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UN VALZER TRA GLI SCAFFALI – #costruiamolacomunità – scheda 1

UN VALZER TRA GLI SCAFFALI

di Thomas Stuber

con Sandra Hüller, Franz Rogowski, Peter Kurth,

Matthias Brenner, Andreas Leupold

Germania 2018 // Durata: 125 // Drammatico

IL FILM IN UN TWEET

Di notte in un ipermercato le corsie si riempiono di nuovo di tanti beni, ma il

bene più grande è quello che condividono le persone che rendono nuovo ogni

giorno questo luogo.

LA SFIDA

La soddisfazione nelle nostre giornate dove trova compimento? La gratificazione

dove viene a farci visita? Quando la nostra vita sente che prende la piega che non

ci spezza? Quale risposte ci arrivano dai beni materiali? Cosa si nasconde tra uno

scaffale e l’altro che ci toglie il sonno o ce lo ridona?

LA CONDIZIONE UMANA

Il compositore e direttore d’orchestra Benjamin Britten scrisse che «È crudele

che la musica debba essere così bella. La musica ha la bellezza della solitudine e

del dolore, della forza e della libertà. Ha la bellezza della delusione e dell’amore

che non trova mai soddisfazione. Ha la crudele bellezza della natura e l’eterna

bellezza della monotonia». Posto questo aspetto come condizione ineccepibile e

insuperabile, viene facile da comprendere quante emozioni e immagini interiori

solleciti l’incipit del film di Stuber nello spettatore. Le luci di un grande magazzino

di generi alimentari – siamo nella Germania dell’Est – si accendono progressivamente

sulle note del Danubio Blu. È la presentazione del luogo che si svelerà con

pazienza come comunità, casa, famiglia per un gruppo di semplici. A guidarci in

questa conoscenza, quasi ancestrale nella sua pienezza, sarà Christian, un piccolo

“messia” tatuato che innalzerà il muletto dell’amore – un oggetto che diviene

ricorrenza simbolica straordinaria – verso il cielo che latita nella quotidianità dei

dipendenti. L’entrata in società, il dress code, i riti e i linguaggi, le competenze, il

pericolo del cambiamento e il senso di preoccupazione che genera la “new entry”: nelle prime sequenze di

Un Valzer fra gli scaffali c’è tutta l’etichetta che contraddistingue ogni forma di comunità. Quando entriamo in

una comunità, qualcuno deve prendersi cura di noi e così succede anche a Christian che viene affidato a Bruno

che in una dinamica orizzontale rimarrà segnato per sempre da questa relazione “buona”, in un fecondo

“concedersi qualcosa di sé”. È l’intimità che nasce in ogni forma comunitaria quando le toglie quel senso di

anonimato che soffoca le nostre vite. Fino all’ultima notte di quest’ultimo, stanco della nostalgia, ma consapevole

che qualcuno ora è pronto per prendere il suo posto nella comunità del supermercato. “Benvenuti

nella notte” dice il capo di questo magazzino, colpevole di riempire questo strano adagio della vita, simile alla

noia, con delle musiche di particolare altezza, siglandolo con una stretta di mano al termine del loro servizio

quotidiano. Quasi un tentativo di umanizzare giorni che non lo sono… Eppure tra questi “scaffali notturni” c’è

molto più umanità di quella che si possa cogliere di giorno tra i consumatori: quasi a dirci che non possiamo

comprare quanto ci tiene in vita, quanto ci fa sentire il rumore del mare, come ci insegneranno Christian e

Marion congedandosi da noi con un senso pieno di malinconia.

PER UNA RILETTURA TEOLOGIC O CRISTIANA

“Quando ho iniziato – spiega il regista – a leggere la collezione di racconti brevi All the Lights di Clemens

Meyer, ho immediatamente sognato di adattare per il grande schermo il racconto “In Den Gangen”. Non potevo

certo farmi scappare l’idea di raccontare la storia di un giovane solitario che si tuffa nei corridoi notturni

di un supermercato all’ingrosso. Il fruscio della vicina autostrada sulla rampa di carico, la sigaretta segreta

sul turno di lavoro, la macchina del caffè, il responsabile notturno che stringe la mano a tutti i dipendenti a

fine turno… La storia di Meyer è pervasa da un’immensa profondità e tragicità, eppure ha bisogno solo di

pochi dettagli per prendere vita. Molte cose restano non dette, le conclusioni non vengono rivelate. Sta al

lettore, e ora al pubblico, mettere insieme i pezzi di questo puzzle. C’è amore e tragedia al supermercato. La

dolce Marion, Bruno, Rudi, Irina e Klaus tutti loro, si innalzano al di sopra di loro stessi. Ciò che rimane è la

consapevolezza che il senso di comunità, il calore e un po’ di felicità sono possibili solamente nei corridoi di

questo grande supermercato.”

Queste appassionate note di regia di Stuber – nato a Lipsia nel 1981 – spiegano bene il sentimento di Un valzer

fra gli scaffali che c’introduce, tra stoccatori ed elevatori, nel maniacale ripetersi quotidiano di alcuni lavori,

senza per questo vanificare la poesia che quell’ambiente sociale sa infondere. Lì, dove “il perdersi dei giorni”

– così ci suggeriscono i versi biografici di Christian dalla sua vasca – e la luce naturale non entra, si vive quasi

un sonno profondo dove ascoltare la melodia primitiva di alcune esperienze. Bere un caffè in pochi attimi,

fumare una sigaretta ben nascosti, festeggiare Natale e compleanni in condizioni precarie, innamorarsi tra i

pertugi dello scatolame, meravigliarsi che fuori da lì qualcuno non ha nessuno da cui tornare.

Un Valzer tra gli scaffali ha vinto il Premio della Giuria Ecumenica al Festival Internazionale di Berlino con la

seguente motivazione: «Se la vita è un supermercato, allora ciò di cui abbiamo bisogno non si trova sugli

scaffali, ma nelle corsie. Il film mostra in modo artisticamente convincente cosa si intende per: “Beati i puri di

cuore”». Ed è proprio questo che Stuber sa raggiungere, orchestrando i diversi linguaggi che il cinema ha a

disposizione – in particolare quello sonoro –, quasi alla ricerca di quel moto d’animo che non ci fa sentire un

surgelato dimenticato da anni, un dolciume industriale, un rifiuto ancora in vita. Un valzer di “beati” che vengono

osservati anche dall’alto da “quel di più” di cui poco sappiamo come entità, ma sul quale molto indugiamo.

“Lo pensano tutti- dirà Bruno a Christian- che sei una brava persona”. È finita per sempre per lui l’epoca

del “bravo bambino”, in una lode senza fiato. Christian si è guadagnato tra alti e bassi, incertezze e scatti in

avanti, come un adulto, quel pensiero di stima e rispetto da parte del gruppo. Quella fiducia che lo metterà

in salvo anche dall’amore che, fugace e impertinente, si paleserà a lui senza avere quei passi sicuri del Valzer.

Fonte: SaledelleComunità.it

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