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Se la fede si riduce a sentimento

«Chiamiamo le cose con il loro nome, Lutero non voleva riformare, ma ha obiettivamente demolito la Chiesa. Ha ridotto la fede a sentimento e soppresso la realtà ecclesiale nella sua sacramentalità. E’ inesatto e parziale dire che è stato un riformatore non capito». Sono parole di monsignor Luigi Negri, che domenica sera al cinema Tiberio di Rimini ha presentato in un affollato incontro pubblico il suo ultimo libro, la nuova edizione aggiornata di “False accuse alla Chiesa. Quando la verità smaschera i pregiudizi“, editore Gribaudi, con una presentazione di mons. Luigi Giussani.

Fra i dieci capitoli del lavoro, scritto nello stile vigoroso e sintetico che contraddistingue l’autore, uno è dedicato appunto al protestantesimo, un tema attualissimo visto l’ormai prossimo cinquecentenario delle origini. Rispondendo alla domanda del moderatore su cosa fosse accaduto nel 1517 e anni seguenti, ha spiegato l’arcivescovo di Ferrara-Comacchio:

«Lutero ha iniziato la riduzione della fede a sentimento. Sotto la spinta di tante problematiche, anche personali e morali, ma è indubbio che da Lutero in poi la fede non è una cosa oggettiva, un incontro reale e storico che continua a seguirmi: è un sentimento. Detto nelle sue formulazioni più radicali: se senti di essere salvato sei salvato; se non senti di essere salvato non sei salvato».

Il sentimento si provoca nella lettura della Sacra Scrittura. Per cui la realtà ecclesiale nella sua concretezza, non solo non è più necessaria ma anche è sostanzialmente dannosa. La Chiesa costituisce una forma di mediazione indebita tra Cristo e la persona. Ma il Cristo che il protestante sostiene di incontrare, è un Cristo che finisce molto rapidamente ad essere il contenuto del messaggio scritturistico, interpretato adeguatamente dagli esegeti.

Le cose bisogna chiamarle con il loro nome, Lutero non voleva riformare, non so se in partenza avesse questo desiderio, ma di fatto obiettivamente ha demolito la Chiesa. Quando ha iniziato la sua demolizione, la Chiesa cattolica era fiorente in quasi tutta Europa. Ma se la fede è un problema individuale, soggettivo, non si può neanche vedere la Chiesa, la vera Chiesa che è quella degli eletti è segreta: la vede solo Dio e uno la individua nella sua coscienza. Perciò non c’è una storicità della Chiesa degli eletti, c’è la storicità della Chiesa tedesca, inglese, francese….

Abbinato a questo c’erano enormi possessi economici e fondiari: i grandi ordini cavallereschi tedeschi possedevano due terzi delle campagne. Ecco, una cosa che non c’entra assolutamente con la fede cattolica e che se non verrà mai superata dai luterani impedirà il ritorno, oltre il fatto che le donne sono anche vescovesse, è che è stata creata la Chiesa di Stato. Lutero dice: in tutta questa massa di realtà ecclesiale, io chiedo ai principi della nazione tedesca di proteggerci. Così nasce la Chiesa tedesca.  In Inghilterra c’è la chiesa anglicana, a Praga la chiesa ussita e così via. Così, per la prima volta, la qualificazione ecclesiale non è la fede, ma essere tedeschi, inglesi, francesi eccetera.

Riduzione psicologistica e spiritualistica della fede, e soppressione della realtà ecclesiale nella sua sacramentalità: Lutero non ritiene che la Chiesa sia sacramento, anche perché ha fatto praticamente scomparire quasi tutti i sacramenti, tranne il battesimo.

Noi ci siamo trovati di fronte, in questi tre secoli, a un tentativo di demolizione dall’interno della Chiesa che è di carattere protestantico. Quando alcuni grandi uomini di Chiesa come Benedetto XVI e san Giovanni Paolo II parlavano di un cripto-protestantesimo presente nella realtà della Chiesa cattolica, dicevano che il nemico protestante non era fuori, il nemico protestante si era saldamente insediato all’interno della Chiesa.

Questo è Lutero. Se si dice un’altra cosa, se si dice che è stato un grande riformatore ma la Chiesa non l’ha capito, eccetera, si dicono cose certamente parziali e inesatte”.

La presentazione del libro, promossa dalla Fondazione Giovanni Paolo II per la Dottrina Sociale della Chiesa, è proseguita sul doppio binario del passato (Rivoluzione francese, concordati), della storicità dell’avvenimento cristiano e del presente.

All’inizio Negri ha dato note di metodo sullo studio della storia della Chiesa ed ha ricordato come, nella Gioventù Studentesca degli anni ’60 guidata da Giussani, nascevano le cosiddette “schede di revisione” su argomenti storici, letterari o scientifici, ciclostilate e distribuite gratuitamente. In qualche caso, come “Sul problema di Galileo”, ne nascevano degli opuscoli a stampa autofinanziati, grazie all’aiuto personale del sacerdote di Desio. Argomenti lontani nel tempo che finivano nelle aule e costituivano punti di discussione con il laicismo imperante nelle scuole.

«E’ la dialettica della fede. E’ la dialettica fra la fede e il mondo. Se una fede non è dialettizzata dal mondo e non dialettizza il mondo non ha senso», ha commentato Negri. E circa il rapporto tra Chiesa e Stato: «Questa tensione tra potere e Chiesa, fra potere e vita e libertà religiosa, è una costante della vita della Chiesa, ritorna in infiniti modi. Pensate che oggi il dibattito sui cosiddetti valori sensibili, non riproponga uno scontro frontale con una concezione della vita totalmente atea, puramente scientifica e tecnologica, in cui tutto è scienza e tecnologia, la modalità con cui far nascere i bambini o con cui decidere di non farli nascere, con cui manipolarne l’esistenza? Oggi il nuovo totalitarismo è tecno-scientifico».

Di qui Negri è arrivato al dibattito sulla riforma costituzionale: «Il punto è che le due realtà siano indipendenti e sovrane. Guardate bene in questo nuovo assetto che fine fa la realtà della Chiesa. La nostra Costituzione ha certamente considerato che la nostra società sia fatta di persone, famiglie, gruppi, realtà sociali di maggiore o minore incidenza, ma anche di una realtà sociale strana e irriducibile alle altre che si chiama Chiesa cattolica.

Se il nuovo dettato costituzionale facesse venir fuori un’immagine – lo dico ipoteticamente – di società come insieme di individui; se si riconoscono solo i diritti degli individui, e già si fa fatica a riconoscere quelli della famiglia, meno che mai si riconoscono i diritti della Chiesa: quello è un cambiamento costituzionale che deve essere respinto, secondo me. Mi soffermo su questo perché non c’è fede senza battaglia».

«La Chiesa deve affermare in ogni momento della sua storia che il potere non la surclassa, d’altra parte deve vivere con coerenza la riduzione delle sue pretese sullo Stato. La Chiesa non ha la pretesa di guidare lo Stato. La Chiesa non ha mai voluto essere una Chiesa di Stato, anzi la sua idea fondamentale è che nella società ci sia libertà per tutti». «Non conformatevi alla mentalità di questo secolo: il pericolo è lì, ragionare come il mondo. Vivere come il mondo è una meschina necessità, perché anche il cristiano è sottoposto alla tentazione. Ma ragionare secondo il mondo è il peccato dal quale dipendono tutti gli altri».

«Nella missione c’è la lotta col potere. La missione non si riduce alla lotta per il potere, ma non c’è vera missione se è fatta in modo irenico: ci sono le leggi che stanno cambiando faccia della società e della famiglia, ma a noi cristiani non interessano queste cose… a noi interessa la nostra esperienza soggettiva, il nostro dire ai nostri amici non cristiani, sussurrandoglielo: “Eh, per non correre la tentazione di coartare la loro libertà…”. Questa non è la missione della Chiesa.

La missione della Chiesa è che di fronte al mondo, in modo opportuno o inopportuno, la Chiesa continui a dire il grande annuncio di Cristo. E lo dice non con un annuncio astratto, ma con una realtà di popolo. L’evangelizzazione fa nascere e incrementa la Chiesa. Le prime prediche, fatte dai primi, che avevano le mani abbastanza ruvide anche loro… perché quando Pietro parla, fra quelli che lo ascoltano ci sono quelli che hanno fatto la pelle al Signore. E lui non dice assolutamente: facciamo come se non fosse successo nulla, perdono tutti. Il perdono si dà dopo avere indicato le responsabilità. Il perdono di Dio ci raggiunge nella Confessione ma soltanto quando uno ha ammesso la sua colpa e ha sentito su di sé il giudizio della Chiesa. Il giudizio della Chiesa si esprime come perdono, ma c’è, il giudizio”.

E ancora sul tema del prossimo referendum: «La Chiesa non può non giudicare cose del genere, se non giudica cose del genere tradisce la sua missione. Perciò chiunque dicesse, qualunque sia il colore del suo vestito, che si può stare in silenzio a pensare ad altro, tradisce la Chiesa».

Negri ha poi fatto un parallelo storico con il no del papa alle leggi razziali del fascismo: «Se la Chiesa non ha questo coraggio, lascia il popolo allo sbando. Ma se il popolo viene lasciato alla sbando, il popolo ha – per me – il sacrosanto diritto di dire: ma voi pastori, perché ci lasciate allo sbando? Ci sono vicende della vita socio-politiche su cui i veri cristiani non possono stare in silenzio».

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