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ALTA TENSIONE. Il governo vara la rottamazione dei canali

Sono settimane ad alta tensione per 144 televisioni locali. Lo Stato ha dato loro un ultimatum che è scaduto ieri: o restituite le frequenze “incriminate” che vi permettono di andare in onda o spegneremo in modo forzoso i vostri ripetitori. Il risultato sarà comunque lo stesso. Le stazioni del territorio dovranno ammainare le antenne nel 2016 e la provincia italiana sarà più povera di voci e di notizie. C’è chi, però, ha scelto di resistere: a colpi di carte bollate e ricorsi alla magistratura, prova a fermare un’operazione che «metterà in ginocchio o azzererà un terzo dell’emittenza locale», spiega Marco Rossignoli, coordinatore dell’associazione Aeranti-Corallo che rappresenta oltre mille imprese radiotelevisive della Penisola. E il presidente della Corallo, Luigi Bardelli – che è anche imprenditore televisivo con la sua Tv Libera Pistoia – va giù duro: «È una vigliaccata. Il premier Matteo Renzi e il sottosegretario alle comunicazioni, Antonello Giacomelli, ci hanno più volte garantito che nessuna emittente locale si sarebbe spenta. Adesso, invece, decine rischiano di non poter più trasmettere ». L’Aeranti-Corallo stima un danno economico di 700 milioni di euro. E in bilico ci sono2mila posti di lavori.La “teleghigliottina” è un tipico esempio di caos all’italiana e ha al centro le frequenze che consentono alle reti di arrivare nelle case della Penisola. Con il passaggio al digitale terrestre, nel 2011, lo Stato riordina l’etere tv. Ma, quando si tratta di ridistribuire gli spazi, assegna alle tv locali quelle frequenze che, sulla base degli accordi internazionali firmati anche dall’Italia, sono riservate ad altri Paesi. Così le stazioni ricevono canali “irregolari” che oscurano o disturbano le trasmissioni tv in Croazia, Slovenia, Francia, Malta, Svizzera e San Marino. Col risultato che l’Italia si trova invischiata in un contenzioso internazionale di cui «l’unico responsabile è lo stesso Stato italiano», afferma Bardelli.

La via d’uscita che il governo mette a punto è una: liberare l’intero pacchetto di canali che producono interferenze all’estero. Tutti nelle mani delle tv del territorio (e non dei grandi e potenti network nazionali). Nella lista nera finiscono 76 le frequenze spalmate in dodici regioni, in gran parte affacciate sull’Adriatico: dodici frequenze in Puglia e Marche, dieci in Molise e Abruzzo, nove in Friuli, otto in Veneto, cinque in Emilia, quattro in Sicilia, due in Liguria e Toscana, una in Lombardia e Piemonte. Dal momento che ogni frequenza può essere suddivisa a livello regionale in più spicchi e occupata da reti differenti, le tv su cui potrebbe calare il sipario sono144. La situazione più drammatica è in Puglia dove le stazioni in pericolo sono ben 31. Altrettanto complesso il quadro in Abruzzo (22 reti interessate), Molise (16 stazioni), Marche e Veneto (15 emittenti a rischio black-out in entrambe le regioni). Il governo vara la “rottamazione” dei canali e stanzia 50 milioni di euro: le tv possono liberare in modo volontario gli spazi, ricevendo un indennizzo. Peccato che l’iter non abbia nulla di volontario (le reti dovranno comunque disattivare gli impianti) e le somme che riceveranno sono irrisorie: una tv della Sicilia “vale” 180mila euro o una del Molise 90mila. Ieri era l’ultimo giorno per presentare le domande “spontanee” al ministero dello Sviluppo economico che, secondo Giacomelli, sta puntando a «riportare l’Italia nella legalità internazionale» e a «dare più certezze alle tv locali che intendono investire». Contro la procedura si è schierato il gruppo siciliano dell’Unione nazionale dei cronisti italiani che ipotizza «pesanti ripercussioni sul diritto all’informazione» e ha denunciato «apprensione e incertezza fra giornalistie tecnici».L’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni annuncia che metterà a disposizione nuovi canali. Le televisioni senza frequenze possono costituire consorzi per ottenerli; tuttavia non ci sarà posto per tutte. Secondo governo e Agcom, tre dei canali nazionali inseriti nel controverso ex beauty contestgratuito ideato dall’esecutivo Berlusconi andranno alle tv del territorio, ma anche a quelle nazionali. «È prioritario che siano assegnati alle locali», sostiene Bardelli. E Rossignoli precisa: «Le tre frequenze sono di scarsa qualità o passeranno presto alla telefonia mobile». Insomma, una pezza malandata. Le emittenti “oscurate” potranno affittare spazi dalle reti concorrenti per farsi portare fin dentro le abitazioni. «Ma tutto ciò obbligherà le famiglie a risintonizzare i televisori. E per settimane o mesi le tv scompariranno dagli schermi», avverte il coordinatore dell’associazione.

Intanto numerose televisioni si sono rivolte ai giudici. Il Tar del Lazio ha già accolto il ricorso di “Radiotelevisioni europee associate” che smonta un passaggio del decreto “rottama frequenze”. E decine di istanze, fra cui quelle della pugliese Tele Dehon e della toscana Tvr-Teleitalia, devono essere discusse di fronte ai magistrati amministrativi. «Le frequenze accusate di alimentare le interferenze sono molte meno di 76 – chiarisce Rossignoli –. E in alcuni casi è provato che le tv locali non producono disturbi all’estero. Sarebbero bastati alcuni aggiustamenti tecnici per evitare di arrivare all’attuale scompiglio».

Fonte: Avvenire.it

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