spese di un aumento del disordine di tutto ciò che lo circonda, in modo che il saldo finale totale è sempre comunque a favore di un aumento del disordine. Si sfugge così agli effetti del secondo principio della termodinamica che vale per un sistema chiuso.

Si capisce così come l’universo possa incrementare contemporaneamente sia l’organizzazione che il disordine. In altri termini, si capisce come la freccia creativa (verso l’organizzazione e l’ordine) e la freccia degenerativa (verso il massimo disordine) possono coesistere anche a dispetto del secondo principio della termodinamica.

Ci sono anche molti chiari esempi nei sistemi inanimati. Si pensi ad un cristallo, che si forma da un liquido privo di organizzazione: si tratta di un aumento localizzato di ordine, compensato però dalla produzione di calore che determina un aumento di disordine nel liquido.

3. PRINCIPI OLISTICI E LEGGI AGGIUNTIVE

Un unico principio

È interessante capire a cosa può condurre questo nuovo modo di concepire l’universo. Vediamo, ad esempio, come si posizionano le nuove idee per quanto riguarda la teoria dell’evoluzione di Darwin, basata sulle mutazioni casuali e la selezione naturale. Ancora oggi ci sono scienziati che non accettano in pieno la teoria. Questi studiosi non mettono in dubbio il “fatto” dell’evoluzione (in quanto i reperti fossili non lasciano spazio a dubbi) ma contestano l’adeguatezza del meccanismo darwiniano, in particolare quello delle mutazioni casuali.

La teoria darwiniana è in effetti probabilistica e si chiedono: come può la probabilità da sola essere responsabile della comparsa di strutture nuove incredibilmente complesse e organizzate, quali ad esempio in biologia il sistema nervoso o il cervello? Per questi scienziati la probabilità da sola è incapace a spiegare la ricchezza della biosfera. Essi ritengono inadeguate le leggi fisiche esistenti a spiegare l’elevato grado di forza organizzatrice presente in natura e pertanto ipotizzano l’esistenza di “principi organizzatori” e “leggi aggiuntive” che instradino i mutamenti evolutivi nella direzione di un miglior adattamento e livelli di organizzazione più sviluppati.

Come spiegare, ad esempio, che da un organismo unicellulare, un minuscolo sistema complesso perfettamente adattato all’ambiente, si sia pervenuto all’uomo? È improbabile che le strutture complesse in biologia siano il risultato di eventi puramente dovuti al caso. E allora?

Sembra assai più probabile che la complessità che si manifesta in biologia sia guidata dallo stesso principio generale che governa la comparsa della complessità in chimica e in fisica; e cioè dallo stesso principio che gestisce la comparsa delle improvvise transizioni non-casuali verso nuovi stati di maggiore organizzazione e complessità che avvengono quando un sistema viene allontanato dall’equilibrio e incontra punti critici. Si tratterebbe di principi intrinsecamente globali od olistici che non possono essere ridotti al comportamento delle singole molecole (benché siano compatibili con il comportamento delle molecole stesse).

Seguendo questa ipotesi, dovremmo dunque cercare principi “olistici” che governano l’attività collettiva di tutti i componenti del sistema.

I sostenitori del neodarvinismo cercano di rispondere a queste critiche utilizzando le nuove conoscenze della biologia e della genetica, le quali hanno messo in evidenza una gerarchia fra i geni. La scoperta delle gerarchie geniche e delle loro proprietà ha fatto emergere l’esistenza di geni “master”, cioè di alto livello, che controllano l’azione di moltissimi altri geni, per cui una mutazione casuale in qualcuno di essi ha un effetto sconvolgente comportando un gran numero di mutazioni negli altri geni. Ne consegue un vero e proprio “salto evolutivo” che a differenza dei piccoli cambia- menti graduali può portare a organismi completamente diversi. La nascita, ad esempio, di un organo complesso come l’occhio deve essere avvenuta tutta di un colpo a seguito di una mutazione di alto livello, mentre i cambiamenti graduali e l’adattamento all’ambiente possono averne affinato nel tempo la funzionalità.

Forse le due visioni non sono così distanti come sembra, perché anche i salti evolutivi sono una rottura dell’equilibrio esistente, dal quale scaturisce qualcosa di veramente nuovo ed imprevisto, che se sopravvive dà origine ad una diversa forma di vita. Si tratta di due diverse visioni di un problema ancora suscettibile di sviluppi futuri ed entrambe superano l’evoluzionismo tradizionale.

Un ritardo scientifico da colmare con l’aiuto dei computer

La necessità di una visione olistica per trattare la complessità sembra dunque emergere chiaramente, anche se questa non toglie senso al riduzionismo. Olismo e riduzionismo sono due visioni complementari e non contradittorie.

Rimane tuttavia il problema che, ad oggi, il pensiero olistico non ha ancora partorito alcuna teoria scientifica. I principi sono ancora da scoprire, anche se i tentativi non sono mancati. Mentre il tradizionale e vecchio, si fa per dire, riduzionismo è pervenuto a formulare delle leggi convincenti (ovviamente nel campo dei fenomeni lineari a cui si è dedicato), il più moderno approccio olistico, applicato da minor tempo, è ancora solo a livello di ipotesi.

Solo negli ultimi decenni si è potuto fare luce su vari comportamenti e strutture dei sistemi complessi con l’aiuto dei computer che permettono di trattare grandi quantità di informazioni e fare simulazioni.

Un esempio? Possiamo progettare una simulazione per verificare se un gruppo di ipotetiche regole può condurre a un comportamento osservato in natura e quindi utilizzare la conoscenza di tali regole per creare modelli previsionali su diversi ipotetici scenari.

Il computer era proprio lo strumento che mancava agli studiosi. Ora bisogna colmare il ritardo scientifico e giungere ad una teoria unificata della complessità. C’è chi spera che seguendo questo nuovo approccio venga premiata la ricerca di quell’unico principio unificatore che induce la natura a progredire verso nuove forme e strutture organizzate sempre più complesse. C’è anche chi ha la sensazione (forse un sogno?) che siamo vicini alla scoperta di “leggi nuove” e “modi di pensare alla natura” che si scostano radicalmente dalla scienza tradizionale. Sarebbe un grandioso successo della scienza!

Simulazioni e studio dell’universo

Si pensi che oggi con le simulazioni si fanno tentativi di studio anche sull’universo (!) per com- prenderne la nascita, l’evoluzione e il futuro che l’aspetta. Ovviamente un universo in miniatura per ridurre i lunghissimi tempi di calcolo. E questo malgrado il cosmo sia un sistema infinitamente com- plesso. Si tratta infatti di simulare le interazioni fra stelle, galassie, campi magnetici, forze di gravità e tante altre variabili, includendo anche le ipotizzate e misteriose forze della materia ed energia oscura.

Lo scopo di queste simulazioni è di capire i vari modi in cui la materia e le forze in gioco interagiscono fra loro, quali percorsi vengono seguiti e quali affascinanti schemi vengono formati dalle galassie che evolvono… e danzano al ritmo imposto dalla forza di gravità e altri membri d’orchestra (figura 4).

I fisici teorici hanno costruito anche un modello in cui il nostro universo potrebbe essere un gigantesco e complesso ologramma, cioè l’immagine tridimensionale codificata dell’universo su una superficIe bidimensionale e successivamente ricostruita .

Nella ricostruzione l’universo appare come se fosse fisicamente presente. Il cinema ci ha abituati a vedere ologrammi di personaggi (Superman), astronavi (Star wars) e alieni di ogni genere.

Nelle regole organizzative dei modelli olografici è possibile intravedere l’opera tipica dell’auto- organizzazione: interazioni ed emergenza. Gli ologrammi si ottengono tramite un insieme di attrezzature ottiche, una speciale struttura complessa macroscopica, che riesce a guidare il moto di fotoni in modo che questo si conformi ad uno schema coerente di attività.

Fantascienza? I dati osservati dalla radiazione cosmica di fondo (ovvero l’eco del Big Bang) sono compatibili col modello.

4. UN NUOVO MODO DI CONCEPIRE LA NATURA

Predisposizione della natura

Il quadro che ne consegue dalla nuova visione creativa altera fortemente l’immagine dello sviluppo cosmologico che esce dai modelli newtoniano e termodinamico; nel primo, dopo l’evento iniziale della grande esplosione il cosmo è soggetto a forze deterministiche che lo ingabbiano verso un destino non modificabile; nel secondo, il cosmo degenera verso la morte termica.

Nella visione creativa l’universo appare invece sotto una luce nuova più ottimistica. L’universo emerge, cresce e sviluppa nuove strutture e processi, dischiudendosi lentamente come un fiore. La materia e l’energia hanno una innata tendenza all’auto-adattamento. Ai sistemi fisici sono riconosciute le proprietà emergenti e possono manifestare un cambiamento verso il progresso e la vita piuttosto che verso il decadimento.

Si tratta di un nuovo modo di concepire la natura, di un’idea stimolante. Un esempio? Alcuni studiosi assumono che l’attuale forma e organizzazione del mondo sia un inevitabile prodotto dell’opera delle leggi della natura, ovvero sia semplicemente dovuta a una “predisposizione” della natura a progredire lungo determinate linee e aperta a una creatività e novità senza fine. Niente avviene per caso. Sono semplicemente le leggi di natura, dotate di una certa proprietà, a portare inevitabilmente la materia verso una complessità sempre più crescente che arriva a generare la vita e la coscienza umana.

Anche l’universo è semplicemente un frutto delle leggi della fisica?

La predisposizione è stata molto gettonata dai cosmologi, ai quali non piace l’idea di condizioni speciali iniziali che potrebbero portare all’ipotesi di un Ente creatore. Sono stati fatti vari tentativi, appositamente ideati per problemi di strutture su larga scala, per dimostrare che lo stesso universo è l’inevitabile conseguenza delle leggi della fisica “quali che siano le condizioni iniziali” e cancellare così l’idea di una origine metafisica.

Un tentativo, salutato da un grande clamore mediatico, è quello dell’eminente cosmologo e fisico teorico Stephen Hawking che ha proposto una teoria in cui, secondo l’autore, “la scienza di- mostra che l’universo può crearsi dal nulla sulla base delle leggi della fisica” e “non è necessario appellarsi a Dio”.

Purtroppo il cosiddetto nulla della teoria non è il “Nulla”, cioè il “Ni-ente”, il “Non-essere”: niente materia, niente energia, niente antimateria, niente spazio, niente tempo, nessuna struttura spazio-temporale; è semplicemente uno “stato fisico instabile” delle leggi della meccanica quantistica che può dare luogo alla creazione di materia e antimateria a spese della sua energia. E così l’enigma della possibilità teorica di un universo originato da condizioni iniziali costituite dal Nulla non è stato certamente risolto.

Consideriamo tuttavia che sia valido il nulla impiegato nella teoria, e altri aspetti che sarebbero da chiarire, in modo che trovi soddisfazione teorica il problema di un universo generato dalle leggi della fisica (meccanica quantistica). Viene però spontanea una domanda prima di accettare le con- clusioni di Hawking. Dove erano, dove trovano origine, le leggi che hanno dato luogo al Big Bang? Su questo argomento tornerò più avanti.

Riavvicinamento fra forme diverse di conoscenza

È chiaro che lo studio critico della natura coinvolge spesso varie forme di sapere scientifico. E così è avvenuto anche nel caso dello studio dei sistemi complessi. Questo ha contribuito a un riavvicinamento fra forme di conoscenza come, ad esempio, quella scientifico-tecnologica e quella filosofica-umanistica.

Oggi filosofi e scienziati di ogni tipo (fisici, biologi, chimici, matematici, informatici e altri ancora) lavorano gomito a gomito. Qualcuno parla di una “nuova alleanza” tra scienze fisiche, biologiche e umane. Qualcuno ritiene, e io condivido, che la “teoria della complessità” o “la sfida della comples- sità” (come alcuni amano chiamare non essendo in effetti una teoria in senso stretto), una volta completata sarà ricordata fra gli eventi di rilevante interesse nella storia del pensiero scientifico e filosofico. Essa racchiude in sé una potenza rivoluzionaria di grande portata.

5. UN DISEGNO COSMICO

L’enigma della capacità creativa

Abbiamo visto il tentativo non riuscito di alcuni fisici di formulare una teoria che ci permetta capire come l’universo potrebbe “generarsi” autonomamente. Questo mondo è tuttavia ricco di forme e strutture complesse venute alla luce nel post-Big Bang; così ci troviamo ad affrontare il problema di capire da dove viene la capacità di “auto-organizzarsi” dell’universo. Occorre approfondire la conoscenza dei processi auto-organizzanti e auto-adattanti. Questa sconcertante potenza creativa organizzatrice, che si manifesta come una proprietà fondamentale dei sistemi fisici, è attualmente un profondo mistero.

C’è chi ritiene che la situazione che emerge dallo sviluppo lento e continuo verso nuove strutture suggerisca l’idea di un “disegno cosmico”, che si realizza nel corso del suo sviluppo. Un classico esempio, che porta a questa convinzione e che è basato sulla probabilità, è l’origine della vita. Un semplice calcolo statistico mostra che la molecola di DNA ha una probabilità infinitamente piccola di formarsi spontaneamente. Ciò deriva dall’enorme numero di combinazioni possibili per la sua costituzione. Sono così numerose che rendono praticamente nulla la probabilità di trovare per caso la combinazione giusta per la sua formazione.

Tuttavia altri scienziati rifiutano drasticamente l’idea di un disegno, considerandola troppo mistica e quindi anti-scientifica. Un disegno implica infatti che l’universo abbia uno scopo, un sapore troppo finalistico e quindi alluda a qualche attività che “opera dietro le quinte”.

Un significato oltre l’esistenza?

A proposito di un disegno cosmico, una posizione molto chiara è assunta dal fisico Paul Davies nella conclusione del suo libro “Il cosmo intelligente”, che così scrive:

“Il fatto stesso che l’universo è creativo e che le sue leggi hanno consentito la comparsa e lo sviluppo di strutture complesse fino al livello di coscienza – in altre parole il fatto che l’universo ha organizzato la propria consapevolezza – è per me una prova considerevole che «vi è qualcosa» dietro tutto ciò. L’impressione di un disegno globale è schiacciante. La scienza può spiegare tutti i processi per mezzo dei quali l’universo si costruisce il proprio destino, ma ciò lascia comunque aperta la possibilità che vi sia un significato oltre l’esistenza.”

Questa conclusione a qualcuno non è piaciuta ed ha manifestato il suo dissenso, soprattutto per quanto riguarda quel «vi è qualcosa» che consente tutte le interpretazioni, anche l’esistenza di un Ente creatore. Costoro ritengono che, se un giorno la scienza scoprirà le leggi organizzative aggiuntive (cosa questa possibile, in linea di principio), si potrà giungere alla conclusione che non vi è alcun significato oltre l’esistenza e un Ente creatore non è necessario.

Per arrivare a una tale conclusione rimarrebbe tuttavia ancora qualcosa da spiegare: “Da dove hanno origine le leggi, quelle leggi che hanno dato il via alla genesi dell’universo?”.

Una domanda a cui necessita rispondere

Da dove hanno origine le leggi di natura? Il concetto di legge è così ben radicato negli scienziati che, fino a non molto tempo fa, molti studiosi non si soffermavano più di tanto a riflettere sulla natura e sull’origine di queste leggi: le accettavano come “date” e basta. Ma finché le leggi naturali erano originate da una Entità sovrannaturale, la loro esistenza era scontata parimenti a quella dell’esistenza della materia o delle forze, anch’esse create dall’Ente. Ma se si elimina l’origine divina delle leggi, la loro esistenza diventa un mistero profondo.

Qualcuno potrebbe ipotizzare che le leggi hanno avuto origine con l’universo. Ma, se così fosse, allora tali leggi non potrebbero spiegare la genesi dell’universo in quanto le leggi non sarebbero esistite fino al momento in cui l’universo si è generato.

Così, anche se un giorno la scienza scoprisse le nuove leggi che governano l’intero cosmo, l’Uomo potrà continuare a pensare al mistero dell’origine delle leggi; mistero che porta con sé l’interrogativo di un significato oltre l’esistenza e della stessa esistenza di un Ente creatore.

Dove la scienza diventa più bella

Qualunque discussione sui grandi interrogativi riguardanti l’universo e la vita mette sempre in evidenza come la scienza, ad oggi, non ha ancora trovato la spiegazione definitiva che cerca da sempre. Solo su un argomento tutti gli scienziati sono d’accordo, cioè sull’esistenza di un’armonia e un ordine che pervade ad ogni livello l’intero universo.

Ad oggi, non sappiamo se esiste un Ente creatore (molti lo credono ma con un atto di fede), non conosciamo alcun principio finalistico, non conosciamo la risposta alla domanda di chi ha scritto il copione che guida l’evoluzione del cosmo nel post-Big Bang. Sì, non abbiamo risposte agli interrogativi ultimi, come l’origine della vita e il significato della nostra esistenza; ma non abbiamo risposte complete neppure per quanto riguarda fenomeni molto più comuni e familiari, come la turbolenza dei fluidi o la struttura dei cristalli di neve!

Ma la ricerca (da vertigine) sui grandi temi, continua. E non potrebbe essere altrimenti perché l’Uomo, per sua natura, è curioso. Anzi, scrive il fisico C. Rovelli di fronte al difficile tentativo di mettere d’accordo relatività generale e meccanica quantistica: “Qui, sul fronte, oltre i bordi del sa- pere attuale, «la scienza diventa ancora più bella». Nella fucina incandescente delle idee che nascono, delle intuizioni, dei tentativi. Delle strade intraprese e poi abbandonate, degli entusiasmi. Nello sforzo di immaginare quello che non è stato ancora immaginato”.

 

Fonte: Franco SAPORETTI | BlogFrancescoMacrì.it

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