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Promemoria per Nobel atei, la scienza dimostra Dio

Un libro di Bolloré e Bonnassies appena uscito in Francia spiega come le scoperte degli ultimi cento anni accreditano l’ipotesi di un Creatore.

Coincidenza davvero curiosa: negli stessi giorni in cui in Italia infuriava la polemica sull’ateismo del nuovo premio Nobel per la fisica, il prof. Giorgio Parisi dell’Università La Sapienza di Roma, in Francia usciva nelle librerie Dieu, la science, les preuves – L’aube d’une révolution di Michel-Yves Bolloré e Olivier Bonnassies, testo che espone in termini divulgativi le grandi scoperte scientifiche degli ultimi cento anni che accreditano l’ipotesi di un Dio creatore, quella che in un’intervista di dieci anni fa il fisico italiano escludeva totalmente.

I progressi che hanno ribaltato tutto

Il libro è stato recensito fra gli altri dal Figaro, che ne ha pubblicato in esclusiva alcuni estratti. Michel-Yves Bolloré non è solo rampollo della famiglia Bolloré, che a partire da una cartiera del secolo scorso ha creato una multinazionale della logistica, del trasporto e della comunicazione, ma è un ingegnere informatico, docente dell’università Parigi Dauphine e fondatore del gruppo metallurgico France Essor. Olivier Bonassies è uno dei creatori di Aleteia, pubblicazione online cattolica in sei lingue, ed è un diplomato dell’École Polytechnique e un laureato in teologia all’Institut Catholique di Parigi.

Secondo gli autori i «progressi scientifici che sono emersi all’inizio del XX secolo hanno prodotto un rovesciamento completo del pensiero rispetto alla tendenza dei secoli precedenti, quando si giudicava incompatibile il campo scientifico con qualunque discussione relativa all’esistenza di Dio». Questi progressi sarebbero l’ipotesi della morte termica dell’universo, la teoria della relatività, il Big Bang, l’universo finemente regolato, le evidenze circa l’improbabilità del passaggio dall’inerte al vivente.

Morte termica dell’universo e Big Bang

L’ipotesi della morte termica dell’universo, conseguenza della seconda legge della termodinamica, implica che l’universo abbia avuto un inizio, e l’inizio suppone un iniziatore. La teoria della relatività afferma che tempo, spazio e materia sono legate, e che nessuna delle tre può esistere senza le altre due: ciò implica una causa all’origine del nostro universo non temporale, non spaziale e non materiale. Stesso discorso per il Big Bang: spazio, tempo e materia cominciano insieme in quel momento, ma prima cosa c’era? Qualcosa di atemporale e un’entità immateriale da cui tutto ha avuto inizio, e che resta fuori dalle possibilità della scienza sperimentale. L’ipotesi teistica diventa ancora più forte quando si osserva l’universo e la vita come fenomeni finemente regolati.

«John Lennox, professore di matematica all’università di Oxford, spiega: “Alle origini dell’universo, perché possa esistere la chimica che permette la vita, il rapporto fra la forza elettromagnetica e la forza  di gravitazione dovette essere regolato con una precisione di 10 alla -40. Per dare un’idea della precisione di 10 alla -40, immaginate che noi ricopriamo tutta la Russia di monetine, e che su ognuna costruiamo delle pile di monetine su tutto il territorio fino ad un’altezza uguale alla distanza che c’è fra la terra e la luna; dopodiché, prendiamo un miliardo di sistemi identici a quello iniziale e dipingiamo di rosso una sola monetina. Poi bendiamo gli occhi di un amico e chiediamogli di trovare quella monetina dipinta di rosso in un solo tentativo. La probabilità che ci riesca è dell’ordine di 10 alla -40. Davvero una probabilità infima”. Questa precisione, “dell’ordine di 10 alla meno 40”, è descritta dall’astrofisico di fede buddhista Trinh Xuan Thuan come una improbabilità “paragonabile a quella di un arciere che, tirando una freccia a caso, colpisca un bersaglio di un centimetro quadrato collocato al lato opposto dell’universo”».

Scienza e apparizione della vita

Discorso simile vale per l’apparizione della vita: «La biologia (…) ha evidenziato, alla fine del XX secolo, la necessità di una regolamentazione fine supplementare dell’universo: quella che ha permesso il passaggio dall’inerte al vivente. In effetti, quello che in precedenza si riteneva un semplice salto da effettuare da una sponda all’altra del fossato che separa il più complesso degli inerti dal vivente più semplice conosciuto, si è rivelato in realtà l’attraversamento di un golfo immenso, che non si è certamente potuto realizzare per le sole leggi del caso».

Il libro contiene anche informazioni sulle convinzioni religiose degli scienziati. Viene citato uno studio del 2003 del genetista Baruch Aba Shalev secondo il quale la percentuale di atei fra i Nobel per la letteratura si elevava al 35 per cento, mentre fra gli scienziati era solo del 10 per cento. Di quel 10 per cento non faceva certamente parte Robert Wilson, l’astronomo e fisico statunitense premio Nobel nel 1976 per avere scoperto nel 1964 (insieme ad Arno Penzias) la radiazione cosmica di fondo, cioè la più importante prova sperimentale a favore della teoria del Big Bang. Ha infatti detto: «Esiste certamente qualcosa che ha regolato il tutto. A mio parere, se siete credente secondo la tradizione giudaico-cristiana, non esiste migliore teoria dell’origine dell’universo che possa corrispondere così tanto alla descrizione contenuta nella Genesi».

Fonte: Rodolfo CASADEI  | Tempi.it

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