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Hong Kong va oltre Mao: colpirne cento per educare tutti

La retata di oltre 500 agenti all’Apple Daily, principale giornale pro democrazia, lancia un messaggio a tutti i cittadini: il dissenso non è più consentito

L’Apple Daily è il principale giornale pro democrazia di Hong Kong ed è ormai evidente che il governo, agli ordini del regime cinese, farà di tutto per chiuderlo. Ma la mastodontica operazione di polizia che ieri ha portato all’arresto del direttore del giornale, dell’ad e di altri tre dirigenti aveva anche l’obiettivo di lanciare un segnale alla popolazione e intimidirla. «Colpirne uno per educarne cento» è una famosa frase attribuita a Mao Zedong. Vista l’ondata di arresti senza fine che si sta verificando nell’ex città autonoma il detto andrebbe aggiornato: colpirne cento per educare tutti.

Retata con oltre 500 poliziotti

Il proprietario dell’Apple Daily e critico del regime, il magnate Jimmy Lai, è stato arrestato nell’agosto 2020 e sta scontando 20 mesi di carcere per aver partecipato a tre manifestazioni non autorizzate. Lai è anche accusato di aver violato la legge sulla sicurezza nazionale, introdotta l’anno scorso per azzerare le libertà civili dell’ex colonia britannica, e sarà giudicato dall’Alta corte. La condanna per aver rilasciato interviste ai media esteri potrebbe essere anche l’ergastolo per il 73enne.

Dopo aver prelevato i cinque responsabili dell’Apple Daily dalle loro case nelle prime ore del mattino, ieri la polizia li ha portati nella sede del giornale insieme a un esercito di ben 500 poliziotti. Qui, a favore di telecamera, gli agenti hanno rovistato dappertutto, mandando via i giornalisti e controllando tutti i server e i computer. In particolare il direttore, Ryan Law, ammanettato davanti ai fotografi, è stato accusato della violazione della legge sulla sicurezza nazionale per «collusione con forze straniere». In non meglio precisati articoli del 2019, quando la legge non era ancora stata approvata, avrebbe invocato l’applicazione di sanzioni internazionali al governo di Hong Kong.

A Hong Kong nessuno è al sicuro

Interrogato dai giornalisti su che cosa rischino i cittadini a condividere sui social gli articoli pubblicati dall’Apple Daily, Steve Li, sovrintendente dell’unità di polizia che monitora il rispetto della legge sulla sicurezza nazionale, ha risposto: «Dipende dall’intenzione con cui vengono condivisi. In quanto agente di polizia, però, voglio dare un consiglio alla gente: non attirate sospetti su di voi, a meno che non sia qualcosa che volete davvero condividere».

La minaccia, neanche troppo velata, rivela in realtà l’obiettivo ultimo della retata senza precedenti. Instillare la paura nei cittadini di Hong Kong, spingerli ad autocensurarsi, a non divulgare notizie potenzialmente critiche della Cina e del governo di Hong Kong. La stragrande maggioranza degli attivisti della città è già in carcere. Chi è rimasto a piede libero, dovrà affrontare numerosi processi nei prossimi mesi. Ora la mannaia comunista cala sulle teste dei giornalisti.

La mannaia cala sui giornalisti

Emblematiche le parole pronunciate dal ministro per la Sicurezza, John Lee, che ha dato un’ulteriore mazzata alla libertà di stampa, invitando anche i giornalisti dell’Apple Daily a «prendere le distanze dagli arrestati. Dichiaro solennemente: fate il vostro lavoro liberamente, ma non utilizzatelo come scusa per mettere in pericolo la sicurezza nazionale. Non associatevi a questi criminali o pagherete [questi rapporti] a caro prezzo: tagliate i ponti prima che sia troppo tardi per pentirvi».

Pechino esulta per l’arresto dei giornalisti: «È un atto di giustizia. La libertà di stampa non può essere uno scudo per condurre attività illegali». Mentre il sindacato dei giornalisti protesta, il governo di Hong Kong fa capire che nessuna critica sarà più consentita. Addirittura, lanciando un avvertimento a tutti i cittadini, il ministro Lee ha fatto intendere che persino comprare l’Apple Daily in edicola potrebbe diventare un crimine. Colpirne cento per educare tutti.

Fonte: Leone GROTTI | Tempi.it

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