Sopra La Notizia

Ciccozzi: due i “pazienti zero” in Italia, così si sta muovendo il virus

L’epidemiologo spiega uno studio del Campus Biomedico di Roma: l’Italia non è l'”untore”. L’appello: mortalità da indagare ma ci mancano i dati e i fondi per fare ricerca

L’Italia è stata contagiata due volte dal Sars–Cov–2, il virus che scatena la Covid–19: la prima volta, a portarlo nel nostro Paese è stato un malato proveniente dalla Cina e la porta d’ingresso si trovava nel Centro Italia, forse Roma. La seconda volta, a distanza di pochi giorni, è avvenuto in Lombardia e in questo caso l’untore veniva dalla Germania. È uno studio del Campus Biomedico di Roma a smontare il teorema dell’untore italiano, che per settimane ci ha fatto sentire in colpa nei confronti del resto d’Europa. «Siamo vittime del contagio, come tanti altri popoli, se ha poi senso cercare un untore in un mondo globalizzato» conferma Massimo Ciccozzi, l’epidemiologo che firma insieme ad altri lo studio pubblicato sul Journal Medical of Virology. Ciccozzi è l’autore dello studio italiano sul salto di specie, che ha dimostrato come la malattia sia passata dal pipistrello all’uomo: ora, con Silvia Angeletti, Marta Giovanetti e Domenico Benvenuto, sta lavorando per affinare quella ricerca e scagionare il pangolino. In quest’intervista, rivela anche che, fondi permettendo, studierà il corredo di anticorpi delle diverse razze umane, perché «sulla mortalità i conti non tornano».

Perchè è tanto importante sapere da dove è arrivato il virus?

Da sempre, la filogenesi permette di orientare le politiche di contenimento delle epidemie. In questo caso, studiando i genomi europei e due casi italiani abbiamo appurato di trovarci di fronte a ceppi diversi. Schematizzando, due pazienti zero: uno arrivato nel Centro–Italia dalla Cina, transitando poi verso l’Inghilterra, e uno dalla Germania, successivo a questi, approdato in Lombardia.

Quando?

A pochi giorni di distanza, anche se le sequenze non ci permettono di stabilire una data. Il ceppo cinese potrebbe essere arrivato anche prima della famosa coppia di coniugi di Wuhan ricoverati a Roma all’inizio di febbraio.

Perchè comportamenti così diversi a seconda della porta che il virus varca?

La scienza si esprime con i numeri e le evidenze, che in questo caso non ci sono ancora: si possono pensare tante cose…

Ad esempio?

Ad esempio, che in un periodo di emergenza planetaria che vede Wuhan nell’occhio del ciclone un turista cinese sia più facilmente individuabile di un uomo d’affari tedesco. Ma un discorso scientifico è un’altra cosa, anche perché i punti oscuri su cui fare luce sono molti. A partire da questa strana mortalità lombarda.

Cosa dicono le sequenze?

Al momento nulla, anche perché, mi duole dirlo, disponiamo di pochissimo materiale su cui studiare: mentre i cinesi, su cui tanto si è polemizzato, hanno messo a disposizione tutto ciò che avevano, non si può dire lo stesso degli studi europei. Mancano dati e mancano soldi per fare ricerca.

Che cosa pensa del caso lombardo?

Credo che la risposta verrà da altre discipline, cioè non dalla filogenesi: è possibile che la ragione dell’alto tasso di letalità sia statistica ma anche che sia ambientale, cioè che l’inquinamento o l’umidità dell’area in questione aggravino le patologie dell’apparato respiratorio e indeboliscano le difese immunitarie.

Non è possibile che la nostra debolezza sia scritta nel Dna?

È possibile che sia scritta nel nostro corredo anticorpale ed è ciò che stiamo iniziando a studiare in questi giorni insieme ad altre università. Vogliamo capire se gli asiatici abbiano una predisposizione a contrarre il virus. Se cioè i recettori ACE2, la serratura della cellula respiratoria che il virus riesce ad aprire, si comportino diversamente negli italiani e nei cinesi. È una pista su cui ci stiamo incamminando. Un’altra riguarda le differenze tra uomo e donna: quei due cromosomi X delle femmine potrebbero avere un’influenza.

Cosa pensa dell’ipotesi di un esperimento segreto finito male?

Ma no, dai, se qualcuno volesse sterminare l’umanità non dovrebbe inventarsi nulla: basterebbe usare Ebola che ha una letalità del 48%. Qui siamo di fronte a un caso di zoonosi: una mutazione del virus che dal pipistrello passa all’uomo, come abbiamo dimostrato con uno studio già pubblicato e su cui stiamo ancora lavorando, perchè vogliamo capire cosa c’entri il pangolino.

C’entra?

Per ora sembra di no. Pare che il salto di specie sia stato pipistrello–uomo, senza ospite intermedio.

Finora il virus non è mutato: cosa accade se avviene la mutazione che lo rende letale?

Le mutazioni avvengono sempre. L’Hiv è effetto di una mutazione dalla scimmia all’uomo, la febbre “chikungunya” di un passaggio dalla “Aedes aegypti” alla zanzara tigre. Possiamo solo sperare nell’intelligenza che un virus non ha: è un parassita e può sopravvivere solo se sopravvive l’uomo.

Fonte: Paolo VIANA | Avvenire.it

Newsletter

Ogni giorno riceverai i nuovi articoli del nostro sito comodamente sulla tua posta elettronica.

Contatti

Sopra la Notizia

Tele Liguria Sud

Piazzale Giovanni XXIII
19121 La Spezia
info@sopralanotizia.it

Powered by


EL Informatica & Multimedia