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La storia dei 21 martiri copti sgozzati dall’Isis diventa un film

La diocesi copto-ortodossa di Samalut produrrà la pellicola, che racconterà la storia e il martirio dei 20 egiziani e del ghanese: «È un sogno che si realizza»

La storia del martirio dei 20 egiziani copti e del ghanese sgozzati dall’Isis nel febbraio 2015 sulla spiaggia di Sirte, in Libia, diventerà un film dal titolo Martiri della fede e della nazione. La pellicola sarà prodotta dalla diocesi di Samalut, che ha ricostruito la storia dopo anni di lavoro, rivela Watani.

«È un sogno che si realizza», ha dichiarato la diocesi in una nota, spiegando che la sceneggiatura è già stata scritta, e ha ricevuto la benedizione del papa copto Tawadros II, e che i costi di produzione saranno coperti dalla Chiesa. La sceneggiatura è stata redatta da Mina Magdy, che dal 2018 compie ricerche sulla storia dei martiri, mentre il film sarà diretto da Joseph Nabil, molto conosciuto in Egitto per altre produzioni cristiane.

I resti dei 20 copti egiziani, che si erano recati in Libia per ragioni di lavoro, si trovano oggi in un santuario nella chiesa del villaggio di Al-Our, dove 13 dei 21 martiri sono nati, nella provincia di Minya. Il corpo del 21esimo martire, Matthew Ayariga, originario del Ghana, è ancora in Libia ma sarà presto trasferito in Egitto.

«IL PIÙ GRANDE CASO DI MARTIRIO MODERNO»

In occasione del quinto anniversario della loro morte, sono stati inaugurati a febbraio in Egitto un museo e un memoriale largo cinque metri e alto cinque composto da una statua a grandezza naturale che mostra i 21 martiri inginocchiati avvolti nel grande abbraccio di Gesù «nel nome del quale hanno sacrificato le loro vite».

La Chiesa copto-ortodossa tiene enormemente ai 21 martiri perché, come spiegato a tempi.it dal vescovo di Minya, Anba Macarius, «questo è il più grande caso di martirio cristiano del nostro tempo. I 21, pronunciando il nome di Gesù Cristo prima di essere uccisi, hanno confermato di essere morti da cristiani, in nome della loro fede e fedeli fino all’ultimo secondo. Hanno pregato per i loro assassini, per i giudici che li hanno condannati e per i boia. Quando muovevano le labbra, chiedevano a Dio di confermarli nella fede e di perdonare i loro uccisori, così come insegnato dal primo martire, Gesù Cristo: “Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno”».

Fonte: Leone GROTTI | Tempi.it

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