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LIBRI – É per la felicità Il cristianesimo è conveniente

Camminare sull’acqua, Alla scoperta della novità cristiana (edizioni San Paolo):  è il titolo il bel libro di don Angelo, parroco del Duomo di Chioggia e nostro collaboratore. «Attraverso frammenti e riflessioni, dense di immagini, di sguardi sulla realtà e soprattutto di riverbero di vita vissuta», è scritto nella prefazione al libro, «l’autore offre non soltanto un piccolo spaccato della società contemporanea, ma anche indica e suggerisce… una via da percorrere e una meta di approdo. In altre parole, ci dona una speranza». Del libro, riportiamo un brano del primo capitolo: il cristianesimo convincente. 

Ci confrontiamo con il no e il sì dei due fratelli nella parabola del Vangelo. “Il cristianesimo è fatica”, nota qualcuno, subito aggiungendo che ci aspetta la ricompensa del Paradiso. Il dialogo saltella fino a dichiarare: vivere da cristiani è conveniente anche per la nostra vicenda terrena.

La parola “conveniente” ha un che di commerciale e di contrattuale e si vorrebbe sostituirla con altra più nobile. È stato conveniente per il figlio della parabola piegare il suo no in un sì, agendo da figlio; è stato conveniente per Zaccheo e per Matteo lasciare il banco pieno di imbrogli dei pubblicani, per Maddalena e compagne lasciare la strada e seguire Gesù; è stato conveniente per Pietro e gli altri apostoli lasciare casa e barca. Questa “convenienza” riscatta l’inevitabile sacrificio del primo passo. Lo ricorda San Ignazio di Loyola, annotando che le letture futili che faceva quand’era in ospedale per la ferita alla gamba gli davano subito una soddisfazione che poi si cambiava in tristezza, mentre le imprese dei santi apparivano dapprima faticose ma poi lasciavano una gioia grande.

I cosiddetti “grandi convertiti’” del passato o del presente, perché si convertono? Sant’Agostino che provò i piaceri del sesso, dell’orgoglio e delle ideologie, perché diventa cristiano? Quando incontra Dio e si lascia prendere da Gesù, grida: «Tardi ti ho amato, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amato». E gli altri nomi che noi stessi abbiamo conosciuto, come attori e attrici famosi, scrittori o filosofi: perché hanno lasciato il mondo “attraente” di prima e hanno seguito Gesù?

Guardandoci attorno nel piccolo sottobosco della nostra vita, incrociamo tante persone: dove brilla la felicità, dove è più “conveniente” stare? Proviamo ad ascoltare la nostra personale esperienza. Quale bruciore accade dopo un peccato, dopo un tradimento, dopo un sentimento di odio, dopo una vendetta? E, al contrario, quale pace e gioia dopo la vittoria su una tentazione, nell’esperienza di un’amicizia vera e di un amore pulito? Di più ancora, che cosa accade a un uomo e a una donna, a un giovane e a una ragazza che si fa discepolo e fratello di Gesù e cammina certo della sua vicinanza? Occorre incontrare i cristiani e interrogarli, occorre almeno per un momento “auscultare” il battito del proprio cuore, per scoprire che l’esperienza cristiana è letteralmente la cosa più ‘conveniente’ al mondo.

Il discorso sulla “convenienza” del cristianesimo si allarga. Negli incontri dei fidanzati si dichiara che è conveniente amarsi secondo il modo cristiano. Nei discorsi di vescovi e parroci si afferma che il cristianesimo introduce a una vita umanamente “buona”. Nei dialoghi tra amici e nelle esortazioni di genitori ed educatori si conferma che il cristianesimo è entrato e si è diffuso nel mondo perché riconosciuto e sperimentato “conveniente” al vivere umano. Donne, poveri, schiavi, malati, peccatori, e chiunque cerca una proposta per la vita, trova in Cristo una risposta e una via di libertà. «Se vuoi essere felice per sempre», dice Gesù al giovane ricco. Una promessa accolta dagli apostoli, dall’adultera, dal buon ladrone e da tanti altri. Quattro secoli dopo, San Benedetto domanda a chi entra in monastero: «C’è qualcuno che desidera giorni felici?». Il lavoro, la preghiera, l’ordine della vita inaugurano un’umanità capace di riscattarsi dalla crisi che travolge l’impero romano.

Ma c’è chi obietta. Trova altre convenienze, che durano da mane a sera e non arrivano a superare il filtro della notte. Si sfida la sorte giocando alla roulette una buona parte dei propri averi o forse tutto. Si sfida la società, il tempo, l’amore, il futuro, puntando su strade avventurose e precarie, tra mode, alcol, droga, sesso. É più conveniente bere e gridare ai tavolini del bar davanti alla chiesa, piuttosto che entrare a pregare. Si cerca pace nella novità di un’altra forma religiosa, lontanamente annusata, fortemente sbandierata e infine maldestramente praticata.

Che cosa conviene all’uomo? Che cosa scegliere nel grande mercato del mondo? Per che cosa vale la pena vivere un minuto della giornata o l’intera vita? Come decidere fra tante proposte? La condizione è una sola: la lealtà verso se stessi. Nel trascorrere dei giorni e delle notti, nelle domande e nelle urgenze, bisogna rispondere a una sola questione: che cosa riempie il cuore, che cosa lo soddisfa senza lasciare l’amaro dell’incompiuto e del tradimento, che cosa rompe le catene e conduce a un di più di pace, bellezza e verità? Che cosa produce una “soddisfazione” non provvisoria e banale, ma capace di percorrere il mare calmo e di affrontarne le tempeste? Incontrando volti sui quali brilla la risposta, si può intravvedere dove abita la vera ‘convenienza’ della vita.

La morte di un figlio è il dolore più grande che possa colpire un padre e una madre. Da queste tragiche circostanze vedi fiorire una fede intensa e un rapporto vivace con la Chiesa. In altri casi la disperazione scava un abisso invalicabile; indurisce le facce dei genitori e sbilancia tutti i rapporti. Per questo, ogni volta sorprende la notizia del perdono dato agli assassini da parte dei familiari della persona uccisa. A volte non si tratta solo del perdono, ma anche della collaborazione attiva al bene dell’altro, fino ad aiutare a vivere il figlio dell’assassino. Non c’è gesto più cristiano di chi fa del bene a chi gli ha fatto del male. Dice Gesù nel Vangelo: «Amate i vostri nemici, fate del bene a coloro che vi odiano, benedite coloro che vi maledicono…» (Lc 6,27). È la diversità cristiana: «Se amate quelli che vi amano, che merito ne avrete? Anche i peccatori fanno lo stesso. E se fate del bene a coloro che vi fanno del bene, che merito ne avrete? Anche i peccatori fanno lo stesso» (Lc 6, 32). Una novità possibile a chi ha fede: «Tutto è possibile a chi crede» (Mc 9,23).

Quando la grazia di Dio incontra disponibilità, allora l’umano fiorisce e il cristianesimo rivela la sua efficacia. Ma nel deserto del nostro mondo, ha buon gioco la fede? Nella partita di una vita di lotte, conquiste e sconfitte, è ancora possibile non rimanere rinchiusi nel sentimento di vendetta, di rappresaglia, o semplicemente di “giustizia”? Quando, a conclusione di procedimenti giudiziari complessi e annosi, si arriva alla “giusta” condanna dei colpevoli, è ben magra la “soddisfazione” che se ne trae. La minaccia della pena potrà servire come deterrente per chi è tentato di fare il male e per chi compie azioni pericolose. Ma lo spirito di vendetta o di rappresaglia corre sulla stessa china del male fatto e lo amplifica: insieme con la vita della persona uccisa si spegne quella di altri, familiari e amici.

Solo la misericordia compie il miracolo della risurrezione: colui che perdona rialza il capo e trova nuove energie. A volte la sorgente di vita del cristianesimo arriva a cambiare il cuore dell’assassino e di quanti gli stanno attorno. C’è una un fattore attivo di nuova umanità, una speranza per tutti.

Fonte: LaNuovaBQ

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