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Sos lavoro. Ecco cosa rischia l’Italia senza la “formazione continua”

Oggi l’Ocse rileva come in Italia solo il 23% degli adulti acceda a percorsi formativi contro percentuali che sfiorano il 60% nei Paesi scandinavi.

La pandemia ha dimostrato anche la “fragilità” del lavoro.  Oggi l’Ocse rileva come in Italia solo il 23% degli adulti acceda a percorsi formativi. Contro percentuali che sfiorano il 60% nei Paesi scandinavi. E il 40% di media nei paesi oggetto delle rilevazioni. Per gli adulti la situazione non è rosea. E per i ragazzi non va meglio. Nel nostro Paese meno del 30% degli studenti 15enni ha svolto un tirocinio per cogliere future opportunità di studio. O di carriera professionale. Quindi manca uno “step” fondamentale per intercettare le necessità. E le richieste del mercato del lavoro.

Lavoro in ritardo

Una necessità di adeguamento evidenziata dalla senatrice Rossella Accoto. La sottosegretaria al Lavoro e alle Politiche Sociali richiama “la necessità di cambiare mentalità sul tema della formazione continua. Un’esigenza che si fa pressante anno dopo anno. I momenti di re-skilling e up-skilling sono parentesi che devono inserirsi continuamente. Durante la vita e il lavoro di ogni individuo”. Inoltre l’Ocse analizza i lavori a basso tasso di specializzazione e di creatività. Molte di queste occupazioni sono destinate alla sostituzione. Dunque sbagliare settore equivale ad una falsa partenza.

Cambiamenti radicali

Per il 14% dei lavoratori c’è la possibilità in pochi anni di vedere automatizzato il proprio lavoro. Per un lavoratore su 3, invece, ci saranno cambiamenti radicali. Con mansioni delegate a software o a robot. “Non possiamo più pensare la formazione ragionando a compartimenti stagni. Per fasce d’età. O per livelli di istruzione– evidenzia Accoto-. Dobbiamo ripensare il sistema come se fosse un flusso continuo. Nel quale poter entrare in ogni momento”.

Resilienza lavorativa

Aggiunge la sottosegretaria al Lavoro e alle Politiche Sociali: “Il trend è globale. E non può essere invertito. La stessa pandemia ha evidenziato ancor di più l’esigenza di incrementare le proprie conoscenze. E di adattarle ai cambiamenti sociali ed economici. Ciò costituisce un elemento imprescindibile. Per costruire una vera e propria resilienza lavorativa. Che permetta di affrontare in futuro anche i cambiamenti non prevedibili”. Trasformazioni sulle quali si focalizza anche papa Francesco nell’enciclica “Fratelli tutti”.

Modello sociale

La fratellanza, secondo il Pontefice, è una scelta di modello. Politico. Sociale. Economico. E va al di di là del concetto di solidarietà. Non c’è fratellanza se non si riconoscono le differenze in una società globalizzata. Se si erigono muri. Se non c’è pluralismo che è sinonimo di libertà e di giustizia. Fratellanza significa soprattutto rispetto della dignità della persona. E se non c’è lavoro non c’è dignità della persona. Il messaggio di papa Francesco è stato rilanciato anche dai sindaci. In particolare dalla Cisl. Ribadendo in maniera chiara che il lavoro è indispensabile per vivere come comunità. E parlare di “popolo del lavoro” come fa Papa Francesco, riporta alla radice della dottrina sociale della Chiesa. Esplicitandone la missione di parlare al cuore. Alla testa. E alla responsabilità collettiva e individuale.

Fonte: Giacomo Galeazzi | InTerris.it

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